L’Antidanza

Secondo appuntamento mensile per la nostra nuova rubrica, che oggi si oppone alla danza, o, meglio, a un certo modo di insegnarla, di viverla, che ne distrugge l’arte che in realtà la dovrebbe caratterizzare, facendola diventare più una casa di future anoressiche che una scuola di future ballerine.
(Nota a margine: l’autore di tale articolo sconsiglia la lettura di ciò che segue a ragazze o ragazzi che non hanno ancora del tutto superato eventuali traumi legati al presentarsi dell’anoressia nella loro vita)

“La danza è una gabbia dove si impara a volare.” – Claude de Nougaro

La danza è arte, e su questo ci sono pochi dubbi. La perfezione del gesto portato sino al suo estremo limite, questo è la danza. “E’ una gabbia dove si impara a volare”, come perfettamente ci dice Claude de Nougaro. Il problema, però, può sorgere quando questa gabbia si stringe troppo, fino a diventare soffocante.

Quando bambine, ragazze, adolescenti e non, iniziano a misurare la danza in chili, e cercano la perfezione non nel gesto, nell’eleganza, ma sulla bilancia.
Quando storie come quella di Mariafrancesca Garritano vengono occultate, infamate, distorte.
Quando ballerine soliste come lei, con coraggio, affermano che una ballerina su cinque, alla Scala, soffre di disturbi alimentari. O quando bambine di cinque, sei, sette anni vanno a casa dalla mamma e raccontano tranquillamente, come se fosse normale, che sono state messe sulla bilancia, e giudicate in base al proprio peso.
Perché se la gabbia si stringe troppo, da quelle sbarre usciranno anoressiche, e non ballerine.

La danza è la perfezione del gesto portato sino al suo estremo limite, il frutto di un lavoro immenso con il proprio corpo e con la propria mente. Anni e anni di sforzi, fatiche, per raggiungere i propri obiettivi. Per poter far fluttuare il proprio corpo alla Scala, o al Bol’šoj, tante ballerine sarebbero disposte a tutto. Per esempio a mangiare un frutto e uno yogurt in 24 ore, come descritto nel libro di Mariafrancesca (“La verità, vi prego, sulla danza!”).
E già immagino tutte quelle ballerine che scorreranno queste righe urlando allo scandalo, che accuseranno il sottoscritto di star demonizzando la loro arte, la loro passione. Ma così, semplicemente, non è. Non esiste ballerina che però, in cuor suo, non abbia mai dovuto fare i conti con questo enorme Male. Con la stessa precisione delle punte che roteano sul parquet, nella vita di una ballerina di medio-alto livello, l’anoressia si presenta. Bussa alla porta, senza chiedere il permesso. Ti tenta, ti mente, ti rovina.

Dei disturbi alimentari, in generale, si parla troppo poco. E chi ne parla, tendenzialmente, o ne parla superficialmente o viene isolato, occultato.
Mariafrancesca, dopo il suo libro, è stata licenziata “per giusta causa”. Tante ragazze, uscite dall’anoressia, hanno provato a testimoniare, a raccontare. E sono state isolate.
E dato che la danza sarebbe una delle più elevate arti a disposizione dell’essere umano, è davvero un peccato rovinarla e spaccarla dal suo interno con veri e propri morbi come l’anoressia.

Perché noi da tempo speriamo in un mondo con più cultura, con più umanità, con più arte, e combattiamo affinché ciò possa accadere.
Perché sarebbe bello, una sera, poter essere alla Scala, e rimanere estasiati dalla perfezione di un gesto, di un movimento, portato al suo estremo limite.
Perché quell’estremo limite separa la passione dall’ossessione, e la magrezza dall’anoressia.
Perché quella sera, alla Scala o al Bol’šoj, sarebbe bello vedere le ballerine uscire da quella gabbia e insegnarci a volare.
Perché per volare, dalla gabbia, bisogna uscire, e non morirci dentro.
Perché l’anoressia uccide, e la danza fa volare. Volare su un palco, liberando il proprio corpo dalla prigione dei disturbi alimentari.
Perché la danza era, è, e soprattutto dovrà rimanere, una gabbia.

Dalla quale, però, bisognerebbe imparare a volare.

Bottega di idee

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