Eccoci con la terza e ultima riflessione ispirata a Schopenhauer. Come già nel primo e nel secondo articolo, Federico prosegue la propria riflessione sulla vita, giungendo alla conclusione che solo attraverso la sofferenza l’uomo possa elevarsi all’essere.
Con un po’ di cortesia e amorevolezza si possono rendere compiacenti e gentili persino gli uomini caparbi e ostili. La cortesia è quindi per l’uomo ciò che il calore è per la cera. – A. Schopenhauer
- Arguire la mutevolezza della vita equivale al coglierne la profondità. Per cogliere tale mutevolezza, però, la soluzione è una sola: rimanere, staticamente, al di fuori di essa.
- Uscire da quella giostra che chiamiamo vita è l’unico modo per coglierne la sua ciclicità.
- Se tutto ritorna, nulla è mai stato. E, soprattutto, nulla mai sarà.
- Temporalesche nebbie offuscano la mente dei più; solari chiarori adornano l’astrazione dei meno. Ma è solo il genio a essere del tutto privato da ogni influenza.
- Come un filo in un garbuglio inestricabile: questo è l’essere umano. È quindi a ragion veduta che si può affermare che recidendo i propri legami con gli altri, si ferisca anzitutto se stessi.
- Da ogni ferita sanguinante, per ogni colpo inferto, sgorga linfa vitale: è per questa concezione, quindi, che la sofferenza non solo acquista senso nella vita, ma la incarna essa stessa.
- Affermare che la vita sia sofferenza è il modo più gioioso per viverla e quello più difficile per giustificarla.
- Godere d’ogni lacrima, analizzare ogni sorriso, liberarsi da ogni eccesso: questa è la via per diventare esseri, non solo miseri umani.
- Sentirsi angosciati dalla saggezza altrui significa riconoscerne la grandezza.
- È con gentilezza e morbidezza che l’essere deve sconfiggere l’umano, negando la propria natura di goffo elefante e librandosi nell’aria come elegante farfalla.
Federico