Con l’articolo di oggi si aprono una serie di testimonianze di viaggi all’estero: di seguito, Carlo Mazzoleni ci racconta della sua esperienza in Nepal, già pubblicata nell’Annuario C.A.I della sezione di Morbegno, che ripubblichiamo in esclusiva.
A furia di picchiare la testa sul tettuccio della jeep senza sospensioni che arranca sulla pista, attraverso la foresta, verso le montagne, ho il cranio che assomiglia a un modellino in scala della catena himalayana. D’altronde qui in Nepal le strade asfaltate sono pochissime e in condizioni terribili! Non vedo l’ora di scendere dall’auto e cominciare a camminare, camminare lontano dalle auto e dal loro smog nero, frutto di un carburatore scavezzato che tenta di bruciare nafta.

L’idea di compiere questo viaggio nelle terre più alte e selvagge del pianeta è maturata nel corso dell’estate, quando, terminata la maturità, mi sono lasciato coinvolgere dai progetti dell’amico e capo rifugista Claudio, veterano di questo tipo di avventure. Quale migliore modo per investire la moneta guadagnata durante le brevi parentesi estive degli ultimi anni? Bisognava fare il pieno di montagna prima di cominciare la nuova avventura scolastica nella bassa pianura emiliana. Così dopo folli spese per attrezzatura adatta ai luoghi inospitali e per i permessi governativi per raggiungerli, pernottamenti forzati in gelidi aeroporti arabi, due lunghi giorni a vagare per la confusionaria, ma affascinante Kathmandu, e otto ore su quella terribile jeep, finalmente iniziamo il nostro viaggio oltre le frontiere del nostro mondo di plastica, verso il regno dove domina la natura e gli uomini vivono in pace con essa e con se stessi.
Il nostro trekking si è diviso due parti: il Manaslu circuit, nella prima settimana, poi collegato con il round Annapurna nella seconda parte, per un totale di 16 giorni di intenso cammino, lungo un percorso che generalmente le agenzie vendono per non meno di 30-35 giorni. L’ottimo gruppo era composto da Claudio e Gabriele di Villa di Tirano, Fabio di Colico, Nima e Jandu, due amici e guide di origine sherpa e i due fortissimi portatori Sethe e Dorche, oltre che da me.

La regione del Manaslu, nel distretto di Gorkha, colpisce per la sua incontaminatezza, per la lontananza più assoluta dal mondo occidentale, essendo una regione assai poco frequentata dai turisti e ancora non raggiunta nemmeno dalle strade più audaci. Bisogna davvero avere uno spirito di adattamento e una personalità spiccatamente selvatica per affrontare il percorso, che si snoda in una valle che offre panorami mozzafiato, sia alle basse quote, quando le imponenti pareti ghiacciate fanno capolino dagli squarci della foresta tropicale, sia nelle terre alte, quando le lunghe lingue glaciali che scendono dall’immenso massiccio del Manaslu, ottava montagna del mondo con i suoi 8163m, arrivano quasi a lambire il sentiero. Per quanto riguarda pasti e pernottamenti si è “costretti” a negoziare l’ospitalità dei generosi abitanti del luogo, per avere un materassino in una gelida stanza e un piatto di dal bhat (riso con curry di verdure) da consumare velocemente, stretti intorno al fuoco insieme agli anziani del caseggiato, del tutto ignari dell’esistenza di altre lingue oltre al loro dialetto.

Questa parte estremamente suggestiva ed emozionante del viaggio si conclude con il superamento del Larkya pass, 5200m, in una gelida ma limpidissima giornata, il successivo innesto lungo il percorso dell’Annapurna round, il più frequentato trekking nepalese. È un totale cambio di prospettiva: guest houses dotate di camerette private, acqua (semi) calda, cucina occidentale e tanti, tanti turisti. Ciononostante l’entusiasmo è sempre alto e si procede con il solito, alto ritmo, verso la grande avventura che avevamo progettato: il Chulu west peak, 6430m; per me sarebbe stato solo un tentativo, nessun obiettivo preciso, ma l’intenzione era di provare a mettere un piede a 6000m. Certo, si faceva sentire una certa pressione e apprensione, ma tutto fu tacitato quando la mattina in cui avevamo progettato di salire al campo base ci siamo svegliati sotto un’abbondante nevicata, accolta dal sottoscritto con un misto di delusione e sollievo. Dopo un rapido consulto il progetto vetta è stato abbandonato e si è scelto di seguire il percorso turistico attraverso il Thorong pass, a 5416m, che porta nella vasta e desertica regione del Mustang, e quindi verso la fine delle nostre fatiche.
Una tranquilla gita a Poon Hill (2000m di dislivello in giornata) per ammirare la strepitosa alba sull’Annapurna, e quattro giorni di completo relax nella ridente cittadina lacustre di Pokhara, hanno concluso un’avventura davvero emozionante tanto per i grandiosi panorami sulle vette più alte del mondo, quanto per la nuova dimensione in cui ci si tuffa, lontani una settimana di cammino da strade con automobili, da televisioni, telefonini, business selvaggio.
Esperienze di questo genere aiutano a ritrovare se stessi, a riflettere sulle cose importanti della vita, ad affrontare la vita di ogni giorno con un altro spirito.
Carlo Mazzoleni