Una giornata trascorsa a musica e poesia; o meglio, ad ascoltare musica e scoprire, stupita, un film che riesce a parlare di poesia senza provare a spiegarla – Paterson.
Il titolo è il nome del protagonista – che si chiama come la città in cui vive –, un autista di bus che scrive poesie. In una delle prime scene è al volante in attesa di iniziare la giornata di lavoro; per dedicare una poesia d’amore alla sua donna, a fianco alla quale si sveglia ogni mattina, inizia a scrivere dei fiammiferi che riempiono la loro casa, la cui confezione ha contemplato attentamente quella stessa mattina all’ora della colazione.
Parola per parola, la poesia — che inizialmente sembra più una pubblicità della marca di fiammiferi preferita a cui si riferisce — si sviluppa in qualcosa di profondamente toccante che non lascia spazio a idee diverse da quella che si tratti di una semplice dichiarazione d’amore.
Quando non scrive sul suo taccuino segreto, Paterson passa il tempo con l’orecchio teso guidando il grande mezzo per le solite strade di tutti i giorni. Ogni conversazione, attraverso il suo filtro, ha sempre qualcosa da dire: da chiacchiere fra amici su ragazze interessanti, a spezzoni di storia sull’anarchico italiano che uccise Umberto I re d’Italia, riferiti da una studentessa al suo compagno di università.
La sera viene accolto a casa dalla moglie meravigliosamente sensibile e dallo spirito artistico che gli chiede com’è andata la giornata, e soprattutto, se ha scritto qualcosa; e che poi sorride nel raccontargli le proprie aspirazioni: avviare una propria attività di successo di cupcakes preparati e decorati da lei nel suo stile personale in bianco e nero, lo stesso dei vestiti che indossa e di tutte le sue altre creazioni che arredano la casa, e imparare a suonare la chitarra come le cantanti country per cui nutre un’ammirazione genuina e quasi infantile.
Quando parla, lui la ascolta senza intervenire, a meno che non gli sia posta una domanda, sempre con una luce negli occhi rivolti verso di lei.
La quotidianità immobile che attraversa tutte le scene viene rotta solo da pochi momenti inaspettati, uno dei quali mi colpisce così tanto per la nostalgica delicatezza con cui viene raccontato un episodio quasi brutale, da lasciarmi andare alle lacrime.
Questo film, penso alla fine, emana amore e poesia in ogni movimento, gesto e parola.
La poesia è narrata ma anche rappresentata dallo stesso; un linguaggio essenziale, fatto per farsi capire senza spiegare niente.
Il rapporto d’amore fra i due protagonisti si basa su questo: quando il barista del locale in cui Paterson trascorre tutte le sere gli chiede come sua moglie reagisca al fatto che lui si rifiuti di possedere un cellulare, Paterson risponde con naturalezza che non c’è mai stata alcuna discussione, perché Laura lo comprende.
Nel loro rapporto, nel modo in cui comunicano, non ci sono parole superflue, solo l’essenziale.
Allora, mi chiedo: che cos’è che si può definire poetico? Quali dovrebbero essere i canoni, in quest’epoca, per essere riconosciuti come poeti?
Si sente dire, fra i molti cliché, che la poesia è morta. A me ora sembra evidente che la poesia in alcune cose sia tangibile a un livello profondo di intuito; che si trovi in una frase composta in una certa maniera, capace di stimolare la fantasia su qualcosa di banale, o in un complimento diverso dal solito, che punti su qualità invisibili piuttosto che su ovvietà, e che le esprima in modo nuovo e diretto. Oppure semplicemente nel dedicare ascolto e attenzione alle persone e alle cose, nell’esprimersi coerentemente alle proprie sensazioni e intuizioni più profonde; in tutte queste cose si trova l’arte e la poesia.
Una bambina che scrive sul suo diario è una poetessa al pari di W. C. Williams o di Emily Dickinson, se il suo cuore è aperto e ricettivo.
Scrivere con onestà di qualsiasi cosa, sintonizzando cuore e mente, non può che portare alla poesia. La bellezza viene di conseguenza.
Un momento di vita che potrebbe rimanere solo un vago ricordo si può imprimere sulla carta con nitidezza se lo si studia a fondo e lo si tramuta in parole vere. Così un pacchetto di fiammiferi può prendere vita sotto l’occhio di un poeta, e il movimento nello spazio viene avvertito come uno spostamento di molecole, come recita Paterson in un’altra delle sue poesie.
Si manifesta anche in questo modo l’unione fra la mente e il corpo, l’individuo e il suo ambiente, che raramente l’uomo fa accadere.
Che si scrivano o meno poesie, per me un atteggiamento poetico si manifesta nella capacità di dare ascolto alle proprie intuizioni e vedere la realtà nella sua essenza, vivendo fino in fondo gioia e dolore, un modo di sentire il mondo che che ha in sé la potenzialità di cambiare le relazioni fra gli esseri viventi.
Cerco di avvicinarmi sempre di più a questo modo di essere, attraverso la scrittura, le conversazioni, le riflessioni. Quando colgo qualcosa del genere negli altri, non posso fare a meno di emozionarmi e condividere qualcosa in più di me.
Valeria Delzotti