Credo che niente sia stato casuale nella storia del Valley’s Got Talent, dalla nascita del gruppo fino agli ultimi traguardi vissuti, passando per le gioie e i dolori dei nostri quasi cinque primi anni di vita. Al termine di ogni stagione, poco prima della chiusura estiva, ripenso compiaciuto ad ogni singolo attimo di preparazione vissuto e già mi proietto al domani e ai suoi protagonisti. Mai più mi sarei aspettato che tra noi sarebbe arrivato un giovane con una esperienza di vita così particolare, fuggito dalla guerra per rincorrere una libertà troppo lontana. L’arrivo di Ibra è stato provvidenziale, così come quello di tutti gli altri ragazzi che con il loro essere unico ed irripetibile hanno arricchito e tuttora arricchiscono la nostra realtà. Sono ormai 3 anni che fa parte del nostro gruppo e della nostra comunità, arrivò insieme ai primi migranti giunti al paese e questo fu un avvenimento che divise un po’ la popolazione tra i pro ed i contro. Inutile dire che noi, come associazione, figuravamo tra i pro anche perché abbiamo sempre creduto nella ricchezza dell’incontro fra le culture. Fu così che, nel 2017, Ibra ci confezionò un assist che noi prontamente trasformammo in rete. Quell’anno infatti vinse il premio fairplay ad un torneo di calcio, un riconoscimento, anzi, una testimonianza, che non potevamo lasciarci sfuggire.
Lo conobbi e fin da subito mi colpì il suo essere solare nonostante le sofferenze subite. Inutile dire che lo tempestai di domande sulla sua amata Guinea oggi al centro di una seria instabilità politica che lo ha privato del padre e del fratello. Nonostante tutto il suo ingresso all’interno dell’associazione avvenne in punta di piedi, come tutti gli altri, nel rispetto del nostro senso di grande parità ed uguaglianza. È, fin da subito, entrato nel cuore di tutti e non mi risulta che abbia mai mancato ad un nostro appuntamento dimostrando sempre impegno, passione, sacrificio. Nel 2017 celebrammo sul palco il suo riconoscimento sportivo che sapeva del trionfo di una comunità accogliente verso tutti. Da quel momento Ibra divenne un nostro collaboratore, e tutt’oggi è il nostro Ungaretti, questo per via della sua grande passione per la poesia che ha modo di approfondire ogni anno in preparazione dei nostri spettacoli e che spesso abbina alla sua storia di migrante alla ricerca della libertà. A tal proposito diverse sono state le soddisfazioni che ha avuto nel settore, dal secondo posto ad un poetry slam, fino al Premio della Giuria grazie a Bottega di idee, passando per la pubblicazione del libro di Rosa Johanna Pintus — Brandelli Blu Mare — scritto a partire da un’intervista dell’autrice al ragazzo.
È molto portato anche per la solidarietà, lo dimostra durante le nostre attività di caritativa presso le strutture socio-sanitarie, presso il comitato locale della Croce Rossa del quale è milite e persino nelle scuole del territorio quando viene invitato a raccontare il suo difficile passato agli studenti. Ci ha sempre colpito il suo amore per la comunità, un sentimento che lui traduce simultaneamente in debito verso coloro che l’hanno accolto; ormai parla il dialetto meglio del sottoscritto, segno che l’integrazione è davvero possibile.
Oggi Ibra ha raggiunto il grande traguardo del permesso di soggiorno, un documento che si è guadagnato onestamente, passo dopo passo, così come tanti ragazzi come lui. Ricordo la sua paura quando questo permesso tardava ad arrivare, sarebbe stata per lui una sconfitta troppo pesante da digerire, nuovamente in viaggio con la vita appesa ad un filo, ma questa volta nel senso opposto dalla libertà alla persecuzione.
Ora il futuro dipende solo ed esclusivamente da lui ma potrà sempre contare sul nostro appoggio e su quello dei suoi nuovi compaesani che gli vogliono bene.
Michele Ottonello