Dalla commozione al silenzio

I miei genitori sono cresciuti sullo sfondo di una Cina immersa nel caos e nell’instabilità degli anni ’20-30. Un paese che si credeva invincibile, scosso dai signori della guerra, dall’invasione giapponese, dallo choc dell’incontro con un Occidente forte e desideroso di conquiste, che inflisse alla Cina i colpi che fecero crollare l’Impero e che diede origine al sentimento frustrante di vergogna e umiliazione nazionale, spingendo a una corsa alla modernizzazione e alla rinascita che, a partire dall’ascesa di Mao, avrebbe permesso al popolo cinese di rialzarsi in piedi, seppure a un caro prezzo. 
Mio padre era un segretario del partito comunista, aveva combattuto contro il Giappone e contro il Kuomintang1 nella guerra civile. Mia madre, nonostante la povertà e le opportunità negate alle donne, limitate dalle loro stesse madri — in un mondo che ancora non ne concepisce la totale emancipazione — aveva avuto l’occasione di studiare e in seguito era diventata operaia.

Quando ero piccolo, mio padre mi raccontava spesso la sua esperienza di rivoluzionario e mi spiegava la situazione internazionale: il mondo era diviso in buoni (i nostri fratelli russi) e cattivi (gli imperialisti, gli inglesi, gli americani). Con il passare degli anni, sempre più preso dal lavoro, smise di parlarmi di queste cose. Ma non ce n’era bisogno, ci pensava il presidente Mao, il quale, dal mio primo respiro, permeò ogni momento della mia infanzia.
Ci vorrebbe un libro intero2 per raccontare come sia stato crescere nella Cina maoista: vivere nelle comuni, portare tutte le posate che avevamo agli altiforni, non avere cibo, fare le esercitazioni militari, studiare le citazioni del Presidente Mao, partecipare ad assemblee di autocritica in cui gli studenti si scagliavano feroci contro gli insegnanti, leggere il nome del proprio padre sui dazibao, osservare le Guardie rosse sfilare, sperando un giorno di diventare come loro… Sembrano passati secoli, e invece si tratta solo di 60 anni fa. Mi limiterò, dunque, a parlare — anzi, a rivivere — di tre fatti, andando a ripescare nella memoria quello che ho sepolto sotto strati di frasi dette da altri. Per farlo, devo tornare il ragazzino distratto e trasandato, imbevuto di ideali, che ero all’epoca. Un foglio. Delle date. Parole.

1960. Già da due anni il cibo scarseggia, tanto nelle città quanto nelle campagne. Per tornare a coltivare i campi dobbiamo eliminare tutti gli animaletti in grado di nuocere al raccolto. A scuola ci siamo già dedicati ad acchiappare tutte le mosche e le zanzare, ora è il momento dei topi. La maestra ci ha affidato la “missione topo”: ogni giorno, ognuno di noi deve portare una coda di topo. Al solo pensiero mi viene il vomito. In classe è stato affisso un cartello per raccogliere i nostri risultati. Sono costantemente l’ultimo della lista. È torturante vedere riuscire nell’impresa tutti gli altri tranne me. E non perché non ci provi, anzi. Ma anche solo catturarne uno è estremamente complicato. Ieri Qibao mi ha minacciato, dicendo che se oggi non avessi portato una coda, avrebbe iniziato a chiamarmi “il mio sorcetto”. Così mi sono fatto prestare da mio zio una trappola per topi e l’ho posizionata sotto il letto. Dopo diverse ore sono riuscito a catturarne uno, ma, non appena ho aperto la trappola per prenderlo, mi ha morso un dito e se l’è filata via! Stamattina ero a terra. Già mi preparavo a sentire i cori umilianti dei compagni, quando è arrivata la mia salvatrice. Xiaoqun, vedendomi così disperato, è riuscita a dividere in due parti nel senso della lunghezza la sua coda e me ne ha dato un pezzo. Non potrò mai ringraziarla abbastanza.

