Se mi chiedessero di chiudere gli occhi e pensare ad un luogo in cui sono stata felice, sicuramente la mia risposta sarebbe una: Siracusa e il viaggio insieme a Teatro Incontro nel 2017. La prima volta lontana da casa, ero circondata da persone che mi volevano sinceramente bene e con le quali mi sentivo libera di esprimermi.
Ricordo ancora l’attesa all’aeroporto e la vista dell’isola dal finestrino, con il cuore che non sapeva più a che ritmo procedere.
Il sole cocente di Siracusa ci ha accolto a braccia aperte annunciando l’estate molto in anticipo; il viaggio in autobus per arrivare all’hotel è stato dominato dal nostro stupore, dato dagli incantevoli paesaggi che vedevamo.
“Sono solo quattro giorni”, mi dicevo, non sapendo quanto mi avrebbero cambiato la vita.
Dopo aver spaventato subito i gestori dell’hotel — chi non tremerebbe davanti all’arrivo di 150 adolescenti eccitati, esuberanti e soprattutto teatranti? —

non c’è nemmeno il tempo di correre nelle proprie stanze che subito tutti visitano le camere degli altri e si iniziano già a programmare uscite clandestine, serate alcoliche fino a tarda notte e bagni notturni. Il dovere, però, chiamava: quella sera era previsto il primo degli spettacoli al Teatro Greco di Siracusa.
Niente ci distoglie dal nostro obiettivo di divertirci e goderci quei momenti: siamo felici e nulla può rovinare quegli splendidi istanti.
Non ho mai dormito molto durante quei giorni e la prima sveglia è molto presto — ci sono gli spettacoli da vedere, le prove da eseguire — per consentirci di mettersi in viaggio per Palazzolo Acreide già di mattina.
Ricordo bene il sole che scotta, in quella giornata passata a osservare gli spettacoli di altre scuole o accademie, e la bravura degli attori più esperti di noi con anni di studio alle spalle. Ricordo ancora il richiamo verso di loro, la voglia di legare la mia vita al teatro, dedicandomici ogni istante, senza rendermi conto che sarebbe stato ciò che mi avrebbe fatto davvero felice. La giornata prosegue spensierata — con la solita disorganizzazione e improvvisazione che ci contraddistingue —fino alla visione del secondo spettacolo al Teatro Greco e il nostro ritorno in hotel in tarda serata. Per quanto stanchi, ma nessuno ha davvero voglia di dormire — chi cerca la persona giusta con cui passare questa finta vacanza, chi decide di stare solo, chi vuole ballare, chi si mette a chiacchierare sul tetto dell’Hotel senza il permesso degli adulti… le scelte sono tante, ma la regola una: andare a dormire tardi. E così, un’altra serata scorre con l’ansia di svegliarci presto il giorno dopo, ma senza alcuna preoccupazione data da questo pensiero.
Il terzo giorno abbiamo le prove con gli artisti francesi, che ci insegnano come muoverci, come essere più sciolti sul palco e ci aiutano a migliorare la tecnica.
Quando tocca a noi, è la volta delle prove generali dello spettacolo e delle famose aggiunte dell’ultimo minuto che regolarmente ci mettono in dubbio circa le nostre capacità.
Quella sera siamo impauriti, ma non ci facciamo caso perché sappiamo come distrarci e riusciamo anche ad avere la possibilità di conoscere Carlo Boso, che ci racconta della sua esperienza teatrale, si congratula con noi e ci fa andare a dormire con più coraggio.

Il quarto giorno la paura è tanta, ma sotto forma di adrenalina — la sentiamo scorrere nel sangue, ci tiene in allerta. Stanchi, distratti, divertiti riusciamo a portare sul palco uno spettacolo che intrattiene e stupisce tutti. Con coreografie e tagli dell’ultimo minuto, tutto ciò che ci interessa è recitare, facendolo al meglio. Gli applausi sono tanti, almeno pari ai sorrisi che vediamo e abbiamo.
Come premio, l’ultima gita ad Ortigia: in 150 a fare bagni, balli, canti in mezzo alla città — diventiamo noi stessi un’attrazione, per i veri turisti sul posto.
E non possiamo essere più felici di così.
L’ultima sera c’è chi ne approfitta per fare il bagno la mattina, chi per riposare un po’ prima della partenza e chi per chiacchierare fino all’alba. La partenza dell’ultimo giorno è difficile; Siracusa ha lasciato un’impronta indelebile, che difficilmente potrebbe scomparire e i ricordi sono troppi per riviverli tutti.
“Un giorno senza sorriso è un giorno perso”, diceva Chaplin: e quei giorni non potrebbero essere più vivi di così.
Alice S.