Dopo una settimana di inattività, Bottega di idee torna alla carica con “In nome della Verità”. Quest’oggi la nostra rubrica assume una sfumatura leggermente diversa dalla norma: il testo che segue è infatti un appello, più che un vero e proprio articolo d’informazione. In nome della Verità compie infatti una scelta radicale: dopo aver parlato di Falcone e Borsellino, di Don Peppino Diana e della cocaina, di Primo Levi e della Liberazione, per i prossimi tre mesi – e quindi nei prossimi tre articoli – la rubrica tratterà della libertà: escludendo oggi, dove avremo una sorta di inno alla libertà, tra Giugno, Luglio, Agosto e Settembre cercheremo di esaurire questa tematica, parlandone anche ne “L’intervista”. Grazie dell’attenzione, buona lettura.
A tutti i recidivi del mondo
Pensate a Mandela. Nelson Rolihlahla Mandela. Tenuto in galera 27 anni, è uscito e stato eletto Presidente del Sudafrica conseguentemente alla caduta del regime dell’apartheid. Recentemente scomparso, Mandela è eroe conosciuto e preso come modello in tutto il mondo, e ha ricevuto eccellenti omaggi da ogni angolo del pianeta.
E ora, per quei pochissimi a cui questo nome dirà qualcosa, pensate a Leoluca Bagarella. Bagarella è il padrino dei corleonesi, cognato di Totò Riina. Oggi è nel più duro carcere d’Italia, stante in una frazione di Bancali, vicino Sassari, e oltre a Bagarella ospita altri 89 carcerati: ma non carcerati “qualsiasi”, o semplicemente pericolosi. Questi 90 sono i 90 mafiosi più pericolosi d’Italia, tutti rinchiusi in questo carcere, da Matteo Messina Denaro a Francesco Schiavone detto “Sandokan”.
Ciò che collega questi figuri al Nobel per la Pace ’93 è la prigionia. Il vedere, a prescindere da meriti o colpe, il mondo a strisce, a canali. Create, creati, da quelle sbarre che tagliano l’aria, che la costringono a stagnare dentro al cemento, che consentono una visione solo parziale del mondo.
Sbarre oppressive, sbarre che deteriorano la fiducia dell’uomo, sbarre che impediscono, che limitano, e che non si limitano a rinchiudere.
Sbarre che uccidono la speranza contenuti in carceri inumani, sbarre che spengono ogni possibile gioia, sbarre che cristallizzano ogni attimo, che fermano spazio e tempo, che tolgono ogni umanità agli esseri che sono costretti a subirle, a viverle.
Sbarre contenute in strutture deficitarie per colpevoli e innocenti, mafiosi e ragazzini, italiani e stranieri, uomini e donne.
Sbarre che impediscono al respiro di nascere, alla passione di ardere, alla mente di volare.
Sbarre che tolgono libertà, e che aumentano recidive.
“Che tolgono libertà, e che aumentano recidive”: potrebbe essere questa una sintesi, tanto dura quanto reale, di come sono le condizione delle carceri oggi. Non capiamo – e lo faremo meglio nell’intervista di Giugno -, quale sia la soluzione a questo gigantesco problema, e ne siamo così sconfortati da non cercarla nemmeno più, una soluzione. Si pensa che questa sia una realtà distaccata, lontana, remota, isolata. Ma no, non è così.
Non è così perché dietro le sbarre siamo tutti uguali.
Non è così perché nessun essere dovrebbe essere privato della sua umanità.
Non è così perché il carcere è una realtà tangibile, vicina, eppure sempre esclusa.
Non è così perché il carcere ci è talmente vicino che abbiamo bisogno di vederlo lontano.
Non è così perché i carcerati sono uomini, fratelli, vicini.
Non è così perché in carcere vivono e sedimentano ingiustizie uguali alle nostre.
Non è così perché il carcere è un problema reale, umano, che riguarda gli uomini e la loro realtà. La nostra realtà.
Non è così, e noi lo sappiamo.
E lo diremo, sempre, e per sempre.
In nome della Verità.
Bottega di idee