Il 2018 si avvicina, è tempo di grandi obiettivi e buoni propositi. E quale, fra tutti, può essere importante quanto il riscoprire l’arte della politica, le forme di buon governo, e le strette connessioni tra economia e libertà? In tempi grigi come quelli odierni (perlomeno politicamente parlando), Bottega di idee intervista Valerio, ragazzo solo da poco maggiorenne ma con idee già molto chiare, politicamente e non solo. Convinto sostenitore della buona politica, a prescindere da schieramenti o ideologie, Valerio ci spiega la sua, personalissima, visione politica, in un accattivante dialogo tra politica e libertà. Perché la politica, secondo noi come secondo lui, è anzitutto un’importantissima forma di emancipazione.
Da che età hai iniziato ad appassionarti alla politica? E con quali testi, ideali, ed esempi, sei cresciuto?
Ho incominciato circa all’età di 16 anni, prima informandomi e interessandomi delle dinamiche del mondo prima politico e poi economico e sociale, tramite la lettura dei giornali, leggendo – anche per un mio arricchimento culturale – gli scritti dei grandi pensatori politici della storia, uomini che hanno sempre posto al centro dell’azione politica l’uomo: Aldo Moro, fondamentale per la fondazione del pensiero democratico e dell’uomo all’interno del processo politico; Gramsci, con i suoi “Quaderni del carcere”, mi è parso davvero affascinante nella sua reinterpretazione del marxismo e originale nella ricostruzione della storia, e ha detto a noi giovani: “istruitevi perchè avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”. Ovviamente, per me è stato fondamentale anche Marx stesso, davvero rivoluzionario per la portata del suo pensiero e ancor oggi attuale. Questi per me sono grandi maestri, ovviamente insieme al grande filosofo Bobbio, grande intenditore e interprete della politica e del buon governo. Questi autori fanno parte di una scuola di pensiero ancora attuale ancora e molto utile culturalmente.
Politica, economia, libertà. Ci dai una tua personale sintetica definizione di ciascuna di queste parole? E, se sì, che rapporto hanno tra loro?
Di sicuro la politica è uno dei modi che un individuo sociale ha per portare avanti una propria idea di mondo, società, economia, democrazia. La politica è una forma di partecipazione democratica, di condivisione di ideali, di azione diretta, di fermento e lotta di idee. E’ il campo in cui agire e mettere al servizio della comunità gli ideali in cui credi. Inoltre l’uomo dispone della libertà politica per eccellenza: il voto, un diritto che consente di affidare la rappresentanza e la speranza di cambiamento a degli interpreti della politica, chiamati ad adempire con responsabilità e competenza la funzione pubblica e politica. Economia, invece, è ciò che permette a una società di evolversi, di creare ricchezza (materiale, s’intende): l’economia deve però riscoprire il valore che ha l’uomo nella produzione di idee, di beni e di servizi; si deve basare sul lavoro che l’uomo svolge e l’uomo, nel contempo, deve riconoscersi e realizzarsi nel proprio lavoro, consapevole dell’importanza che riveste all’interno del sistema economico, ma allo stesso tempo è compito della politica rendere umana l’economia, garantendo equi salari, la mobilità sociale e lavorativa, e soprattutto una sostanziale uguaglianza di genere e di disponibilità economiche a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici, che con il loro operato fanno muovere l’economia di un paese. Non posso non denunciare l’attuale stato dell’economia, basato su un aumento drammatico delle diseguaglianze e su bassi salari, dove milioni di disoccupati e di poveri sono caduti nel dimenticatoio della politica. E’ un problema gigantesco quello di avere 18 milioni di persone a rischio di povertà ed esclusione sociale: dovrebbe essere l’assillo principale di tutti i governi, ma oggi vediamo che non è così. Vorrei insistere, infine – se mi è consentito – sul concetto di produzione come produzione sociale: l’economia non si basa esclusivamente sul singolo individuo, ma l’individuo si colloca in rapporti di interazione con suoi simili e condivide le proprie capacità, le proprie abilità e la propria creatività al fine di creare nuovi beni che sono frutto di un lavoro condiviso, sociale. Passando invece alla libertà: per parlarne vorrei partire dall’articolo 3 della Costituzione, che dice che è compito dello stato rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono l’intero sviluppo della persona umana. Ciò che voglio dire è che non può esistere libertà senza un’uguaglianza sostanziale da un punto di vista economico e sociale: è fondamentale che sia lo stato con le sue politiche a garantire quest’uguaglianza sostanziale e la libertà degli individui. Contemporaneamente, la libertà dell’uomo è fondamentale in ogni processo democratico, economico e politico. Penso alla libera iniziativa degli imprenditori: se ciò non fosse possibile, la macchina economica si bloccherebbe, e allo stesso tempo la libertà permette la libera espressione dell’uomo: senza libertà l’uomo viene schiacciato in tutte le sue ambizioni, in tutti i suoi progetti, nelle sue fantasie e nelle sue qualità.
