Questo è uno scritto senza padroni. Catalogato nei nostri articoli sulla legalità giusto per dovere burocratico, questo è un articolo a sé stante, unico nel suo genere, nel pensiero che ne sta alla base e negli scopi che vuole raggiungere. “Gli sparatori e gli sparati”, nuovo editoriale di Federico (testo che conclude la settimana del ricordo), è un testo violento, senza pause. È un testo forte, che non guarda in faccia a niente e nessuno. E che – a voi giudicare se sia un pregio o un difetto -, non si ferma. È un testo che ferisce, che colpisce, che provoca reazioni. È un testo che divide e che unisce. È un testo, fra l’altro, perfettamente descritto dalla sua immagine, nuova perla di Gaia. Perché, anche in mezzo al buio più disperato, tra sparatori e sparati, c’è una luce. Tocca a noi volerla vedere. Tocca a voi volerla cercare qui sotto, tra le righe che seguono. Grazie.
La storia, lo sappiamo, è dei vincitori. I manuali sono scritti da chi la storia l’ha conquistata, non da chi l’ha subita. Ci sono quelli che lo spazio se lo conquistano e quelli a cui lo spazio viene conquistato. Come Saviano insegna, ci sono i fottitori e i fottuti. E finché si è conquistatori, non importa dei conquistati. Finché una tragedia non la si vive, non la si capisce. Ecco perché è così importante ricordare.
E’ importante ricordare per non far morire una tragedia. Ma ricordare, da solo, non vuol dire nulla. Come “Breve spiegazione di un memento” di Rosso Granata ci voleva dire, ricordare come oggi spesso viene fatto, senza analizzare cause e prevedere effetti, è del tutto inutile. Sì, lo ripetiamo.
Ricordare come oggi troppo spesso viene fatto è del tutto inutile.
Altra cosa che abbiamo detto spesso è che Bottega di idee non teme di andare controcorrente, e la nostra categoria contro tutto e tutti è lì a dimostrarlo. E l’articolo di oggi sarà ulteriore dimostrazione di ciò, e di quanto scritto sopra. Il 27 gennaio, in tutto il mondo, è il giorno della Memoria. Cioè una ricorrenza internazionale per commemorare le vittime dell’Olocausto. Noi di Bottega di idee, per un giorno, vogliamo prenderci la libertà – per carità, del tutto opinabile – di ricordare anche altro. Anche altri drammi dell’uomo che, a nostro avviso, troppo poco vengono ricordati. Perché, per carità, l’Olocausto ha causato milioni di morti. Anche noi l’anno passato abbiamo parlato di Seconda Guerra Mondiale, con tre articoli specifici nel mese di aprile, e difendiamo quella scelta. Perché anche quello è stato un grande, grandissimo, dramma. Ma, intendiamoci, anche. Ci sono stati 91529 morti per il narcotraffico, in Messico, negli ultimi 10 anni. Novantunomilacinquecentoventinove morti. Una cifra paradossale, pazzesca, semplicemente folle. Al di là di ogni logica, di ogni immaginazione.
Da marzo 2015 a marzo 2016, nella sola Inghilterra, sono state registrate 106098 denunce per reati sessuali subiti. In Europa, ogni anno, ogni milione di persone, ventuno muoiono per overdose. Ed essendoci 743 milioni di cittadini europei, significa che 15603 persone, ogni 365 giorni, in Europa, muoiono per overdose. Solo in Italia, 3420 pazienti muoiono, uccisi dall’anoressia. In America, ogni 18 minuti, una persona si toglie la vita. Cioè, 80 suicida al giorno. 29220 l’anno, solo negli USA. E queste cose, questi numeri, freddi e spietati, che vi stiamo portando, non sono per abbattervi, per tirarvi giù il morale, per farvi disperare. Ma questi numeri esistono, e non vanno nascosti. Non vanno occultati. Vanno studiati, analizzati, approfonditi. E vanno ricordati.
Abbiamo parlato di morti per narcotraffico. Specificamente, di cocaina, qui, si è già parlato. Ma, a questa gigantesca percentuale di consumatori (sono 7429000 solo negli USA), va aggiunta un’altra dimensione. Il bisogno umano. La necessità di evasione. E dato che qui vogliamo provare, nel nostro piccolissimo, ad analizzare le cause, ma non abbiamo né la vanità né la pretesa di farlo da un punto di vista scientifico, adesso proveremo ad analizzare quelle umane. La necessità di evasione, dicevamo. Questo mondo, molto spesso, risulta opprimente. Schiacciante, nei confronti dell’uomo. Come una gabbia che va stringendosi, sempre di più. Come se fossimo rinchiusi dentro un sistema che non riconosciamo, in cui non ci identifichiamo; come fossimo abitanti di un mondo che non accettiamo; come se ci sentissimo schiavi di regole che dovrebbero renderci liberi. E allora, eccola. Lo dice la parola stessa. Noi facciamo overdose di questo mondo. Come se venissimo nutriti fino allo sfinimento, senza alcuna possibilità di ribellarci. E questa overdose, questa quantità debordante che riceviamo dal sistema in cui siamo inseriti, che ci fagocita, diventa così grande, così abnorme, da farci implodere. E allora quel cibo calato dall’alto, fino allo sfinimento, viene espulso. Le persone si svuotano, dal dentro. Fino all’altro estremo. Fino all’estrema mancanza. Dell’estremamente pieni, all’estremamente vuoti. Oppure, ancora, all’estremamente svuotati. Le violenze, soprattutto di ordine sessuale, sono un processo di svuotamento. La vittima viene svuotata da sé stessa da parte dell’aggressore. Non è un caso che gran parte delle persone violentate tentino il suicidio, una o più volte. Questo processo di svuotamento porta a una perdita di sé, del proprio essere, del proprio sistema valoriale. Ed ecco che, nella perdita di sé, si ricerca, di nuovo, per concludere armoniosamente il nostro cerchio, l’evasione.
Evasione nell’alcol, nella droga. Evasione in ogni campo della vita. Evasione, sempre e ovunque.
E, nei libri di storia, che ricordiamo essere scritti solo dai vincitori, di evasione non si parla mai. Ma l’evasione non è un concetto del XXI secolo: è un concetto radicato nel tempo e nella storia, che ha da sempre contraddistinto l’essere umano. Ma la storia, l’abbiamo detto già due volte prima di ora, ci è narrata da chi vince. E allora, a conclusione di quest’editoriale, vorrei invitarvi a rivedere l’immagine meravigliosa preparataci da Gaia. Ci sono i vincitori e i vinti, i fottitori e i fottuti, o, come dice il titolo, “gli sparatori e gli sparati”. E c’è buio, tutt’attorno. Buio di un passato tenebroso che può diventare un futuro ancor più oscuro. Ma c’è anche una piccola, ma importante, luce. La luce di un futuro che può brillare.
Nonostante tutto. Nonostante il mondo che troppo spesso ci opprime. Nonostante il sistema in cui siamo inseriti. Ed è quella luce che dobbiamo seguire.
La luce del ricordo.
Perché anche tra gli sparatori e gli sparati, in mezzo al buio, una luce c’è, e brilla.
Tocca a noi volerla vedere.
O, meglio, volerla ricordare.
Bottega di idee