1966. Mentre ci stavamo preparando a combattere gli imperialisti e i nazionalisti, ci hanno rivelato che si sono alleati con nemici interni e che solo la Rivoluzione culturale può salvarci. Ma perché ci odiano così tanto? E cosa vogliono dire quelle parole? Per nostra fortuna è stato da poco distribuito un libretto che ha le risposte per tutto. I 3 veleni più temibili che occorre sradicare sono il feudalesimo, il capitalismo e il revisionismo. Non solo. Bisogna anche “prendere ai ricchi e dare ai poveri”: il pensiero del proletariato deve annientare i comportamenti borghesi e il presidente Mao ha scelto i giovani per portare avanti la missione del Paese. Non abbiamo ancora l’età per entrare a fare parte delle Guardie rosse, soldati prescelti che viaggiano in tutto il Paese per diffondere la Rivoluzione e spazzare via le 4 anticaglie, ma Qibao, io e gli altri abbiamo deciso ugualmente di dare il nostro contributo. Giriamo di negozio in negozio, dal ristorante vicino a casa, al fotografo, al parrucchiere, e facciamo ritirare tutto quello che è legato alla vecchia Cina e a tendenze borghesi: via i piatti ricchi e raffinati, via le fotografie svenevoli che scimmiottano l’Occidente, via le acconciature elaborate e complesse… E se qualcuno prova a lamentarsi, noi gli sventoliamo il Libretto davanti al naso, ricordandogli che lo ha detto il Presidente Mao. Ieri eravamo milioni di insignificanti gocce d’acqua, oggi siamo un torrente al cui impeto nulla può resistere, né l’antico, né il potente, né il sacro.

1967. Qualche sera fa, papà è arrivato a casa con dei signori che non avevo mai visto. Si sono chiusi in una stanza e hanno confabulato fino a tardi. Mamma mi ha beccato mentre ero intento ad ascoltare, cercando di carpire parole diverse da “Shanghai, Guardie rosse, Deng”, ma invece di sgridarmi mi ha sussurrato all’orecchio: “il problema è grave, vedi, tuo padre è molto preoccupato… non sa più come fare per adeguarsi alla linea del partito”. “Ma dai mamma” ho replicato, “papà non ha nulla da temere, lui è un vero rivoluzionario!”. Due giorni fa, i massimi dirigenti a livello provinciale e i funzionari inferiori hanno sfilato per le strade con in testa alti cappelli di carta e al collo pesanti cartelli che rivelavano le loro colpe. Iniziavo a essere un po’ preoccupato. Ieri sera, mamma ed io siamo andati di nascosto a leggere i dazibao ed è stato così che abbiamo scoperto i crimini di papà. Per stasera mamma sta cucinando il pollo, perché “il papà ha bisogno di essere in forze”. Ormai ho capito che è questione di ore prima che vengano a prenderlo. Chissà poi se lo porteranno in un campo di rieducazione. Chissà quando potrò rivederlo.

1976. Da 4 anni sono un soldato al servizio del popolo, proprio come Lei Feng. Stavamo discutendo sul significato dell’annuale messaggio lasciato dal Presidente Mao alla nazione, quando, improvvisamente, è arrivato un soldato di corsa, dicendo che è stata convocata urgentemente un’adunata generale. Non si capisce bene cosa stia succedendo, c’è chi sostiene che siamo stati attaccati dall’America o dall’Unione sovietica, ma sento che potrebbe essere anche peggio. E poi, dagli altoparlanti, l’annuncio: “È con grande tristezza che il Comitato centrale del partito comunista cinese annuncia che questa mattina all’alba, purtroppo, si è spento il nostro grande Timoniere, il Presidente Mao”. Un silenzio tombale, seguito subito da strepiti e urla. Il Padre del popolo se ne era andato. Presidente Mao… Cosa avremmo fatto senza di te?

Anna Lanfranchi

1 Partito nazionalista che ha governato la Cina fino al 1949, anno in cui il Partito comunista ha vinto la Guerra civile. Indietro
2 Per chi fosse interessato, si veda Una vita cinese – Il tempo del padre di Li Kunwu, a cui sono ispirate le vicende narrate nell’articolo. Indietro

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