Dopo le prime tre sentenze su Schopenhauer, Federico, ispirandosi alle parole del filosofo danese Kierkegaard, ci invita a riflettere sul rapporto tra l’uomo e la verità, portandoci alla conclusione che l’anima stessa è, davanti alla sofferenza, nuda.
“La verità è un segreto che il morente porta con sé.” – Søren Kierkegaard
- È nella liberazione dell’essere che l’uomo può stringersi attorno al proprio misero sé.
- Trascinante come il moto delle onde, stordente come il loro suono, splendido come il loro susseguirsi: così è l’uomo privo di desideri.
- Fango dinanzi a stelle, letame opposto a fragranza: l’umano può scoprirsi solo nella propria miseria.
- È quando giunge la senilità che la verità si mostra, vergine.
- Sarta dell’anima, infermiera del corpo, chiromante del futuro: in tal modo appare, all’asceta, la filosofia.
- Nella precarietà sta l’equilibrio, nella disarmonia dimora la saggezza.
- In punto di morte si presenta davvero la progenie: solo dalla scomparsa può generarsi la discendenza.
- Capire equivale a scoprire. Ma per disvelare un mistero è necessario che questo cessi.
- Ragionare, distruggere, creare: tre verbi, un solo significato.
- L’autolesionista non è altro che un innamorato inconsapevole: vedersi sanguinare significa contemplarsi nella propria nudità. Come tutti gli inconsapevoli, però, non se rende conto della propria preziosità, e finisce per graffiarla.
Federico