L’intervista

Fausta Messa, insegnante con oltre quarant’anni di esperienza, è Direttore dell’Istituto Sondriese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea. Penna fine e mente arguta, oggi ci racconta la sua storia e quella di molte altre persone. In un viaggio intenso, accorato e sincero, abbiamo trovato modo di parlare della Seconda Guerra Mondiale, del ricordo, della poesia, e di molte altre tematiche. Perché, ancora una volta, se vogliamo un mondo migliore, i primi a migliorarlo dobbiamo essere noi. Noi e la professoressa Messa ci abbiamo provato e ci stiamo provando, a voi basta solo scorrere qualche riga e condividere questo scritto con chi meglio credete. Per un mondo che ricordi sempre più, che sorrida sempre più, e che viva sempre meglio. Grazie, buona lettura.

Guardando un po’ le statistiche, ci siamo resi conto che la parte che interessa maggiormente i nostri lettori, nelle interviste, è quella riguardante la storia personale degli intervistati. Vuole dunque raccontarci la sua esperienza, umana e professionale?
Certo, volentieri. Sono insegnante. Insegno da 44 anni e sono prossima alla pensione. Non solo insegno Lettere, ma dirigo anche l’Istituto Sondriese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea (da qui in poi, ISSREC – n.d.r.), con cui collaboro dal ’92, facendo ricerca soprattutto su fascismo, antifascismo e resistenza. Faccio molta ricerca didattica e lavoro molto con la scuola per date come 27 gennaio, 25 aprile, 2 giugno e 4 novembre e cerco di condividere sempre questo percorso con i giovani e di contribuire con la  mia esperienza all’educazione civica dei giovani.
Personalmente, ho incominciato a insegnare in una scuola privata a degli adulti. A 21 anni insegnavo la storia e l’italiano a persone di 40 e 50 anni, molto motivate, che lavoravano di giorno e studiavano alla sera. Dopo quest’esperienza di grande scambio, ho fatto supplenze all’istituto magistrale e ai periti, altrettanto importanti per me. Di quest’epoca, mi viene in mente un bigliettino che una ragazza, al termine dell’anno,  mi scrisse, dicendomi che mi ringraziava perché grazie alla filosofia (che all’epoca insegnavo) era riuscita a capire cosa le stava succedendo – la ragazza, durante l’anno, aveva mostrato notevoli difficoltà. Questo, fra i tanti, fu un evento che mi diede molta spinta e molta convinzione nel continuare sulla strada dell’insegnamento. Entrata in ruolo nel 1986, ho insegnato per 13 anni alle medie. In seguito, per 4 anni, ho fatto ricerca e didattica nelle scuole per conto dell’ISSREC. Fatto e superato un altro concorso, sono entrata all’attuale Liceo Piazzi Lena Perpenti, frutto dell’accorpamento dell’indirizzo classico, linguistico e scienze umane. A questi, recentemente, si è aggiunto anche l’indirizzo economico-sociale. Insegno lì, per esser più precisi, dal 2002. Anche questi sono stati anni straordinari, bellissimi, a contatto con gioventù vogliosa e desiderosa di imparare. Attualmente, insegno alle scienze umane e all’economico sociale. Soprattutto i primi sono motivatissimi da un punto di vista umano e civile. I secondi, invece, hanno caratteristiche tutte loro: sono ragazzi molto intelligenti, poco propensi allo studio, ma attenti all’apprendere tramite le new communications, come i social network, e molto interessati all’attualità. Ho insegnato qualche anno anche al linguistico: le ragazze di quel liceo sono ovviamente proiettate su orizzonti cosmopoliti. Al classico, da quale provengo, ho solo fatto qualche supplenza, ma conoscendo alcuni ragazzi che vengono in ISSREC a fare attività di  Alternanza scuola-lavoro, li ho ritrovati come immaginavo: molto ricchi intellettualmente e nella comunicazione, nella parola, e nel suo uso raffinato. I ragazzi del Piazzi Perpenti, nel complesso, li definirei molto affidabili; li vedo come futuri cittadini molto strutturati.
Per il lavoro che svolgo all’ISSREC, è necessario specificare che è di volontariato, anche se molto impegnativo e gratificante. Per esempio, io ho scritto tante storie: l’ultima narra della fondazione degli orfanotrofi – maschile, di Sondrio; femminile, di Morbegno – subito dopo la Grande Guerra, che ci restituisce uno spaccato della Valtellina del dopoguerra, e che ricostruisce un tessuto sociale particolarmente degradato.

