Rabbia

Su come arrabbiarsi rimanendo calmi

Su una cosa siamo tutti d’accordo: con la rabbia non si dialoga. Crediamo nella lotta rabbia vs. calma, percepiamo una dicotomia tra queste due emozioni, preferendo quasi sempre la seconda. Tuttavia questo elogio della calma a tutti i costi rischia di diventare più una trappola che una soluzione.

Di rabbia non si smette di discutere. Qualche mese fa sul New York Times un articolo dal titolo: I Used to Insist I Didn’t Get Angry. Not Anymore. La scrittrice Leslie Jamison vi presenta una sua riflessione atipica e dirompente su una branca della rabbia, cioè la rabbia femminilePochi giorni fa era la giornata della donna. Se c’è un aggettivo che si adatta poco all’ideale diffuso di donna, di sicuro è: arrabbiata. Se c’è un comportamento che le donne devono mantenere è proprio la calma. In altre parole, la rabbia è molto più socialmente accettata se proveniente da un uomo e molto più facilmente derubricata a isteria se femminile. In questo scenario, la calma che si chiede di mantenere alle donne è sostanzialmente derivata dalla mancata espressione del proprio risentimento, frutto cioè di repressione. Solo che la repressione di rado funziona, e finisce per generare mostri peggiori di quelli che vorrebbe contenere. Questo è un periodo in cui, oltre al problema sempre urgente dei femminicidi, si aggiungono dei tentativi di restringere i diritti femminili che sembrano portarci indietro di decenni. E se io mi sento arrabbiata per questo, mi sbaglio o no? Insomma, come posso rimarcare il confine tra calma e acquiescenza?
E qui si potrebbe obiettare: la Jamison stava parlando solo di rabbia femminile, giusto? Perché dovremmo occuparcene, e preoccuparcene? Perché evidenzia un problema chiave: per quanto la rabbia possa non piacerci, di rado è un atteggiamento vuoto, ma di solito serve ad evidenziare qualcosa. Come una boa, come la punta dell’iceberg.
Inoltre, nell’articolo la rabbia femminile è rivendicazioni di diritti e di considerazione da parte di una categoria che purtroppo è ancora socialmente più svantaggiata degli uomini. Insomma, rabbia di chi è più debole. Mentre di solito siamo abituati ad associare questa emozione a categorie forti e a legittimarla proprio in base della forza che la persone esprime.
La rabbia di chi è al potere può essere anche non accettata, quella di chi ne è al di fuori è temuta e non considerata. La differenza è che la prima tende a mantenere le gerarchie esistenti, la seconda a rovesciarle. Per esempio, l’ira dell’imperatore romano Nerone poteva portare a uccisioni e punizioni sui suoi sottoposti e quindi a rafforzare il suo potere, l’indignazione del popolo francese di fine settecento portò a rovesciare la Bastiglia.
Dietro la rabbia dunque potrebbero esserci ingiustizie, divieti insensati, scenari sbagliati che si vorrebbero, giustamente, cambiare. E ignorare tutto questo scenari significherebbe essere ciechi, e non essere calmi. La rabbia, in questo senso, potrebbe essere un viatico per aprire gli occhi.
Però, prima di continuare, devo ammettere che un’altra cosa mi ha colpito nelle parole della Jamison: la sua straordinaria proprietà lessicale, la sua complessità di pensiero, la sua assoluta mancanza di insulti o di espressioni insultanti nei confronti di chi mirava a confutare. Niente violenza, niente aggressività inutile. Il testo spirava indignazione e aveva una forza intrinseca che saltava agli occhi e ti si imprimeva in mente, e nondimeno era argomentato razionalmente, chiaro nella sua esposizione, preciso nella sua tesi. Cos’è riuscita a fare perfettamente? Prendere un’emozione nella sua intensità originaria, passarla per il filtro del ragionamento non per sciuparla ma per comprenderla e infine restituirla intatta nella sua forza e chiara nelle sue motivazioni. In altre parole, ha dialogato con la sua rabbia.
Forse dovremmo rivalutare la nostra idea di calma. Non in antitesi con la rabbia, ma in sintesi con essa. Forse sarebbe il caso di lasciare degli spazi per legittimare la rabbia al fine di comprenderne il senso (o anche, se necessario, l’insensatezza). Forse il mito della calma a tutti i costi finisce per farci dimenticare tutto il risentimento che resta al di fuori della serenità di pochi. Perché questo risentimento è veramente tanto.
In un momento in cui la rabbia sta diventando un veicolo politico più rilevante del dialogo razionale, non sarebbe male lasciare degli spazi per unire le due cose. Potrebbe essere l’inizio di una piccola rivoluzione.
Francesca

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