Apparentemente dal nulla, una donna di nome Maria si è ritrovata incinta: sulla scia del primo episodio di “Natale in Camporella“, il racconto prosegue. In molti si proporranno come padre, fra cui quell’Erode ritratto nel disegno del nostro nuovo componente, ma il fitto alone di mistero a cui l’articolo di ieri ci aveva introdotto non sembra volersi diradare.
Ognuno aveva idee diverse su come fare a scoprire chi fosse il padre del bambino. C’era chi sosteneva che innanzitutto si dovessero escludere quelli fuori dalla fascia di età della ragazza – e già lì se ne andava una bella fetta – per poi, accostando uno a uno i ragazzi alla giovane, individuare quale delle coppie risultasse a prima vista la più naturale. Questa proposta fu però subito bocciata dalle fasce di età escluse dalla selezione. Bisogna dire, infatti, che Maria era proprio una bella fanciulla e, sotto sotto, ciascuno voleva farle da compagno. C’era chi proponeva di far scegliere alla ragazza, ma a ciò si opposero coloro che sapevano di essere esplicitamente brutti, sostenendo che una creatura tanto dolce non avrebbe mai potuto scegliere il suo uomo solo per il mero aspetto. Andava considerata – sostenevano – anche tutta la sfera caratteriale su cui si fonda poi una vera relazione, durevole nel tempo, stabile e matura. In qualunque modo rigirassero il problema era impossibile arrivare un punto su cui fossero tutti d’accordo. Stavano quasi per organizzare delle gare di abilità – da cui ne sarebbe uscito vincitore, padre o non padre, l’uomo più adatto per restare accanto alla ragazza – quando, tra la folla, si fece avanti un pretendente.
Erode – questo era il suo nome – sosteneva di essere il vero padre. Erode era un uomo piccolino con una coroncina in testa, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che adempiere al suo ruolo – stare seduto sulla sua enorme sedia. Maria gli piaceva proprio tanto e non poteva permettere di farsi scappare così quell’occasione. Ovviamente nessuno gli credette, ma lui sostenne di poterlo addirittura provare, e per giunta di ricordarsi tutto l’accaduto. Così, la gente, un po’ per scherzo e un po’ per curiosità, lo lasciò parlare. Erode raccontò che, una sera agli inizi di marzo, quando la neve già se ne stava andando, stava andando a fare visita a un suo amico che abitava di là dal fiume. Passando vicino alla locanda vide tre brutti ceffi che importunavano in malo modo una giovane ragazza. Avvicinandosi, si rese conto che i tre uomini non la lasciavano andare. Intervenne quindi con coraggio e ne accecò due lanciando un po’ di pigne dalla distanza, mentre il terzo lo schiacciò scagliandogli contro un enorme tronco di un pino. E’ così che liberò la ragazza dagli oppressori e la riaccompagnò fin di fronte alla porta di casa. Lei ne fu estremamente grata, e chiese al suo eroe di poterlo rivedere. Incominciarono quindi a frequentarsi nei boschi, lontani da occhi indiscreti. Si incontrarono sempre più spesso fino a che, inevitabilmente, l’amore sbocciò. Una sera, al tramonto, verso la fine del mese, lei lo accompagnò in una radura poco lontana, dove, sotto ad un noce, dettero sfogo alla passione che ormai da tempo ardeva nei loro occhi. Erode ammise che fosse stata proprio la migliore camporella della sua vita. Finito di raccontare, per provare la veridicità del tutto, estrasse un piccolo fazzoletto di stoffa. Aveva dei semplici e graziosi ricami tutto intorno e, in un angolo, vi era scritto “MARIA”, in belle lettere maiuscole. Glielo aveva lasciato lei quella notte, come pegno d’amore. Accompagnò allora tutti a vedere la radura e, in effetti, lì cresceva un bel grosso noce. Maria, arrivando nel posto riconobbe dentro di sé come di esserci già stata – gli sembrava il luogo di un sogno. Ma non lo disse a nessuno, perché quell’Erode non gli piaceva proprio, e lui stava già quasi riuscendo a convincere qualcuno. I pensieri di Maria furono interrotti dalle urla di un bambino che vivacemente esortò tutti quanti a guardare in cima a un abete. Si alzò un coro di stupore e meraviglia.
Un uomo, alto, biondo, tutto vestito di bianco era in equilibrio su un ramo, sembrava quasi brillare di luce propria. Era su, fermo e immobile, così fu mandato il bambino a “sbloccarlo”. Appena toccato, l’uomo perse l’equilibrio e cadde rovinosamente a terra tra le risa di tutti. Come era prevedibile non si ricordava niente, ma sosteneva di essere un messaggero. Aveva un viso familiare per Maria, come un vecchio amico cresciuto che si fatica a riconoscere, e gli piaceva anche un po’. La questione di Erode era stata presa seriamente e molti si stavano chiedendo se la sua storia potesse essere vera – d’altronde il luogo era confermato, le date coincidevano e c‘era pure il fazzoletto. Qualcosa però non quadrava, chi poteva dimostrare che quel piccolo panno fosse veramente di Maria? Il cognome non era scritto… Erode fece allora semplicemente riconoscere che di Marie ce ne erano sole tre, ed entrambe le altre avevano già il loro fazzoletto. Entrò in crisi solo quando gli chiesero come mai solo lui tra tutti si ricordasse del passato. Non sapeva proprio come rispondere. L’idea della camporella gli era nata quella mattina quando proprio in quella radura trovò quel pezzo di stoffa. Ma non si era mica accorto del biondone sull’abete e la comunità, grazie a quella strana coincidenza, cominciò allora a dubitare fortemente della sua storia e a invece farsi domande sul bel fusto trovato sull’albero. Fu così che Maria riebbe il suo fazzoletto ed Erode restò comunque nella lista dei “sospettati”. Tornati indietro, una bambina ebbe con una magnifica idea. Se è vero che i figli assomigliano ai genitori, allora non bastava far altro che aspettare la nascita del fanciullo e, una volta nato, confrontarlo con tutti gli uomini. L’idea piacque veramente tanto, e un barlume di speranza si illuminò nei cuori dei brutti e dei vecchi. Nei giorni successivi fervevano i preparativi, in quello che era diventato a tutti gli effetti un villaggio. L’attesa era snervante. C’era chi si era messo a fare piccoli vestitini per il bebè, chi piccole bavagline o piccole scarpine. Ognuno voleva contribuire come poteva con un dono. Giuseppe si rese a completa disposizione per costruire la culla e assistere Maria in ogni cosa. Furono sistemati nella grotta della piazza centrale, così da permettere il raccoglimento di tutta la grande folla.
E quel momento tanto atteso, finalmente, arrivò: una notte, nel bel mezzo di una nevicata, il dolce suono della neve fu interrotto dal vagito del neonato. Il figlio di Maria era arrivato.
Carlo