All’interno della sua attività di ricerca, ha potuto approfondire tematiche che l’hanno interessata più di altre?
L’argomento su cui mi sono specializzata, come ricercatrice ed educatrice, è quello delle leggi razziali. Ho studiato molto le leggi razziali del ’38 e la loro applicazione in provincia di Sondrio. Come risultato della mia ricerca, ho quindi potuto ricostruire tutte le tappe dell’applicazione di queste leggi, dal censimento segreto del ’38 (che portò alla luce la presenza di soli 15 ebrei nella nostra valle), agli articoli pubblicati dal giornale fascista “Il popolo valtellinese”. Ho poi seguito varie storie di ebrei che sono riusciti a scappare o che, per contro, non ce l’hanno fatta. Ho anche avuto l’occasione di studiare la fondazione del campo di concentramento per ebrei (dove attualmente c’è la sede dell’Asl di via Nazario Sauro) perché la legge prevedeva che si costruisse un campo in ogni capoluogo di provincia. Questo campo, per fortuna, funzionò poco: i circa 60 ebrei catturati al confine svizzero furono mandati in carcere, da lì spostati a Milano e spediti dal tristemente noto binario 21 al campo di Auschwitz, dove morirono quasi tutti. Questa storia la racconto sempre (forse qualcuno pensa che io sia ossessionata) perché non mi sembra mai abbastanza raccontata. Testimonianza di quanto sia importante parlare e far parlare di queste tematiche, è l’attualissimo ritorno alla paura dell’estinzione della razza bianca o alla paura del meticciato, senza evidentemente ricordare che questi discorsi sono stati già fatti e ci hanno portati dritti ad Auschwitz. 

Vuole raccontarci storia e intenti dell’Istituto che lei dirige, nonché la funzione che può avere nel mondo di oggi?
L’ISSREC fu fondato nel 1984 da un gruppo di studiosi locali, tra cui la mia attuale presidente, Bianca Ceresara Declich; e altri, come il professor Tavolaro; il professor Spini, partigiano, fondatore della DC valtellinese; Bruno Ciapponi Landi; Vito Chiaravallotti. L’Istituto ha uno statuto nel quale si prefigge di raccogliere tutti i documenti inerenti il fascismo, l’antifascismo, la resistenza e la costituzione repubblicana, di ordinarli, conservarli, divulgarli e valorizzarli attraverso la ricerca e la comunicazione. L’Isituto, inoltre, è specializzato nella didattica della storia contemporanea, particolarmente con l’utilizzo delle fonti orali, che è peculiarità di tutti gli Istituti della Resistenza in Italia. Ovviamente non si può fare storia solo con le fonti orali, ma al contempo non si può prescindere dalle testimonianze per raccontare ad esempio la Shoah, visto che la documentazione relativa è stata distrutta. E’ grazie a delle testimonianze che riusciamo a raccogliere insieme i pezzi e a ricostruire con chiarezza il puzzle di quel determinato periodo storico. Noi facciamo molta didattica della storia, facciamo mostre, conferenze. L’ultimo ciclo è stato insieme alla Biblioteca Civica, sui 500 anni dalla Riforma protestante. Personalmente, ho fatto una lezione sul contributo dell’Evangelismo alla democrazia italiana, analizzando l’apporto che hanno dato gli evangelici, dal Risorgimento alla Costituzione del 1948, che li ha reintegrati pienamente nei diritti sociali, civili e politici. Anche il Giorno della Memoria, che stiamo per celebrare, rientra nell’ottica  della giustizia riparativa, il cui atto culminante è stata la nomina a Senatore a vita, da parte del Presidente della Repubblica, di Liliana Segre, uno delle poche ebree sopravvissute ad Auschwitz, ancora viventi. Lei era andata ad Auschwitz 13enne, e, da almeno 30 anni, continua a portare la sua testimonianza. La sua nomina è stata veramente una pacificazione, un trionfo della giustizia, della legalità, e, oserei dire, anche della speranza. Ed è stata una voce alta – pronunciata con mitezza ma con senso di giustizia straordinario – a dare speranza. Una voce profetica che ci ha richiamato, in un dibattito politico dominato da bassezze di ogni tipo, a guardare “al cielostellato”.

