Sfilata d’arte

Solo immagini. In concomitanza della Giornata Mondiale del Disegno, Bottega di idee pubblica alcune opere preparate ad hoc dai suoi tre artisti: Giulia, Simone e Michele. Uniti nel collage d’inizio articolo, separate e ben distinguibili qui sotto. Il tutto unito a un testo, a un vero e proprio inno, preparato dal redattore. Un nuovo modo di fare articoli, una nuova possibilità di esposizione per i nostri artisti. E, speriamo, un antico, sempre costante, modo di apprezzarli. 

WhatsApp Image 2018-04-24 at 17.44.46

 

 

 

WhatsApp Image 2018-04-25 at 13.08.29

WhatsApp Image 2018-04-25 at 13.08.29 (3)WhatsApp Image 2018-04-25 at 13.08.29 (2)

WhatsApp Image 2018-04-26 at 20.26.58.jpeg

A teatro esistono due metodi principali, che ogni buon attore deve conoscere e possedere. Si tratta del “metodo Stanislavskij” e dello “straniamento brechtiano”. Il primo punta tutto sull’introspezione psicologica, sull’approfondimento del personaggio, sull’empatia (dal greco  “εμπαθεία”  – empatéia, a sua volta composta da en-, “dentro”, e pathos, “sofferenza o sentimento” – “sentire dentro”, “mettersi nei panni dell’altro”)  con il soggetto che si sta interpretando. Bertolt Brecht, invece, predicava il suo – non speculare – opposto: è dalla distanza, dall’allontanamento dal personaggio che si sta interpretando, dall’apatia (contraria, manco a dirlo, dell’empatia), che può nascere una grande interpretazione, che riesca a evocare al meglio il soggetto interpretato. Ed è, per parola stessa della sua autrice, questo che Giulia voleva evocare con il suo Se mi allontano mi vedo meglio: “una sorta di allontanamento da sé (inteso come materialità) che ha lo scopo di avvicinarsi veramente a sé […] come se si partisse da un io molto attaccato a se stesso, per poi attraversare un io che, allontanandosi gradualmente dalla sua fisicità raggiunge il proprio, vero, io.” In quelle tre figure, che vanno gradualmente togliendosi dal primo piano, notiamo un continuo parlare (anzi, rappresentare) la vita stessa: la prima, toccandosi il volto, entra in contatto con la materialità della sua esistenza; la seconda, preparatoria alla seguente, distende le braccia lungo i fianchi e mantiene gli occhi chiusi; la terza, sempre con gli occhi chiusi, in un crescendo verso il cielo, pare volare, allargando le braccia. Troviamo poi una quarta figura, stante a rappresentare più un’entità che non una persona, che fluttua nel vuoto in posizione fetale. E’ dunque in queste quattro figure che è insita la vita, in ogni sua sfaccettatura, dalla semplice materialità al complesso – ma bellissimo – desiderio di volare, di spiccare il volo. Complessità presente anche nella prima delle tre opere (che, è bene ricordarlo, sono bozzetti, non originali) di Simone, Love is union. “Come le cellule che insieme formano i corpi umani, noi umani abbiamo il desiderio di formare qualcosa di più complesso con i nostri simili. Desiderio, questo, espresso dalla pulsione d’amore: noi cerchiamo di entrare negli altri attraverso le debolezze e i loro buchi per creare qualcosa con loro, per il fine ultimo di creare qualcosa di più grande e complesso, come fanno le cellule con un corpo”: dalla molecola alla cellula, dalla cellula al corpo umano, da due corpi umani viventi a uno non ancora nato. E’ con una forte presa di potere, quasi a soggiogare lo spettatore, imponendo i propri gusti che Simone ha pensato e realizzato il suo Untitled: “Molti possono pensare che sia una critica alla società consumistica ma in realtà non è vero: si ricerca il bello, semplicemente, in quel che voglio io”. Inizia quindi a entrare in gioco, dopo l’isolamento dell’essere umano nelle sue molteplici dimensioni, il rapporto dell’artista con la società, che qui Simone sembra vivere con tracotante prepotenza, pretendendo di rappresentare ciò che piace a lui, o, come avviene in Bullshit (disegno preparativo) – in  cui il toro riprende quello che ha disegnato Picasso, aggiungendo un piccolo di gnu che viene partorito – di poter urlare tutto ciò di cui si sente bisogno, con una necessità quasi violenta di poterlo esprimere, come certamente afferma l’enunciato presente nell’opera, e cioè “I wanna scream every bullshit in my head”. Bisogno, questo, peraltro sempre più recente: tutti o quasi si sentono oppressi e impossibilitati alla libera espressione, ma per un artista in particolare. Fra i moltissimi obiettivi che il nostro blog si è posto, quello della libera espressione ha sempre occupato le primissime posizioni. Articoli contro tutto e tutti, di battaglia (sempre con la forza dell’ironia e dell’autoironia) politica, o di forte rievocazione di tematiche come la legalità, ci hanno sempre caratterizzato e sempre lo faranno. E questo, ovviamente, vale anche per i nostri artisti. L’arte è di tutti e giova a tutti: anche questo voleva dire Michele, nel suo Punti di vista: “l’arte dà e prende a chiunque ne entri in contatto, e così come le persone possono cercare di capire l’arte guardandola, essa permette loro di capire anche qualcosa di sé, a seconda di ciò che vedono e che suscita in loro”. In questa vignetta, in cui i due personaggi disegnano la vista dell’osservatore, quest’ultimo li vede prima sfocati (a matita) e poi sempre più nitidi (inchiostrati e ombreggiati), come se in effetti i personaggi che sono disegnati in realtà creassero la visuale di chi li guarda.
Da un’arte intimista, proiettata sull’io nelle sue molteplici dimensioni, a un’arte che coinvolge e che si dona allo spettatore, passando per l’artista e il suo difficoltoso rapporto con la società, che troppo spesso lo limita, inibendone la possibilità di esprimersi creativamente.
Un’arte troppo spesso ridotta all’immagine, un’arte troppo spesso rinchiusa e trincerata dietro a delle sfilate più espositive che contenutistiche, un’arte da proteggere e da salvaguardare, utilizzando lo stesso metodo che la sta uccidendo, gli stessi canali (social ma non solo) che troppo spesso la sviliscono, ribaltandone la funzione e il funzionamento. Per questo abbiamo chiamato questo articolo “sfilata d’arte”. Per questo verrà condiviso sui nostri canali social. Per questo vengono prima le immagini del testo. Per questo. Per l’arte, quell’arte da proteggere e da salvaguardare.
Quell’arte di cui c’è bisogno, sempre più bisogno.
Quell’arte che amiamo e che ci ama.
Quell’arte che oggi speriamo di avervi mostrato in questo nostro, artistico, tentativo.
In questa, nostra, sfilata d’arte.

Bottega di idee

 

 

 

 

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...