Carità a Sua Eccellenza

È novembre inoltrato e perfino qui a Napoli il freddo si fa sentire. Un vento gelido ha soffiato tutta la notte, e mi è giunta notizia che una delle finestre della casa che, mio malgrado, affitto a quei due scellerati è andata in frantumi. Senza voglia né reale preoccupazione per la loro situazione, indosso i vestiti più pesanti che ho e mi incammino verso l’abitazione a pomeriggio inoltrato.
Una volta arrivata, senza troppe cerimonie uso la mia chiave ed entro, notando subito che la
temperatura fuori è uguale a quella interna. Sbuffando, mi aggiro tra i due miseri locali in cerca dei miei inquilini: c’è una fievole luce proveniente da una delle due camere da letto. Mentre mi avvicino, sento dei bisbigli, ma non riesco a distinguere le parole, nonostante i miei migliori sforzi. Mi decido a bussare, ed ecco uno dei miei inquilini che viene ad aprirmi: fortunatamente è quello sano. Lo saluto con un
cenno ed ignoro la sua fronte contorta alla sorpresa di trovarmi sull’uscio della sua camera da letto. Non posso fare a meno di spostare la mia attenzione sul suo letto: mi aspetterei di trovare una delle sue donne, le tanto famose conquiste di cui si vanta con gli amici alla taverna dopo aver alzato il gomito,
invece ecco che, rannicchaito sotto molteplici coperte, c’è il mio altro inquilino.
Storco il naso e rimprovero l’uomo di fronte a me: «Questi non erano gli accordi, giovanotto: il malato deve stare nella sua camera, e basta. Siete già fortunati che io vi affitti questo posto, e lo faccio solo perché sono una santa donna, e rispetto Sua Eccellenza… Ma lui deve stare nell’altra stanza». Il mio inquilino esibisce un sorriso di circostanza veramente poco credibile e si porta qualche passo più in avanti, chiudendo la porta dopo aver abbozzato un cenno all’amico. Rimaniamo soli in corridoio, solo il gelido spiffero ci fa compagnia. Sospira e, incrociando le braccia sul petto, mormora: «Signora, ho dovuto spostare Giacomo nel mio letto, sa che è malato, certamente stare in uno stanza dove la finestra è rotta avrebbe peggiorato le sue condizioni…». Non è mai stato lui quello bravo con le parole. Mi chiedo se Sua Eccellenza non passi regolarmente le notti nel letto dall’amico; scruto i suoi occhi, il viso pallido e prematuramente inciso dalle rughe per tutta la stanchezza e la preccupazione. Per un frammento di tempo, ammiro la sua dedizione ad uomo tanto fragile.
«Antonio…» chiama una fievole voce dalla stanza accanto. Nonstante la porta sia chiusa, l’immagine del poeta che, disteso sul letto, implora l’amico di andare in suo soccorso mi è chiara come se fosse davanti ai miei occhi. Il mio inquilino non abbozza nemmeno un cenno prima di sparire nella camera. «Giacomo,
sono qui…» lo sento dire, quasi in un sussurro.
Distolgo lo sguardo e mi dirigo verso la finestra rotta. Sento Antonio raggiungermi poco dopo: mi segue, senza proferire parola, ma avverto i suoi occhi su di me. La camera da letto del poeta è a dir poco scombinata: mi guardo intorno e vedo le numerose confezioni di medicinali sul tavolo, pieno oltremodo
di scartoffie, fogli disordinati, alcuni ingialliti, altri triti e ritriti, un paio perfino strappati e
meticolosamente riassemblati. Una macchia d’inchiostro gocciola sul pavimento. Diversi vestiti sono ammucchiati ai piedi del letto, tutti spiegazzati e perfino maleodoranti. Ah, questa casa avrebbe bisogno di una donna… penso, ma non oso approfondire. Osservo il danno alla finestra, raccolgo velocemente alcuni cocci, infilandomeli nel grembiule. «Manderò qualcuno ad occuparsene» comunico al mio inquilino, senza troppe cerimonie, cominciando già ad andarmene. «Pagheremo metà della spesa, signora» si offre lui. Scruto nei suoi occhi e, non so come nè perché, sono pervasa dalla compassione: provo pena per Giacomo, tanto giovane quanto malato, e anche per Antonio, costretto dal suo stesso cuore a stargli vicino. «Non avete i soldi, non prendermi in giro» gli rispondo secca e con un cenno della mano lo saluto. Chi l’avrebbe mai detto che una poveraccia come me avrebbe fatto la carità a Sua Eccellenza Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi, Conte di San Leopardo.

Mariana Rosa

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