Ačiū, Lietuva

Bianca Chiabrando, classe 1999, è una giovane scrittrice. Collabora con la casa editrice Mondadori, per cui ha pubblicato Il caso 3aD (2015) e A noi due, prof (2016). In questo articolo condivide con noi le impressioni e i pensieri raccolti durante il suo recente viaggio in Lituania.

Qualche mese fa il mio ragazzo mi ha colto di sorpresa annunciandomi di essere stato invitato a partecipare ad un Festival musicale in Lituania. Ho subito accettato di buon grado la sua richiesta di accompagnarlo, felice di potermi estraniare dalle scadenze universitarie e dalla primavera milanese, quest’anno così piovosa. La mia coscienza riguardo a questo paese risultava desertica. Il massimo che sono riuscita a ricordare, ripensando alla geografia studiata alle medie, è stato che è uno dei tre paesi baltici, quelli che gli studenti durante le interrogazioni pronunciano tutti d’un fiato: Estonialettonialituania. Con un po’ di fatica, sono riuscita a ripescare scavando nei polverosi seminterrati della mia memoria, anche il nome della sua capitale: Vilnius. Ho deciso allora di svolgere una breve ricerca sulle abitudini culinarie di questo paese a me sconosciuto. Il piatto tipico che la Lituania propone orgogliosamente porta il nome di cepelinai, che riprende l’inglese zeppelin. La forma è proprio quella di un dirigibile: si tratta di una patata lessa e collosa farcita con una mestolata di ragù di carne e condita con la panna acida — che poi avrei scoperto essere il loro ingrediente preferito per accompagnare qualsiasi pietanza. Senza pormi ulteriori domande, quindi, sono salita insieme a Ricky, il mio ragazzo, sul volo che ci avrebbe portati a Vilnius, Lituania, in poco meno di tre ore. All’aeroporto ci attendevano Gabrielė e Danielė, i cui nomi vi trarranno sicuramente in inganno, facendovi pensare a due energumeni del Nord Europa. Dovete sapere però che in Lituania i nomi che finiscono con quella strana “e” sormontata da puntino sono femminili, e infatti, ad accoglierci, ecco due dolcissime ragazze. Appena ci hanno visti sbucare agli Arrivi Internazionali hanno sventolato sorridendo un paio di braccialetti coi colori della loro bandiera: giallo, verde e rosso.

Centro storico
Uno scatto del centro storico

Il nostro appartamento si affacciava sulla strada principale della Sienamestis, la città vecchia. Vilnius è un curioso collage di svariate culture. La prima impressione è quella di trovarsi in una piccola cittadina della Germania del Nord. Casette a schiera color pastello poste sui lati di un lungo passaggio pedonale. Poi, pochi metri più avanti, nella piazza che circonda la Cattedrale di San Stanislao e San Vladislao, mi sembrava di essere stata catapultata a San Pietroburgo. Edifici candidi, altissimi e solenni in stile neoclassico. Tutti, intorno a me, viaggiavano a bordo di silenziosi e velocissimi monopattini elettrici a noleggio. Per integrarci meglio con la popolazione e vivere un’esperienza da veri lituani, abbiamo deciso di noleggiarne un paio anche noi. Inutile soffermarmi sulla loro praticità e comodità: abbiamo sfruttato al massimo le poche ore che avevamo a disposizione per visitare Vilnius, sfrecciando come matti da una piazza all’altra.

MOMA1
Questo scatto, raffigurante le mani di un gorilla, è uno dei tanti esempi di quanto Bianca ha visto al Museo Mo.

Abbiamo avuto persino il tempo di visitare il Mo, il museo di arti moderne, che ci ha stupito con le sue gigantesche installazioni, quadri decisamente singolari e persino un’esperienza di realtà virtuale che metteva il visitatore nei panni di un suino che è in procinto di essere mandato al macello. Per quest’ultima attrazione c’era una lunga coda che che mi ha dissuaso dal partecipare in prima persona, e devo dire che la cosa non mi è dispiaciuta. Nel tardo pomeriggio ci siamo messi in viaggio per la città in cui si sarebbe svolto il Festival di Alytus. Durante il viaggio ho avuto il piacere di ascoltare a lungo le conversazioni in lingua lituana delle nostre accompagnatrici, le ballerine Judita e Kamilė.

Il lituano ricorda solo lontanamente il russo, lingua che ormai i giovani imparano con reticenza per comprensibili ragioni politiche, ma che i più anziani parlano perfettamente. I discorsi hanno una cadenza molto soave che si discosta dai toni decisi dell’Est Europa. La caratteristica che rende la lingua lituana così singolare è il fatto che sia tra gli idiomi più simili al protoindoeuropeo esistenti al mondo. Basti notare la chiara correlazione della parola uomo, vyras, con il latino vir. Ben sette casi, una grammatica molto complessa, e suoni che richiamano direttamente la lingua hindi. Stupefacente, se facciamo caso al fatto che la Lituania e l’India distano esattamente 5000 km l’una dall’altra. L’unica nota dolente del mio viaggio, nel senso letterale della parola, è stata una passeggiata in monopattino elettrico sulle rive del fiume Nemunas, sovrastato da uno dei ponti più alti d’Europa, il Kaniūkų Tiltas. Il panorama era veramente spettacolare, la mia performance sul monopattino lo è stata un po’ meno: sono caduta rovinosamente per colpa della mia incapacità di imboccare una curva in leggera pendenza, strappando sul ginocchio il mio unico paio di jeans rimasto in valigia. Sono partita per la Lituania convinta di conoscere sufficientemente il mondo che mi circonda grazie ai libri che ho letto, gli articoli sui giornale, il cinema e Internet. Però vedere le cose da vicino, viverle, vale più di tutte le informazioni raccolte grazie ai nostri potenti, ma non così potenti, mezzi. Per questo mi sento di dire ačiū, Lietuva, (grazie, Lituania) per avermi fatto riscoprire l’importanza di vedere il mondo con i miei occhi, e non attraverso lo schermo del mio computer o le pagine di un libro.

Bianca Chiabrando

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