Avvocato da vent’anni e Assessore alla Cultura e all’Istruzione del Comune di Sondrio da dieci, Marina Cotelli è anche attuale Presidente di SondrioFestival. Prima ambasciatrice dell’importanza della cultura, è anche la principale figura legata alla riapertura del Teatro cittadino. In quest’intervista, le abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia e i suoi principali obiettivi, raggiunti e da raggiungere. Da una quadra generale sulla città a un approfondimento specifico su alcuni progetti culturali, chiudiamo questo mese unendo tutti i fili da noi lanciati, dal teatro alla politica, dall’omofobia alla mafia, in un’unica ragnatela. Grazie, buona lettura.
Qual è stata la sua esperienza? Come si è avvicinata alla politica e che cosa le hanno insegnato questi anni di militanza?
Alla passione per la politica mi sono avvicinata da giovane, alla politica attiva più tardi, negli anni 2006/2007, quando si stava compiendo il processo di “fusione a freddo” tra due partiti che avrebbe portato alla nascita del PD. In occasione delle elezioni comunali del 2008, insieme ad alcuni amici con i quali condividevamo l’idea che le tematiche ambientali dovessero essere parte del programma della nuova amministrazione, fondammo la Lista Civica Sondrio 2020, alla quale ancora appartengo.
L’incarico di assessore alla cultura e all’istruzione, per due mandati, mi ha dato modo di misurarmi concretamente con la città. E’ stata questa l’esperienza che mi ha reso davvero una cittadina; intensa sotto il profilo dell’impegno, ma anche dei rapporti umani. Ho imparato molto, anche di me stesa.
Un vero servizio civile che, lo ripeto spesso, tutti dovrebbero provare a svolgere, almeno per qualche tempo.
Lei è l’attuale Assessore alla Cultura della Comune di Sondrio. Fiore all’occhiello di questo suo quinquennio è stata la riapertura del teatro cittadino, il Teatro Sociale. Ci fa una panoramica generale sul Teatro, che spazi dal passato al futuro dello stesso?
Abbiamo voluto riprendere l’appellativo di Sociale per il Teatro, chiuso dal 2001, e restituito alla città nel 2015. E “sociali” lo erano davvero, questi teatri che tra Settecento e Ottocento cominciarono a punteggiare le città più periferiche d’Italia.
Erano sociali perché nascevano su impulso e grazie al contributo della meglio società dell’epoca, che si tassava per realizzarli e per avere un luogo di ritrovo, dove assistere a spettacoli, ma anche organizzare balli, partite di carte, incontri.
Anche la storia del Teatro di Sondrio nasce da questa esigenza, nel 1824, grazie a 26 “soci”, appartenenti alle famiglie più abbienti di Sondrio, che chiamarono l’archistar dell’epoca, Luigi Canonica. Il Teatro svolse egregiamente la propria funzione di centro culturale e sociale della città marciando al ritmo delle rappresentazioni che scandivano le stagioni, con vasto repertorio operistico, sinfonico e teatrale di rango nazionale, finché i palchettisti non si fermarono davanti al cinema, nuova passione di massa, e vendettero l’immobile al Cav. Celestino Pedretti che nel 1948, dopo una aggressiva ristrutturazione, riaprì il Cinema Teatro Pedretti alla città. Dal 1948 il Cine-Teatro ospitò rassegne liriche, musicali, teatrali, oltre a fungere ormai prevalentemente da sala cinematografica, sino alla chiusura per ragioni di sicurezza nel 2001 e alla ristrutturazione e riapertura, con il nuovo-vecchio nome di Teatro Sociale, nel settembre del 2015. E’ stata, ora lo si può dire, una scommessa vinta. La partecipazione e l’affetto che il Teatro riscuote sono il segno che si trattava di un bisogno reale. Le 4 stagioni (di prosa, sinfonica, cameristica e danza), oltre a tutti gli eventi collaterali di cartellone ora vedono il Teatro aperto un giorno ogni tre.
