Dopo una condivisione fatta dalla vostra casa cinematografica, Bottega di idee e Tycoon Distribution hanno avuto modo di conoscersi. Visto che però forse non tutti i nostri lettori vi conosceranno, inizierei questo dialogo dicendo loro chi è e cosa fa Ezio Leoni, e quale sia il suo ruolo all’interno di Tycoon Distribution, che sarà il vero e proprio fulcro della nostra conversazione.
Io sono ormai un anziano critico cinematografico ed è un po’ di tempo che lavoro nell’ambito cinematografico. Da giovane ero un appassionato, poi ho trovato una sala cinematografica nella quale siamo riusciti a creare The Last Tycoon, un circolo cinematografico con anche una rivista, MCMagazine. Il nome The Last Tycoon nasce come tributo al film di Kazan e alla mitica scena del nichelino….Essendo sempre presenti ai festival, continuavamo a vedere bei film e a domandarci perché film del genere non si vedessero mai in Italia; da lì ci è venuti l’idea della distribuzione. Il nostro esordio è seguito al Festival di Locarno, nel quale abbiamo visto Mr. Universo – e con quello siamo partiti, da quello siamo andati avanti nel tempo. L’idea è stata quella non di creare una ditta ma una sorta di spin-off del circolo (circolo di volontari e amici) che ha fatto questo grosso passo di diventare casa di distribuzione. Questa è la storia della casa di distribuzione; per dire qualcosa in più sul mio riguardo, da giovane dirigevo un cineforum il quale era legato ai CGS, associazione cinematografica nazionale, attraverso il quale ho conosciuto Alessandrini e lì ho scritto una recensione sui legami tra cinema e musica (Com’era rock la mia America, su Forman e Scorsese) su La Rivista del Cinematografo, di cui Alessandrini era redattore. Di lì in avanti, ho scritto quasi qualunque cosa fosse possibile, sono stato uno scrittore entusiasta, ma col tempo la vena di scrittore si è conclusa e ora preferisco darmi con tutte le forze al circolo The Last Tycoon.
Della vostra casa di distribuzione ho visto due film, gli ultimi: Takara – la notte che ho nuotato e Miserere, del quale ho anche fatto una recensione, che poi voi avete condiviso. Cosa può dirci circa questi film?
Come dicevi, sono gli ultimi due. Come Tycoon, dopo Mr. Universo (che andò veramente male) ci siamo buttati su altri titoli, come Tanna e My name is Emily, riguardo al quale abbiamo anche scoperto le difficoltà della distribuzione perché abbiamo incontrato un giovane procacciatore di sale, che aveva promesso 39 sale di proiezione per poi farcene trovare 2. Dopo altre esperienze, siamo arrivati a Takara – sul quale ero molto scettico: era lento, senza nemmeno una parola, e temevo molto un risultato negativo. Invece, ringalluzziti da Takara, che contro le mie previsioni andò eccezionalmente, abbiamo distribuito Miserere, che aveva visto un nostro amico distributore che non si sentiva di distribuirlo, e lì abbiamo avuto un riscontro di pubblico e critica eccellente.
“Per voi il cinema è spettacolo, per me è quasi una concezione del mondo”: questa frase, di Vladimir Majakovskij, campeggia sotto il vostro logo, e dà l’idea della visione che Tycoon Distribution ha relativamente al cinema. Cosa vuole aggiungere su questo?
Più che di Tycoon, è la frase di Moovie Connection, sito che ho creato – uno dei pochi siti degli anni ’70 del cinema a essere sopravvissuto e attivo tuttora, nel quale si trovavano recensioni miei e di amici ma anche quiz sul cinema e piattaforme che consentissero un rapporto diretto con il pubblico – e nel quale ho messo molto “di mio”. Attraverso il cinema, infatti, ho capito molto di me stesso: è una mia frase mitica, che ho messo anche in Tycoon. È una frase che dà un grande senso relativamente alla connessione tra cinema e vita.
Nel dialogo cinematografico con Gianni Canova, colui che è noto come “Il CineManiaco” sottolineava come moltissimi dei registi più importanti qui in Italia non vengano granché considerati, riferendosi in particolare a Buñuel, di Chaplin, di Hithcock e Orson Welles. Lei come la vede e quali nomi farebbe all’interno di questo elenco? E cosa ne pensa della sopravvalutazione o sottovalutazione di registi e attori?
I nomi che metterei in cima sono Kubrick, Woody Allen, Hithcock e Orson Welles (i numi tutelari del sito) a cui aggiungerei John Ford. Alcuni film tra i miei preferiti, sia chiaro, non sono cinematograficamente eccelsi, ma sono di passione personale. Credo che i film si possano dividere, come diceva Aristarco, in film che si amano, film che si rispettano, e film che si amano e si rispettano. Sulla mia lista di film preferiti ci sono ben due film noir, che sono quelli che più mi hanno formato. Più che i registi, particolarmente, ho apprezzato e mi hanno formato i generi; il mio film preferito, se proprio devo trovarne uno, è Sentieri Selvaggi (non manco di commuovermi ogni volta che vedo l’incipit), a cui farei seguire La donna che visse due volte. Altro grande dimenticato è John Ford; sicuramente c’è un grande pregiudizio sul cinema che non è americano o europeo, e devo ammettere che anche io per un certo tempo ho considerato poco grandi nomi come Kurosawa, Ozu e altri registi molto importanti del Giappone e non solo.
