Lettera al ricordo: il cuore della vita

Dopo venti giorni di assenza, torna la corrispondenza fra Sophie e il ricordo, che, in una risposta molto dura ma intensa, riporta il ricordo al suo vero valore: quello di essere il cuore, il centro, di una vita fatta di emozioni. Perché, come troverete scritto qua sotto, l’importante è vivere. Vivere, ricordando.

Ti chiedo di smetterla, di offrire di nuovo al mio cuore ormai straziato quei momenti di amore ormai lontani, gli unici che possano guarire le ferite chi mi hai inflitto.

È con queste parole, cara Sophie, che ti eri espressa nei miei confronti.
Parole ingenerose, ingrate, saccenti. E tanto, tanto, ingenue.
Parole che mi hanno fatto venire voglia di non risponderti.

Dopo una ventina di giorni, però, leggendo e rileggendo quelle righe, ho deciso di venirti incontro, di nuovo. Ringrazia dunque la tua ingenuità, perché è grazie a lei che hai l’opportunità di leggere questa risposta. E’ grazie alla tua ingenuità che ho faticosamente deciso di donarti altro tempo, di risponderti ancora, di portare avanti questa corrispondenza. Perché è in quell’ingenuità che scorgo ancora dei tratti di possibile miglioramento, è in quell’ingenuità tanto eliminabile quanto valorizzabile che trovo tracce della tua personalità passata, bambinesca, ora quasi del tutta corrosa dallo scorrere del tempo, negata dalle fatiche d’ogni giorno, obnubilata da quell’ubriacatura costante che si chiama vita. E’ per questi motivi, quindi, cara Sophie, che ancora sono qui a risponderti. E ti rispondo, innanzitutto, dicendoti che ciò che io provoco non sono ferite, ma, in senso proprio, ricordi. Ricordare, etimologicamente, è un verbo transitivo derivante dal latino recŏrdari, der., col pref. re-, di cor cordis «cuore», perché il cuore era ritenuto la sede della memoria. A parte l’interessante questione sul cuore come sede della memoria, quindi, come ben vedi, ricordare è a strettissimo contatto con cuore. E il cuore è ciò che consente la vita. Ciò che io ti propongo, di giorno in giorno, è vita. Vita passata, d’accordo. Ma pur sempre vita. E la vita – soprattutto se passata -, da sempre e per sempre, insegna a vivere.
E’ con dolce affetto, cara Sophie, che ti ricordo, appunto, che quei “momenti di amore ormai lontani”, come dici tu, ti hanno fatto soffrire ben più di quanto faccia il ricordarli. Tutti i tormenti che ti ripropongo, tutte le sicurezze di cui ti spoglio, sono vita. Vita in miniatura. Ed è proprio il fatto (fortemente contraddittorio nella tua lettera, chiaramente logico nella mia) che il tuo approccio a me sia bivalente, a volte “facile”, altre “non altrettanto gradevole” – per usare le tue parole – che testimonia ciò che ti sto dicendo da tutta la lettera: ricordare vuol dire vivere. Entrambi nascono dal cuore.

Tu asserisci che sia difficile sfuggire a me.
Io affermo che sia impossibile sfuggire alla vita.
Ritrova la voglia e il bisogno di ricordare, e troverai la chiave con cui aprire le porte della tua vita. Quella vera, quella bella.
Quella vita in cui i cuori pulsano e le emozioni corrono.
Quella vita, appunto, per cui vale la pena vivere.
Vivere, ricordando.

Bottega di idee

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