Dal bianco e nero al colore

Mariana a scrivere. Giulia a disegnare. Eliogabalo e Pampinea a dialogare. E la storia del movimento LGBTQI+ a dominare la scena. Una storia troppo poco conosciuta e davvero molto, molto, attuale. Con un articolo tanto originale quanto rischioso, le riflessioni di Mariana Rosa proseguono. E proseguono con un salto indietro nella storia: un salto dal bianco al nero al colore. Il colore del diverso, il colore della comunità LGBTQI+.

Dopo una lunga giornata al liceo, Eliogabalo scagliò il libro di Storia sul pavimento. Pampinea, una sua compagna di classe, preoccupata per l’amico si avvicinò lenta ma decisa a scoprire il motivo di quell’impeto. «Hey El, cos’ha la Storia che non va?» provò a chiedere, abbozzando un tono ironico. Eliogabalo, di rimando, alzò piano la testa mostrando alla povera ragazza degli occhi scuri e un’espressione grave che potevano significare solamente l’incombere di un dialogo su un argomento serio. «Non è la Storia in sé ad essere sbagliata questa volta, ma come ci viene presentata» sentenziò il ragazzo, coi muscoli del viso tutti tesi e contratti, in netto contrasto con i suoi lineamenti dolci, ancora acerbi. La sua amica corrugò la fronte nel tentativo di comprendere ciò che le era stato detto ma, non riuscendoci, indicò con la mano di proseguire. «Quando approcciamo la Storia inevitabilmente scegliamo quali aspetti trattare, però solitamente si cerca di spaziare quanto più possibile… Tuttavia… Tuttavia ci sono argomenti che non vengono neppure sfiorati». Pampinea ci pensò su un attimo, per poi chiedere quali fossero questi argomenti di cui nessuno parlava mai. Qui la voce di Eliogabalo, prima sicura e squillante, si fece piccola fino quasi ad un sussurro e con occhi che ballavano per l’intera stanza alla ricerca di sguardi invadenti o di attenzioni sbagliate, bisbigliò: «Per esempio la storia della comunità queer».
A quella piccola parola straniera, Pampinea non poté far altro se non storcere il naso. «Elio, dai, perché mai dovrebbe essere inserito nei libri di testo un argomento di nicchia come questo?». Il ragazzo guardò l’amica scuotendo la testa; le mise una mano sulla spalla, e cercò di aprile completamente le porte del suo cuore. Da una semplice domanda come quella di Pampinea, Eliogabalo parlò per minuti interi, raccontando che ogni ragazzino che crescendo avvertiva dentro di sé di essere diverso aveva bisogno, no, necessità, no aveva il diritto di sapere che al mondo altri prima di lui avevano passato tutto quello che lui stava affrontando, che non era uno scherzo della natura, che lui era vero, una persona valida in tutte le sue caratteristiche. Pampinea ne fu convinta e non ritornò sul perché.
«Quando cominciò la rivolta?» chiese poi ad Eliogabalo, che sorpreso accennò un sorriso. L’amica gli rivolse uno sguardo complice: «Oh, coraggio: quand’è cominciata la rivolta queer? Noi donne cominciammo addirittura alla fine del Settecento». Eliogabalo annuì: «Beh, in un certo senso il femminismo centra. Ecco, noi invece abbiamo dovuto aspettare gli anni Settanta del secolo scorso, e proprio grazie alle Daughters of Bilitis cominciò tutto, infatti da questo movimento americano scaturirono due correnti di pensiero: una parte di esse si concentrava sul femminismo, l’altra invece sui diritti LGBTQI+, ed è proprio grazie a quest’ultima fazione che la comunità acquistò sempre più visibilità-». Pampinea alzò una mano per interromperlo: «LGBTQI+?». Eliogabalo si lasciò scappare una piccola risatina, d’altronde quell’acronimo sembrava essere impossibile da ricordare e pronunciare per chiunque non fosse nella comunità. «Ogni letterina sta ad indicare un gruppo che la comunità accoglie: lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali… E il più sta ad indicare che di gruppi ce ne sono molti altri, in realtà». Pampinea si disse soddisfatta ed Eliogabalo aggiunse: «L’acronimo stesso è un prodotto degli anni Settanta: quando si da un nome infatti si da anche dignità e valore».