Dopo l’avvento della globalizzazione, la tendenza della destra – parlando a livello europeo e internazionale – a rinvigorirsi e ad accrescere d’importanza è parso evidente, e recentemente in modo davvero palese. Trump negli USA, Le Pen in Francia, Salvini in Italia, Erdogan in Turchia, Putin in Russia sono solo alcuni degli esempi più conosciuti in tal senso. Che correlazione tracci fra questi due fenomeni?La destra è stata resuscitata dalle non-politiche, sociali ed economiche, portate avanti e intraprese dai governi degli ultimi 20 anni. La globalizzazione ha comportato un’eccessiva liberalizzazione degli mercati, un’eccessiva finanziarizzazione dell’economia, e un graduale ma tragico aumento delle diseguaglianze economiche e sociali: l’intero sistema globalizzato ha avuto un grande colpo d’arresto nella crisi del 2007, che ha acuito tutte quelle discrepanze economiche e sociali che la società dell’occidente aveva in sé. La destra, in questo contesto, si colloca come una risposta demagogica, che propone una involuzione del sistema: per esempio, il ritorno a un nazionalismo imperante, al concetto di stati-nazione, al concetto di confine… stiamo assistendo al ritorno a una destra identitaria, che propone una sostanziale politica discriminatoria razzista e si pone come risposta a milioni di cittadini che stanno soffrendo le conseguenze deleterie di un sistema economico portato all’autodistruzione, proponendo ricette semplicistiche e populiste. Per combattere questa nuova destra occorre ripensare e riformulare tutte le nuove proposte sociali ed economiche e offrire rappresentanza e speranza a milioni di persone colpite dal disagio economico e sociale. Altra mia preoccupazione è la presenza della destra nelle periferie, che sono i luoghi più colpiti dalla crisi, dimenticati da una sinistra che per troppi anni è stata dalla parte dei “vincitori della globalizzazione” e che deve ripopolare questi spazi e ridare rappresentanza a un intero popolo.
Cosa vedi nel tuo futuro? Darai più spazio alla politica oppure prediligerai altre passioni?
Il futuro è incerto, quindi non prevedibile. Nella mia esperienza personale di militanza politica, che (è bene specificarlo) è alle origini, spero sempre in un progresso, in un cambiamento delle condizioni, ma la mia generazione soprattutto è colpita da un negativo disinteresse su certe questioni, di natura politica, sociale ed economica. A partire da oggi è importante che noi giovani riusciamo ad analizzare questo mondo, scoprendone le problematicità e le loro cause effettive, per elaborare una visione di economia e società – insomma, di mondo – volta a promuovere un cambiamento nel nostro paese. Contemporaneamente voglio ricordare come i nostri valori siano di democrazia e di buona politica, che è uno dei pochi strumenti che abbiamo per cambiare gradualmente e pacificamente la nostra realtà. Tornando al mio futuro: sicuramente continuerò la mia militanza e spero che la nostra azione possa contribuire ad arricchire sempre la nostra democrazia sempre più in crisi ed escludente. Parallelamente, questa passione politica va condotta allo studio e al lavoro, altrettanto importanti.
Tutte le interviste di questa nuova sezione vogliono lanciare un messaggio molto forte: i giovani non solo possono cambiare il mondo, ma lo stanno già facendo. Vuoi unirti a questo coro, lasciando un messaggio di speranza ai nostri lettori?Assolutamente sì. Noi giovani guardiamo il mondo con occhi a volte un po’ troppo euforici, talvolta eccessivamente pessimistici, forse un poco azzardati e assoluti in certe scelte e opinioni. Tuttavia la nostra semplicità, la nostra spinta “rivoluzionaria” giovanile deve abbracciare quei valori democratici che permettono una reale realizzazione dell’essere umano nel condividere e nel tollerare le diverse visioni del mondo. Allo stesso tempo non dobbiamo smettere di lottare per cambiare il mondo, per realizzare le nostre sane ambizioni di vita. L’uomo cambia il mondo, nel bene e nel male, agendo su di esso. Sul pensiero che esponevi tu, e cioè quello per cui “i giovani non solo possono cambiare il mondo, ma lo stanno già facendo”, mi viene da pensare a tutti quei che giovani si dedicano alla politica o ad altre esperienze, nelle quali condividono azioni nei confronti del prossimo (penso al volontariato, all’associazionismo, e in generale a tutti coloro che grazie al lavoro contribuiscono a migliorare le condizioni materiali dell’uomo). Nel contempo, i giovani devono assumersi la responsabilità di formulare nuove visioni di mondo, che vadano di pari passo con i tempi: soluzioni capaci di dare un senso e capaci di modificare la nostra realtà con tutti i suoi problemi e con tutte le sue nefandezze.
E noi, piccolissimo angolino del grande mondo del web, in tutta la nostra modestia e umiltà, a provare a formulare “nuove visioni di mondo”, come diceva Valerio, ci stiamo davvero provando. Speriamo solo che voi lo stiate apprezzando. Grazie.
Bottega di idee