Tre fiammiferi di perfezione
Ho la penna in mano, il quadernino è aperto.
Solitamente, per non dimenticare nulla, prima degli spettacoli estraggo il quadernino e la penna, pronto ad appuntare qualcosa su cui fare perno per scrivere la mia recensione. Così era accaduto per Sogno di una notte di mezza estate e Un quaderno per l’inverno, e così avevo iniziato a fare con I ragazzi che si amano, di e con Gabriele Lavia, in scena all’Elfo Puccini di Milano dal 7 al 12 maggio. Ma subito o quasi mi sono reso conto che ciò non sarebbe stato possibile. La scena, l’attore, le parole, i movimenti, catturavano del tutto la mia attenzione, impedendomi di cercare di analizzare ed enucleare ogni dettaglio dallo spettacolo, e colpendo dritto al cuore, spingendomi sempre più verso una commozione dalla quale, dopo una lunga lotta interiore, mi sono fatto vincere.
Alternando momenti di ampia interlocuzione e scherno con il pubblico a scene patetiche (in senso greco, ovviamente), Lavia ripercorre vita, fatiche e scritti del Prévert che più di tanti altri poeti “ci somiglia”, perché questi – per citare lo stesso Lavia – “è come noi e noi siamo ed eravamo come lui”. E da una non tanto semplice riflessione su les enfants qui s’aiment (tradotto con “i ragazzi si amano” quando in realtà enfants vorrebbe dire “bambini”) sino alla chiosa musicale, Lavia ci conduce virgilianamente in un percorso filosofico, letterario e artistico di altissimo livello, che tange tanto Magritte quanto Presley, tanto Picasso quanto i Beatles, per giungere a Heidegger, Sartre o a Hopper. Un percorso che non dimentica l’intima essenza del poeta ma anzi la rilancia, rileggendola sotto nuova veste: non solo, insomma, ricorda le storiche Gauloises (le sigarette tanto amate da Prévert), ma ci fornisce un’interpretazione nuova e originale de I ragazzi che si amano, trattandola non tanto come poesia d’amore quanto piuttosto come poesia del sapere: “i ragazzi che si amano sono in un altrove; per quanto riguarda l’universo di Prévert si tratta di una realtà post platonica, in cui gli uomini vivono in un luogo delle ombre tipico della dimensione della caverna e al contrario i ragazzi che si amano stanno dove c’è la luce sconosciuta fuori dalla caverna”, sostiene Lavia.
L’amore a cui indirettamente ci indirizza il Prévert evocato da Lavia è un amore che ci attraversa (perché, per usare di nuovo le parole dell’autore dello spettacolo, “essere uomo significa essere attraversato dall’amore”) e che, proprio per questo, ci sensibilizza, non facendocelo considerare solo in ottica singola ma anche collettiva: in un messaggio non dissimile dal humani nihil a me alienum puto terenziano, c’è anche occasione per parlare anche di Karl Jaspers e del suo “uomo abbracciante”, sempre accogliente nei confronti del prossimo e del diverso.
E’ così, dunque, con un testo inaspettato e teatralmente inusuale e un’interpretazione commovente, che Lavia ci presenta il suo Jacques Prévert, il Prévert dei “tre fiammiferi” come il Prévert “della caverna”, quello più tradizionale con quello meno conosciuto. Ed è così che la sua interpretazione si conclude: con una perfetta commistione tra originalità e purezza, tra rielaborazione personale e superba tecnica teatrale.
Sento qualcosa rigarmi una guancia. E’ una lacrima. Spontanea, irriflessa, inevitabile.
Gli occhi mi si abbassano istintivamente. La penna è ancora lì, incastrata tra la mia mano e il quadernino.
La lascio scivolare e avvicino la mano sinistra alla destra.
Mi alzo in piedi e, insieme a tutto il pubblico, rendo omaggio a Gabriele Lavia e al suo, meraviglioso, Jacques Prévert.
Teatro Elfo Puccini
dal 7 al 12 maggio 2019
I ragazzi che si amano
da Jacques Prévertdi e con
Gabriele Laviamusiche Giordano Corapi
produzione Teatro della Toscana
Federico