L’anno passato, al Liceo Piazzi Perpenti, alla partecipazione di nove ragazzi e tre detenuti della Casa Circondariale di Sondrio, si è tenuto uno spettacolo condotto da Eyal Lerner, attore e musicista israeliano, che ha colpito molto i ragazzi e gli spettatori. Quest’anno, invece, in occasione della Giornata della Memoria, verranno ospitati i 7grani*. Data la sua presenza nell’organizzazione di ambo gli spettacoli, ce li riassumerebbe, magari sottolineandone anche l’importanza?
Lo spettacolo di Eyal Lerner che l’anno scorso è andato in scena per il giorno della Memoria aveva come scopo far capire la cultura ebraica, nella prima parte, e raccontare l’Olocausto nella seconda, tramite la vita di Hannah Szenes, poetessa ungherese uccisa dai nazisti. Lo spettacolo di Eyal, formidabile per la sua voce profetica e per le sue capacità comunicative, ci ha anche ricordato l’importanza del linguaggio della musica, che, ricordiamolo, è universale, e che, durante il nazi-fascismo, fu oggetto di persecuzioni, se non si adeguava al canone tonale tedesco. Lo spettacolo che invece andremo a fare quest’anno è molto diverso, tutto centrato sulla storia italiana. Il documentario “Neve diventeremo” racconta la storia di Rado Zuccon, un partigiano istriano, che, sopravvissuto a Buchenwald e successivamente all’Isola Calva, incontrò questi ragazzi, i 7grani (che fanno proprio “Settegrani” di cognome), che furono commossi dalla testimonianza del partigiano, e non se ne dimenticarono quando decisero di fondare un gruppo musicale impegnato nella produzione di musica folk, attenta ai temi della memoria, capace di coinvolgere i giovani. Lo spettacolo che vedrai, quindi, è pieno di impegno civile e di ottimismo, perché – dobbiamo ricordare – la convivenza tra gli esseri umani deriva da un patto (da pax, pactum) tra esseri umani che usano ragionevolezza, sono capacità di mettersi insieme, attorno a un tavolo, per spegnere la violenza. La musica dei 7Grani  è come una  colonna sonora, che dà coraggio e speranza di andare avanti, forti di una memoria condivisa.

Insegnando da così tanto tempo, ha visto scorrere dinanzi ai suoi occhi più generazioni di giovani: per questo motivo, vorremmo terminare quest’intervista con una domanda di lettura generale sul mondo giovanile e sul suo legame con la storia e la memoria.
La mia conoscenza del mondo giovanile è abbastanza vasta ma nello stesso tempo anche parziale, perché, come dicevi tu, ho visto passare intere generazioni di giovani, ma si sa che lo studente non è il giovane a tutto tondo: conoscere i giovani come studenti non significa conoscerli come persone. Con l’attività di ASL, recentemente istituita, ho invece una possibilità maggiore di osservarli sotto altri aspetti.
Poi, naturalmente, vedo il mondo giovanile attraverso i giornali e i social. E proprio a questo proposito, devo dire che qualche volta sono preoccupata, dubbiosa, perché questa realtà mi dà l’idea che ci sia forte difficoltà di comunicazione valoriale tra i giovani e gli adulti. In realtà, vedendo poi come i giovani crescono, noto che nella maggior parte dei casi la comunicazione ha funzionato. Non voglio però omettere da questo discorso quei percorsi in cui i giovani si intrappolano, da cui a volte non riescono a uscire, con la consapevolezza che però esistono cause precise. Credo che le devianze di tanti giovani siano spesso dovute a una mancanza di comunicazione da parte dei genitori: se i giovani vedono modelli di adulti che funzionano, restituiscono. Se i giovani non rispondono, è perché manca la presenza educante degli adulti. Anche il fatto che i giovani non si interessino – o perlomeno non lo facciano secondo i modi convenzionali – alla politica, significa che il mondo politico degli adulti non fornisce un mondo appassionante in cui i giovani possano riconoscersi. Essere cittadini protagonisti è bello, ma bisogna ricordarlo ai giovani. I ragazzi, invece, spesso vedono la politica come un mondo di corruzione, legato a traffici più o meno illeciti. Del resto, però, esistono ragazzi che vogliono scendere in questo agone, soprattutto grazie allo studio di filosofia e di storia – oltreché del loro, fondamentale, entusiasmo – e sicuramente la loro voce sarà più ascoltata dai loro coetanei e sarà capace di portare un po’ di aria nuova.

A noi, a questo punto, non resta che augurarci che anche la sua voce venga ascoltata dai nostri coetanei, per un mondo più attento e più sensibile, per un mondo più giusto.
Per un mondo migliore.

Bottega di idee

*L’intervista è stata registrata il 28 gennaio, prima dell’esibizione dei 7grani, avvenuta il 31 dello stesso mese.

 

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...