Oggi “Invito all’Oriente” tratterà sulla concentrazione, e, su come avendo pochi ideali ma ben saldi si possa trovare la propria via.
Sarò breve. Poche righe, poche parole. Non come un haiku, ma quasi. Avere poco, essere tanto. Svuotarsi per riempirsi. Perché “la vacuità non è nient’altro che forma e la forma non è nient’altro che vacuità”, come ci insegna il sutra del cuore.
Quello di oggi è un mondo schizofrenico, e su questo penso che ci siano pochi dubbi. Tra l’oramai incontrovertibile catena tecnologica e le vecchie e radicate abitudini, l’uomo tende ad aggrovigliarsi senza vedere una via d’uscita, legandosi ai ricordi senza avere una reale speranza. E, in mezzo a una così complessa molteplicità di accadimenti, l’unica via, l’unica risoluzione definitiva, può essere il distacco. O meglio, il riuscire a ordinare questa tsunami di eventi che troppo spesso finisce per annegarci. Distaccarsi, ordinare, ma soprattutto fermare – e fermarsi, del resto. Crearsi la libertà di sedersi, gambe incrociate, con un poco di incenso a profumare l’aria che si respira. Parlare con se stessi, scuoiare da dentro i propri costrutti mentali, e scoprire la propria essenza. Fermare il tempo, dimensionare lo spazio, ripulire la propria mente. Rendere questo mondo grossolano molto più sottile, minimizzando se stessi e l’altro, strutturandosi a partire da ideali, non da apparenze. Carpire meccanismi, non creare macchine. Usare il numero, statico, come sostegno alla struttura, dinamica, che una persona possiede. Quasi tutti infiniti, questi verbi. Fermare. Rendere. Carpire. Usare. Mai un dubbio, un ripensamento. Una solenne promessa a se stessi di percorrere una via con convinzione, senza più alcun dubbio dopo averla imboccata. Percorrere se stessi, non farsi percorrere da altri. Fermare tutto, unirsi al tempo, allo spazio, assolutizzando l’alter, e non l’ego.
Perché forse, in un mondo schizofrenico come il nostro, serve solo un po’ di calma. Di concentrazione. Di vacuità. Perché “la vacuità non è nient’altro che forma e la forma non é nient’altro che vacuità”.
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