Meno di ventiquattr’ore dopo la sua biografia, Carlo oggi risponde alle domande del redattore, in un’intervista che vi porterà alla scoperta della storia, delle idee e dei gusti personali, del creatore di una delle rubriche più amate in tutto il sito: ovviamente, Camporella Advisor Sondrio!
Nella tua biografia pubblicata ieri hai fatto riferimento alle escursioni fatte, sin da piccolo, con i tuoi. Cosa ti trasmettevano allora e cosa ti trasmette la montagna oggi? E in che modo questo ha influito nella creazione della tua pagina?
Mio nonno era guida alpina, mio papà ha ereditato questa passione per la montagna che a sua volta ha trasmesso a me. Quelle gite della domenica mi hanno fatto esplorare la Valtellina e hanno cominciato a farmi scoprire le sue bellezze. Di certo sono ricordi di vita molto positivi, passati assieme alla mia famiglia. Per me la montagna è natura, entrare dove tutto è completamente vero. Trovo una bellezza assoluta nelle rocce, nelle piante e negli animali. Il contatto stretto con questa natura mi fa stare bene. Girovagare, districarmi tra i rami dei boschi e sentire la terra, mi emoziona. La montagna mi dà anche tanta soddisfazione. Camporella Advisor, quindi, nasce dalla volontà di trasmettere almeno un poco la bellezza della terra che ci circonda. Per rendere consci, soprattutto i giovani, che magari sono entrati poco in contatto con la montagna, che quella bellezza è a due passi dalle porte di casa.
Dato che abbiamo avuto modo di parlarne, ci racconti cosa c’è dietro la creazione di una pagina così caratteristica? Dato che l’intento ce l’hai già raccontato, qual è la storia di Camporella Advisor Sondrio?
L’idea mi è nata quest’estate non mi ricordo bene quando, l’ho presentata ai miei amici su una spiaggia di Gallipoli, così, anche solo per scherzare. Poi grazie a Simone (cofondatore della pagina), l’avventura è cominciata, e abbiamo creato questo canale Instagram che speriamo riesca, con la bella stagione, a far conoscere un po’ di bei luoghi per la camporella.
Altra dimensione di cui hai accennato è lo scoutismo. Che implicazioni ha quest’impegno per te? E in che modo applichi questo particolare mondo a quello di tutti i giorni?
Oltre a chi ci sta dentro, pochi sanno realmente cosa siano gli scout. Lo scoutismo è un modo di vivere esperienze che altrimenti non si incontrerebbero, e di viverle con uno spirito diverso. Il gruppo e la condivisione sono alla base di queste esperienze, il rapportarsi con gli altri in maniera costruttiva e consapevole sono le cose che mi hanno fatto crescere di più. Nella vita di tutti giorni, fuori da quando ci ritroviamo e indossiamo un fazzolettone (la promessa), porto semplicemente quello che sono, quello che lo scoutismo mi ha permesso di essere.
“Se ne ha voglia, legge libri – gli piace Thoreau”: hai voglia, invece, di ampliare quest’affermazione? Che generi prediligi, e perché? E cosa ti ha conquistato di Henry David Thoreau, fra l’altro nemmeno conosciutissimo nel nostro Paese? Thoreau mi affascina per le sue idee e per come le sperimenti. Mi piace il suo pensiero ecologico, dell’importanza che deve avere la natura nella nostra vita. Ma non si ferma solo a quello, si spinge oltre, verso i rapporti tra le persone. Thoreau ha cercato di far coincidere il più possibile i suoi principi con la propria vita. Questo è quello che di più ammiro in lui. La sua filosofia lo ha portato a essere incarcerato, per essersi rifiutato di pagare le tasse ad uno stato che promuoveva la schiavitù, lo ha portato per due anni sulle rive del lago Walden, dove ha vissuto lontano dalla città e vicino alla vita. Il suo, quindi, per me è stato ed è un grande esempio.
Per il resto, leggo un po’ di saggistica, biografie (quella di cavallo pazzo mi ha fatto piangere), per gasarmi leggo Kerouac. Tra gli autori che ho incontrato mi sono soffermato su Jack London e sulle sue storie piene di energia – il mio preferito è Martin Eden – a cui tra l’altro devo la mia passione per la lettura. Autore per me importante è anche Hermann Hesse.
Chiudiamo con una domanda che ci hai servito su un piatto d’argento. Hai scritto che, nel tuo futuro, vorresti vagabondare un po’ per il mondo. Come puoi declinare questo termine in un mondo così schizofrenicamente interconnesso? Cioè: è davvero possibile vagabondare nel 2018? E da dove nasce questo tuo desiderio?
Il desiderio nasce – credo – dalle mie letture, Into the wild di Krakauer ha di certo fatto nascere dentro di me la voglia di mettermi alla prova e scoprire nuovi orizzonti. Vorrei aprirmi, rendermi più cosciente del mondo e delle persone, entrando veramente a contatto con vite diverse. So che dovrò farlo. Nel 2018 certo che è possibile vagabondare, forse è anche più semplice del passato, anche se non so se sia un bene o un male. Basta guardare su YouTube quanti lo fanno già, basti pensare a quello che nel mio dialetto chiameremmo un soci – compagno di avventure nel gergo valtellinese, n.d.r. – (Ed Pratt), partito dall’Inghilterra e ora in Nuova Zelanda a bordo di un monociclo.
Bottega di idee