Dopo la risposta non proprio conciliante del ricordo, Sophie prova a rilanciare se stessa e le proprie convinzioni. In una lettera breve ma intensa, la nostra scrittrice più romantica (in tutti i sensi della parola) risponde punto su punto al ricordo, sviluppando un’interessante concezione a metà fra la malinconia d’inizio corrispondenza e le speranze in un nuovo, sempre più emozionante, futuro.
Ricordo, mi dici che devo imparare a vivere, che ciò che mi proponi è vita, vita in miniatura, ma è ovvio che, come sostieni tu, devo prima ritrovare la voglia e il bisogno di ricordare, per trovare poi le chiavi che mi possano permettere di raggiungere la vita vera, quella bella…
C’è sempre così tanto da migliorare, ne siamo entrambi consapevoli, per questo ti chiedo altro tempo, per eliminare tutto ciò che di eliminabile c’è, per far rimarginare le ferite e per guarire da quei ricordi che si susseguono ininterrottamente e che percepisco come una miriade di frecce mirate dritte al cuore. Ogni gesto quotidiano, ogni oggetto, azione, persona, in tutto, c’è qualcosa che posso dire essere legato al mio passato. Non ho ancora imparato a liberarmene, perché è difficile quando le catene che li tengono legati sono così salde.
Mi chiedo spesso quando si spezzeranno, o cosa potrei fare per riuscire a spezzarle, o se ciò sia possibile, ma forse dovrei solo avere pazienza e andare avanti. Anche a te, però, chiedo pazienza, vorrei desistere dalle insistenti proposte che ti porgo ma non sono ancora pronta, desidererei solo tornare indietro e fermarmi. Rivivere quel momento altre mille volte ancora.
Ti prego, non farmi scendere da quella macchina, fammi restare ancora un po’ e assaporare di nuovo la dolcezza, permettimi di rivivere ancora quella sera. Dammi la forza per cambiare le cose e far sì che tutto si possa ripetere, il coraggio di prendere quel treno, senza la paura del ritorno, ma solo con il piacere dell’andata.
Vorrei cercarle, quelle chiavi di cui parli, aprire quelle porte, ma in questa ingenuità e in quell’innocenza che ancora fanno parte di me trovo un rifugio confortevole (eliminabile, per carità) e piacevole.
Forse è per paura che non voglio lasciarlo.
Il cuore è la sede dei ricordi, e ogni volta che rivivo un pezzo del mio passato questo si scalda e si riempie di gioia: per questo è difficile tornare alla realtà. Ricordare vuol dire vivere, e rivivendo il passato io trovo sollievo, sollievo a cui è arduo rinunciare.
Sto cercando di seguire il tuo consiglio e trovare un equilibrio in mezzo all’instabilità che mi sbilancia: per citarti, “vivere, ricordando”; cerco quella vita di cui parli, in cui “i cuori pulsano e le emozioni corrono”. La cerco dappertutto e quando la trovo provo a viverla intensamente, dall’inizio alla fine, senza farmi scappare nulla.
Ma questi momenti di vita ‘vera’ sono imparagonabili a certi di quelli passati, e ciò mi spinge a tornare nel mio nascondiglio di innocuità. Ci sono degli attimi talmente insostituibili che pensare alla loro unicità mi tormenta.
Non sono ancora pronta a separarmene e a vivere senza di essi, e più mi ci immergo più trovo in me il coraggio di salire su quel treno, più la paura del ritorno si attenua di fronte al pensiero di poter rivivere qualcosa il più possibile affine al mio passato, dinanzi al piacere imminente e a quegli attimi che so essere gli unici in grado di saziare la mia fame.
Sophie