Trasferimenti e considerazioni
Lo spazio non mi preoccupava. A differenza del tempo, lo spazio non si muove, esso rimane fermo: rappresenta una promessa di stabilità, un punto di riferimento per i nostri movimenti. A differenza del tempo, posso vivere senza pensarci. E ne sono rimasta convinta, almeno fino a che non sono partita per Londra.
La consapevolezza comincia con qualcosa di piccolo. Una sola valigia a contenere tutto quello che vorresti portare via, una stanza nuova con un armadio senza porta. Tuttavia queste sono inezie, facili da dimenticare una volta fuori di casa. Fuori, ecco la vera sfida: strade che non riconosci, Google Maps perennemente acceso, la costante sensazione di essere per metà turista e per metà intruso. E, ancora di più, l’irrealtà di tutto quello che ti circonda. All’inizio, essere in un luogo sconosciuto significa leggerezza: i tuoi soliti pensieri non hanno immagini e ricordi a cui ancorarsi, allora perdono peso e consistenza. Si sfaldano. Per i primi giorni, mi sembra di fluttuare.
Chi poteva immaginarselo che un luogo potesse diventare qualcosa di così instabile, così fluido? Quando cammino verso la mia università, ogni mattina le foglie schiacciate sul marciapiede assumono un colore diverso, la fermata dell’autobus sembra spostarsi di qualche metro e gli alberi del parco vicino al campus cambiano forma. E in tanto la dolce inconsistenza dei primi giorni si fa quasi intollerabile e in me si fa strada- silenzioso, inevitabile il bisogno di concretezza, di un terreno su cui posare i piedi.
Si ritorna sempre alla transitorietà. Alla difficoltà di accettarla, alla necessità di conviverci. Luogo comune vuole che viaggiare ti apra la mente. E la cosa difficile coi luoghi comuni è che spesso si rivelano in ugual misura corretti e scorretti. La prima reazione spesso non è apertura, è solo disorientamento.
Il luogo attorno a noi diventa estraneo, quasi nemico. E nondimeno da questa estraneità si può partire per rivalutare dal principio il concetto di spazio.
Ritornare in Italia per qualche giorno è rassicurante. Le strade della mia città sono ancora al loro posto, il Duomo è rimasto nel Centro di Milano, le montagne continuano a stagliarsi col loro profilo nitido in contrasto col cielo nuvoloso. Però allo stesso tempo no, non è rimasto come prima: tutto mi sembra curiosamente più vasto. E quando, a vacanza finita, atterro a Gatwick, mi ritrovo a controllare i movimenti della Tube con un misto di estraniamento e familiarità. A cosa penso? A quanto sia ingannevole la fissità di ciò che ci circonda. Lo spazio non solo cambia, ma anzi si stratifica, portatore di memorie e di speranze, di progetti e di istanti. Mi sono dimenticata che lo spazio è allo stesso tempo una coordinata esteriore ed interiore. E il modo in cui lo percepiamo un equilibrio continuo tra il cambiare di noi stesso e il cambiare del mondo esterno.
Francesca