TU NON SEI COME LE ALTRE MADRI, Angelika Schrobsdorff, 2011
“Tu non sei come le altre madri,
non hai mani vecchie,
non hai capelli bianchi,
e non mi avvolgi con pesanti attenzioni”,
scrive Peter Schwiefert nella prima strofa di una poesia dedicata a sua madre.
Parla di Else Kirschner, unica, incredibile, fuori dalla portata di chiunque.
Figlia affettuosa e ribelle, madre amorevole e anticonvenzionale, donna vitale ed estremamente fragile: il suo ritratto è descritto meticolosamente in questo romanzo toccante dalla terza figlia Angelika, partendo dall’emancipazione della madre dalla tradizionale famiglia ebraica di Berlino, per avventurarsi nel nuovo e vasto mondo cristiano, passando per la vita di donna costellata da una moltitudine di amori passionali e tormentati, fino alla fine dei suoi giorni, scanditi dagli eventi sempre più catastrofici della Seconda Guerra Mondiale.
Se la vita di Else è complicata come una massa di fili fittamente annodati, la sua anima è semplicemente gioiosa e solare, innamorata com’è della vita.
Il suo istinto non fa altro che spingerla sempre a cercarla in tutte le sue forme, indipendentemente da schemi imposti dall’esterno, ed è così che non rinuncia ad amare più di un uomo, mettendo al mondo tre figli, che sono il frutto ognuno di una relazione diversa e unica.
Purtroppo, come scrive Angelika, amare Else significa soffrire immensamente, come hanno fatto gli uomini della sua vita, ma soprattutto i figli.
Sebbene non passi un minuto in cui Else smetta di dedicarsi fino in fondo, seppur a modo suo, ai propri figli, piuttosto che prepararli alla dura realtà segnata dalla salita al potere di Hitler, preferisce estraniarsi dalla situazione, chiudendosi nella sua vita di lussi, feste e cultura, tenendo nascosta a se stessa e ai figli la tragedia imminente.
Nonostante lo sforzo incessante di Else di separare il proprio beato mondo dal continuo e crescente susseguirsi di eventi catastrofici, essa, ad un certo punto, non può che ritrovarsi scaraventata dal proprio stile di vita a un altro che detesta, acquisendo sempre di più la consapevolezza di aver perso definitivamente la propria libertà e leggerezza.
Il lettore rimane scioccato dal passaggio subdolo della società tedesca da un clima di avanguardia e cultura a un altro di odio e terrore, semplicemente inspiegabile, in cui Else rimane invischiata.
Ed è così che comincia a chiedersi fino a che punto sia possibile ignorare l’evidenza, in un mondo che giorno dopo giorno cade a pezzi.
Solo alla fine, trovandosi sotto le macerie, si rende conto dei figli perduti, degli amori non coltivati, di tutti i momenti sprecati, davanti agli occhi critici e allo stesso tempo amorevoli della figlia.
Una figura femminile spontanea, tragica e indimenticabile, in un momento fra i più brutali della storia.
Valeria Delzotti