Pampinea aveva il lato destro della bocca rivolto verso l’alto: le piaceva vedere che il suo amico stava finalmente esternando quello che chiaramente era stato dentro di lui per troppo tempo. Gli chiese se avesse voglia di fare un giro e si rallegrò della risposta affermativa dell’amico, che afferrò sottobraccio per poi uscire dall’edificio, scoprendo una leggera pioggerellina. Camminavano piano e per un qualche minuti entrambi erano assorti nei propri pensieri, almeno fino a quando Pampinea vide che c’era l’arcobaleno. «Hey Elio, perché la vostra bandiera è arcobaleno?». Il ragazzo sospirò e, indicando in cielo, chiese: «Ti è venuto in mente quando hai visto quello, vero?». Pampinea annuì col capo ed entrambi scoppiarono in una risata. «Mi dispiace deluderti, amica mia, ma la nostra bandiera si rifà solo in parte all’arcobaleno che vedi in cielo: ognuno dei sei colori che la compongono rappresenta un valore della filosofia New Age, come spiritualità, natura, luce e così via». Pampinea chiese se anche quello fosse un frutto degli anni Settanta. «In effetti sì, la bandiera venne ideata e creata da Gilbert Baker, un artista americano, per il Pride di San Francisco nel 1978. originariamente aveva otto colori diversi, ma i costi per produrli erano troppo elevati, così si passò a sei». Pampinea sorrise e rivolse ancora una volta la sua attenzione all’arcobaleno ed Eliogabalo seguì il suo sguardo.
«Il Pride dev’essere bello» disse poi Pampinea, stiracchiandosi. Eliogabalo le dette ragione: «Sì, diciamo che è il mio strumento di lotta politica preferito. Venne istituto dopo i Moti di Stonewall del 1969, quando un gruppo di omosessuali decise di ribellarsi alle ingiustizie che la polizia di New York faceva loro subire ingiustamente. Da allora la manifestazione del Pride si diffuse in tutto il mondo». I due amici ripresero piano a camminare, costeggiando il parco cittadino.
«Non offenderti, Elio, ma… Lotta politica al Pride? Pensavo fosse una specie di parata un po’ goliardica». Eliogabalo sospirò, cercando per quanto fosse impossibile di non farsi sentire dall’amica, poi spiegò: «Più che una parata la definirei una marcia, una manifestazione che serve per guadagnare visibilità e portare l’opinione pubblica a considerare anche i problemi e le varie tematiche della comunità queer. Nel corso della Storia ci è tornata molto utile, ad esempio in seguito all’epidemia di HIV che dilagò nel corso degli anni ottanta e la cui diffusione venne attribuita agli omosessuali, durante la prima fase. Ecco, è in momenti storici come questo che i Pride torna utile, perché ci mostra per quello che siamo: persone che chiedono il diritto di essere liberi e quello di essere felici. Abbiamo fatto molti passi avanti, sai? Nel 1990 l’omosessualità venne definitivamente tolta dall’elenco delle malattie!». Pampinea si girò di scatto, «Era considerata una malattia?!», chiese, amaramente sorpresa. Il suo amico annuì piano. «Ci sono ancora adesso persone che credono che lo sia. Ci sono addirittura, in certe parti del mondo, delle terapie di conversione… Ti confinano per settimane in un luogo isolato a pregare e secondo loro torni “normale”».
Eliogabalo allungò il passo. Pampinea rimase un poco indietro, ad osservarlo mentre cercava goffamente di nascondere quanto quell’argomento lo toccasse; lo vide sedersi su una panchina e piano lo raggiunse. «Sai Elio, comincio a capire perché vuoi che tutto questo sia inserito nei libri di Storia». Eliogabalo la guardò. Sorrise.

Mariana Rosa

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