“Nella spiaggia a est del paese c’è un’isola sulla quale sorge un gigantesco tempio con tante campane,” disse la donna.
Affascinato dalla bellezza della donna, il bambino si recò nel luogo indicato. Si sedette sulla spiaggia e guardò l’orizzonte, ma non vide null’altro se non quello che era solito vedere: il cielo azzurro e l’oceano.
C’è stato un periodo in cui, come il bambino, anche io volevo sentire le campane del tempio gigantesco. Ogni giorno mi sforzavo per sentirle suonare, ma non accadeva mai.
La ricerca mi dilaniava, ed ero così impaziente di sentire le campane che tutto il resto non aveva più senso. La frustrazione era perenne, così come la noia. Volevo sentirle, quelle dannate campane, e ogni giorno cercavo di fare del mio meglio, ma, quando la notte calava, rimaneva sempre l’amarezza di non essere riuscita nella mia impresa. Mi sentivo persa, piccola e insignificante, mentre le campane diventavano il mio unico pensiero. Percepivo un vuoto, e volevo riempirlo in ogni modo. Ero barricata in me stessa, nella contemplazione e nella riflessione, cercavo risposte, ma tutto sembrava sempre uguale a prima, e ciò mi demoralizzava.
Il senso di vuoto e di smarrimento si faceva sempre più grande nel mio esile corpicino, fino ad inghiottirmi. Ero alla perenne ricerca di qualcosa, anche se non sapevo esattamente cosa, o dove trovarlo, sapevo soltanto che mi sentivo una misera, vuota, insignificante e solitaria esistenza. Vivevo la mia routine anonimamente, in completa balìa degli eventi, rimuginando sulle mie azioni ed esagerando le piccole cose che mi capitavano.
A un certo punto, smisi di cercare. Smisi di riflettere, e lasciai che la mia vita scorresse. Feci un passo indietro e mi abbandonai al flusso delle giornate, e piano piano riuscii a sentire gioia nella monotonia. Con fatica riuscii a capire che non c’è un senso nascosto chissà dove, o delle campane sommerse nell’oceano; mi sforzai di indietreggiare per guardare le cose da un’altra prospettiva, di smettere di cercare e di ampliare le mie veduta — e fare, di ogni giorno, un nuovo punto di partenza per migliorare. Trovai un po’ di speranza e ne feci tesoro. Smisi di focalizzarmi sulle campane o sul mio vuoto, e piano piano la sofferenza scomparve. Nacque un insolito senso di accettazione, a me estraneo fino ad allora, per me stessa e per la vita. Capii che solo l’esperienza porta risposte, e allora imparai ad apprezzare tutto ciò che mi accadeva, a sentire gratitudine per la vita, a valorizzare la mia esistenza. E a quel punto, come il bambino, anche io sentii la prima campana.
“Che cos’è un guerriero della luce?”
“Credo che tu lo sappia,” rispose lei, sorridendo. “E’ colui che è capace di comprendere il miracolo della vita, di lottare fino alla fine per qualcosa in cui crede, e di sentire le campane che il mare fa rintoccare nel suo letto.”
A volte, quando tutto sembra fermarsi, cerco ancora le campane. Senza accorgermene smetto di avanzare e mi ritrovo ingarbugliata nei fili che tanto mi ero impegnata a districare. Guardo in alto e capisco di essere sprofondata, e di nuovo niente ha più senso, i soliti fantasmi ritornano, e il senso di solitudine si fa insopportabile. L’oscurità che avevo combattuto mi avvolge senza lasciarmi via d’uscita. In quel momento, tutto è nero. Cerco di sentire le campane, ma tutto è immobile. Allora mi ricordo che ci sono già passata, e che “ciò che fa annegare non è l’immersione, ma il fatto di rimanere sott’acqua,” ritrovo la speranza dentro di me, e inizio la scalata.
Altre volte mi sento persa, la fede mi abbandona, e non riesco a credere più in nulla, mi chiedo se vale la pena di sforzarsi tanto, per cosa poi? Ma tutto è silenzioso, e non trovo risposte.
Continuo a non avere fede, ma proseguo, finché essa non ritorna. Altre ancora, mi ritrovo in situazioni già affrontate, il pensiero di essere bloccata si fa strada nel mio cuore, e non riesco a progredire. I problemi si ripresentano, ma lamentarsi, del resto, non serve a nulla. Capisco allora che niente succede per caso, ma che tutto è finalizzato a insegnarmi ciò che non ho mai voluto apprendere, e che, finché non supererò questa serie di difficoltà, non potrò progredire. Perché
“Un guerriero non cerca di essere coerente: apprende, piuttosto, a vivere con le sue contraddizioni.”
[…]
I guerrieri della luce hanno sempre un bagliore nello sguardo. Non sempre sono sicuri di ciò che stanno facendo. Molte volte trascorrono la notte in bianco, pensando che la loro vita non ha alcun significato. Per questo sono guerrieri della luce. Perché sbagliano. Perché si interrogano. Perché cercano una ragione: e certamente la troveranno.
Sophie