È il 3 marzo 2018. Il giorno prima delle elezioni. Nelle ventiquattr’ore in cui i politici tacciono, Bottega di idee urla. Urla con forza e ironia, evidenziando i lati peggiori di ogni partito, sottolineando contraddizioni e sparando a zero su tutto, e tutti. Con la consapevolezza di essere un piccolissimo angolo nel mondo del web, e con la speranza che questo o quel personaggio, al posto che offendersi, si faccia una risata. In un articolo che non guarda in faccia a nessuno, con espressioni forti, Bottega di idee spera nell’autoironia e nella capacità di non offendersi in chi legge, qualsiasi tessera politica abbia in tasca. Fatta questa dovuta introduzione, rinnoviamo l’appuntamento al prossimo articolo, che ovviamente sarà di commento ai risultati di domani.
A tutti quelli che, nonostante il lerciume dilagante, domani andranno a votare.
- Partito Democratico. Matteo Renzi, poi Matteo Renzi, e infine Matteo Renzi. In un partito dove persino un cucciolotto come Grasso ha trovato la forza per andarsene, in quel fantasmagorico gruppo di attori comici che fanno finta di essere politicanti, è il grande statista da Rignano a essere vero leader. Ma ricordiamo, giusto per dovere di cronaca, qualche particolare capolavoro della lunghissima collezione dei famosi 1000 giorni. Gli 80 euro, prima dati poi tolti; l’Italicum, ancora più incostituzionale del Porcellum; la riforma delle PA; la riforma della “buona” scuola; gli scandali CONSIP ed Etruria; la schiforma costituzionale. Aggiungendoci poi il Renzi bis, cioè il governo Gentiloni, troviamo le perle della legge sull’illegittima difesa, quella sulle intercettazioni, nonché la stratosferica conferma di Tullio Del Sette, dopo il caso CONSIP, a Comandante Generale dei Carabinieri. Insomma, tutti ottimi motivi per andare a mettere una croce sul loro partito. Sperando che non risorgano.
- Forza Italia. Più che un voto, è un atto di fede. Lì dentro, oltre a Berlusconi, il suo chirurgo plastico, e le sue mascelle spostate, è rimasto solo il suo ego. Finto anche quello, probabilmente. E il fatto che abbia ancora il 15% degli italiani dalla sua parte testimonia che in Italia stia andando tutto a puttane. Berlusconi per primo.
- Lega Nord. Ossessionato dai tombini dei ghisa e dalle ruspe sui rom, il venditore di felpe che nella sua vita non ha mai lavorato se non da politica, ora mira alla maggioranza. E giustamente, da profondo e convinto antieuropeista, accetta come candidato Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo. Delirante leader della Padania che spopola al sud, inseguito dal fantasma della Fornero, Matteo Salvini è profetico in un Paese di profani. Non è un caso che la sua ultima pubblicazione sia un vero e proprio vangelo. Ovviamente, secondo Matteo.
- +Europa. Il programma è neoliberismo puro. I due principali esponenti sono la Bonino, ex Radicale, e Tabacci, ex DC. Una contro l’abolizione dell’articolo 18, l’altro a favore. Insomma: +Europa, -intelligenza.
- Forza Nuova. Razzisti quando va bene, inneggianti alla violenza quando va male. Con sfumature nemmeno troppo velate di approvazione verso Luca Traini e gente varia. Passiamo oltre.
- Fratelli d’Italia. Sì, e la Meloni s’è desta. Con la differenza che gli italiani non son pronti alla morte, sebbene la Meloni chiamò.
- CasaPound. Gli amichetti degli Spada, quest’anno, puntano al Parlamento. Speriamo solo che non ci entrino di testa.
- Popolo della Famiglia. Estetico come il suo simbolo, retrogrado come il suo fondatore. La pochezza fatta partito. Null’altro.
- Movimento 5 Stelle. Apprezzabile sapere cosa e chi si va a votare. Bello che, su 17 ministri, 16 siano laureati. Ammirevole che abbiano restituito 23 milioni ai cittadini italiani. Lodevoli le battaglie sull’articolo 18 e sul referendum (anti)costituzionale. Però la Scuola a Giuliano, grillini cari, anche no… se sperate di riavvicinare i docenti alla politica mettendo come Ministro un Preside, forse, ecco, avete sbagliato via. A latere ma neanche troppo, davvero troppo ambigui su Europa e immigrazione. Schiavi come tutti di sondaggi e percentuali, sono degli allievi cresciuti da un ex comico, che per poco sfiorano il 40%. Non c’è niente da fare, insomma: facciamo proprio ridere.
- Liberi e Uguali. Quello che fa di sicuro ridere è Pietro Grasso. Peluche della sinistra, nonno dei pensionati e leader solo di se stesso, l’uomo in giacca e cravatta sin dalla nascita è grande guida di un grande partito. Minoritario in un partito minore, Grasso non ha ricevuto mezzo voto, ma solo un’indicazione. Resta solo da capire se fosse quella del Dio Massimo che dal cielo ha puntato il dito, o quella di zio Pierluigi per giocare a carte insieme. Per, magari, perdere. Liberi, Uguali e perdenti. Perché, come disse qualcuno, “Hasta la sconfitta, siempre”.
Scusandoci per lo spagnolismo, vi rinnoviamo l’appuntamento a settimana prossima, quando insieme commenteremo i risultati di queste nuove, fantozziane, elezioni. Che, parafrasando qualcuno di più grande di noi, in tutti i casi, saranno una cagata pazzesca.
Bottega di idee