Sempre in conclusione di quel dialogo, Gianni Canova ha voluto ricordare, nell’anno del centenario, una massima di Fellini: “il vero realista è il visionario”. Lei cosa ne pensa?
Io sono cresciuto a pane, latte, Fellini e Bergman — erano il pane quotidiano di chi amava il cinema, in generale. Tra i due, oggi preferisco rivedere più Bergman che Fellini, anche se entrambi certamente emozionano. Fellini forse risulta più datato nella sua personale rivoluzione artistico-visionaria, Bergman resta più “difficile” ma la sua forza introspettiva è sempre attuale. L’altro giorno – si riferisce a mercoledì 26 febbraio, l’intervista è stata effettuata il 28, N.d.R. – era previsto (poi non si è tenuto per l’emergenza Coronavirus) un confronto Kubrick-Fellini, con il confronto tra 8 e mezzo e Il dottor Stranamore. Questo in generale; venendo alla frase, posso dire che Fellini ha lavorato sempre sul reale, facendo perno su di esso per poi evolversi – con I vitelloni aveva ancora una connotazione realistica, poi si è sviluppato ed è diventato fantasia totale scrivendo pagine indimenticabili del cinema.
Le sottoporrei, dopo quella di Fellini, le ultime due citazioni di questo dialogo: “Il cinema è la scrittura moderna il cui inchiostro è la luce”, di Ettore Scola, e “Il cinema è uno specchio dipinto”, firmata da Jean Cocteau. Come lega queste due frasi e come le commenta?
Partirei, se posso, aggiungendone una terza, di Stanley Kubrick: “Il montaggio è il luogo in cui poter costruire il cinema”. Credo che si possa legare bene a Cocteau, di cui ammetto di conoscere poco ma di cui apprezzo moltissimo la frase che mi hai letto, perché credo che il cinema, attraverso l’illuminazione di ambienti e storie, abbia davvero lasciato un marchio incancellabile sulla nostra storia. Su quella di Scola, partendo dal presupposto che per quanto non ami molto il cinema italiano, vedo in lui davvero un grande esempio e un eccellente regista, posso dirti invece che trovo che il cinema sia uno specchio al quale tutti guardiamo e dal quale estraiamo ciascuno dei colori diversi. Altra riflessione che ho fatto in questi giorni, se posso dire prima di concludere, è l’interrogativo che Tarkovskij si pone su come Scolpire il tempo – titolo, peraltro, di un suo saggio. Anche questa riflessione è certamente difficile da interpretare, ma se compresa consente davvero di comprendere come cinema, spazio e tempo, siano intimamente legati in una struttura unica.
Prima di concludere, credo sia dovuta una riflessione su Parasite. Quella pellicola, tra l’assegnazione dell’Oscar, il linguaggio particolarissimo del suo regista, le dichiarazioni al vetriolo del presidente statunitense, ha dominato il dibattito recente in ambito cinematografico. Cosa vuole dirci su questo?
Noi, nel nostro circolo padovano, quando non aveva ancora vinto l’Oscar, avevamo già pensato a una rassegna sul cinema coreano, partendo da Parasite e Memorie di un assassino. Indubbiamente il cinema coreano racconta delle cose che non siamo abituati a vedere in un modo che non siamo abituati a considerare. Abbiamo messo, in questa rassegna, Lady Vendetta, Time, Madre e Poetry, esempi di film che sono passati come meteore. Parasite dà l’idea che non possiamo fermarci al cinema più o meno commerciale, e mi ha davvero impressionato vedere come abbia riempito le sale. Questa volta, e solo questa volta – ride, N.d.R. –, onore all’Oscar.
L’ultima cosa che le chiederei è forse la domanda più banale e anche più difficile a cui poter rispondere. Cos’è, per Ezio Leoni, il cinema?
La cosa bella del cinema credo sia racchiusa in una dichiarazione di Marquez. Aveva detto che si era messo a scrivere una sceneggiatura cercando collaboratori e produttori e aveva trovato una serie di difficoltà. Dopo aver detto basta, si è buttato a scrivere e ha scritto Cent’anni di solitudine, perché nella scrittura sei solo e ti arrangi… Il cinema ti costringe a un confronto con tante persone e a un coacervo di molte personalità e professionalità: ci sono tantissime cose diverse e si aprono mondi davvero differenti l’uno dall’altro. Ha una potenzialità, il cinema, che va oltre la letteratura, che apre allo spettatore mondi “concreti” in cui immergersi che gli offre un’originale concenzione del mondo e che mi fa dire, come titolava una rivista cinematografica degli anni ’60, che il cinema è il cinema.
Federico