Oggi Francesca, attraverso riferimenti cinematografici e letterari, ci parla del vento (fotografato per noi da Alessia), elemento che esiste solo grazie a continui cambiamenti e movimenti delle Terra.
A quel piccolo angelo biondo che ha deciso di tornare a fluttuare nel vento
“Le vent se leve, il faut tenter de vivre”Si alza il vento, bisogna tentare di vivere.
Di vento parla Hayao Miyazaki. Forse ve lo ricorderete, il regista giapponese già menzionato in Aria, il cui ultimo film, “Si alza il vento” racconta della vita di un progettista di aerei, Jiro Zoirushi. Jiro disegna aerei in un’epoca complicata, quella che precede la seconda guerra mondiale, in cui il suo desiderio di progettare semplicemente bei macchinari si scontra con l’evidenza che quei macchinari verranno utilizzati in guerra. In parallelo alla carriera come ingegnere si dipana la storia d’amore con Naoko, che diventerà sua moglie. Ma Naoko si ammala di tubercolosi, e allora la scelta di Jiro diventa tra dedicarsi all’amata e e dedicarsi ai suoi amati aerei. Il primo incontro tra Jiro e Naoko avviene per caso, quando a lei per il vento sfugge il cappello e lui lo afferra al volo. Mentre glielo rende, le recita questo verso:
“Si alza il vento, bisogna tentare di vivere”.
Di vento parla anche, di sfuggita, Paul Valery, l’autore di quelle bellissime parole. Lui è un poeta francese di poco più di un secolo fa, e in questa sua poesia racconta di un cimitero vicino al mare e di tutta la natura che lo abita. Nell’ultima strofa c’è un verso, questo, che colpisce per quanto è breve e completo allo stesso tempo, che anche da solo spicca nella sua esattezza.
Non dice, bisogna vivere, e neanche, tentiamo di vivere, neppure, il più ambizioso, viviamo. Semplice, piano, umile ma necessario. Ed è un pensiero che nasce in lui quando si alza il vento.
Così accade a Jiro, così accade a Valery, e così, inconsapevolmente, accade anche a noi. Il vento che si alza ha qualcosa di simile alla vita che continua, al sole che sorge: incoraggia a cominciare qualcosa. O almeno a provarci.
Di vento c’è una definizione precisa, quella che si studia durante le ore di geografia e scienze. I venti sono masse d’aria che si spostano sulla superficie terrestre da zone di pressione maggiore a zone di pressione minore.
Ma perché questo movimento di masse d’aria significa tanto per noi?
Azzardo un’ipotesi: perché in questo movimento noi identifichiamo i nostri stessi cambiamenti, le nostre stesse partenze verso l’ignoto. Lungi dal significare incostanza o scarsa solidità, questi continui spostamenti sono spesso necessari per la vita- sia della natura sia nostra.
Il vento si sposta, e sostandosi, trasporta. Il polline che vola da un fiore all’altro, il cappello di Naoko che vola nelle mani di Jiro. Gli stormi di uccelli che lo sfruttano durante le migrazioni, per muoversi più velocemente.
Noi uomini poi abbiamo costruito tutta una serie di veicoli basati sul muoversi del vento, dalla barca a vela ai primi aerei. Perché in questo spostarsi c’è qualcosa di essenzialmente vitale. Non a caso il vento è anche una delle più importanti fonti di energia. Dico più importanti perché, anche se produce meno del petrolio e la sua presenza non è sempre garantita, molte delle attuali forme di energia (tra cui il petrolio), essendo non rinnovabili, sono destinate ad esaurirsi, mentre il vento si alzerà ancora.
La cosa bella è che il vento di per sé non esiste affatto. Se il mondo fosse magicamente immobilizzato, la terra, il sole e l’aria rimarrebbero, ma il vento cesserebbe di essere. Perché per vento non si intende una cosa, ma un cambiamento- e diventa così l’emblema di una natura che cambia ogni secondo, che non rimane mai ferma, senza che questa non-fermezza diventi motivo di fragilità.
Anzi, dimostra vitalità.
Dimostra vita.
Forse per questo, vedendo il vento che si alza verso regioni remote del cielo, qualcosa si alza anche in noi, e si trova l’energia per tentare di vivere.
Perché,
“Le vent se leve, il faut tenter de vivre”
Francesca