Recentemente, sul nostro sito, sono stati pubblicati due articoli a nostro avviso importanti. Uno il 17, sull’omofobia, e uno il 23, in memoria di Giovanni Falcone. Vuole darci la sua opinione circa questi due grandi temi, cioè l’integrazione e la mafia?
L’omofobia, che altro non è che paura sino alla persecuzione di ogni forma di diversità, dovrebbe appartenere a un tempo passato, a medioevi superati, quando il rispetto della persona umana non era, diciamo, tra le priorità esistenziali. Dovrebbe essere un tema di archeologia antropologica, se la cronaca non ci spingesse dentro storie di bullismo scolastico, di discriminazioni ed emarginazioni sociali che iniziano nei primi anni di vita, tanto da incrementare il rischio di suicidio negli adolescenti. La mia speranza è che gli orientamenti sessuali individuali diventino un non-tema, perché normalizzati. Come insegna la filosofia contemporanea, che si spinge ben oltre, fino a teorizzare la radicale sparizione della differenza sessuale, per cui non esistono i sessi e le sessualità, ma solo gli usi che si possono fare del corpo.
L’omicidio di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino e degli uomini delle loro scorte, 26 anni fa, è stato uno dei momenti più tragici della storia del nostro Paese, ma anche il punto di partenza di un processo di presa di coscienza e di riscatto collettivo e civile. Da quel giorno si è levato un NO così forte che il compromesso morale, l’indifferenza, la contiguità e la complicità (sono parole di Borsellino) hanno avuto vita meno comoda.
A proposito di integrazione: l’uscente amministrazione ha decisamente cambiato marcia circa il suo quartiere (considerato) più degradato, la Piastra, investendo moltissimo su tante innovazioni che verranno realizzate nella nuova amministrazione. Vuole darci qualche anticipazione?
La Piastra – o, meglio, il quartiere sud-ovest della città, sarà oggetto di importanti interventi di riqualificazione urbana, edilizia e di innovazione socio-economica, grazie ai fondi che il Comune ha reperito sul cosiddetto “Bando delle periferie” per circa 17 milioni di Euro.
Sono previsti numerosi interventi di riqualificazione degli edifici dell’ALER, di creazione di nuovi spazi verdi, di posizionamento di un sistema di videosorveglianza, di una nuova illuminazione, di ristrutturazione della scuola per l’infanzia di Via Gianoli, di realizzazione del ponte di collegamento con il Parco Adda Mallero…
A questi si affiancheranno interventi di carattere culturale e socio economico, con sviluppo dell’imprenditoria giovanile tramite la creazione di spazi per il co-working presso Politec, che troverà nuova sede nell’edificio della Piastra, e progetti di animazione di quartiere e di coordinamento di iniziative sportive e socioculturali.
A questo proposito, direi di chiudere quest’intervista parlando un po’ di teatro. Fiore all’occhiello di tutte le attività di integrazione in città è il progetto Teatro Incontro – di cui ci ha già esaustivamente parlato Mira nella sua intervista – sorto proprio in quel quartiere con fini di integrazione e ora invitato a Festival Nazionali di Teatro. Vuole fare una riflessione su questo progetto? E potremmo vederlo come una speranza per il futuro per quel che riguarda i giovani? O al contrario dobbiamo prendere atto che sia una realtà isolata e difficilmente ripetibile?
Teatro Incontro rappresenta la più ampia e permanente espressione di un progetto di educazione al teatro di rilevanza provinciale, capace di coinvolgere centinaia di studenti delle scuole superiori e capace di stimolare altre reti di promozione del teatro.
L’innesto di Teatro Incontro all’interno delle scuole, l’adesione da parte di docenti referenti, la passione individuale dei singoli ha stimolato, infatti, anche la rete del Centro di Promozione del Teatro Pedagogico, e ha ottenuto il sostegno, anche in termini economici, di enti pubblici e privati.
La funzione educativa e inclusiva della pratica del teatro è dunque stata riconosciuta ad ogni livello, quindi Teatro Incontro non si può considerare un’esperienza isolata, ma un progetto e un modello da salvaguardare.
Bottega di idee