Mirella Borgocroce, già autrice de Il ragazzo fortissimo edito da Sonzogno (libro che ha vinto recentemente il secondo premio nel concorso nazionale letterario “Artisti” per Peppino Impastato), e giurata per il nostro Concorso Poetico, di solito la prima domanda riguarda il proprio percorso. Dunque lascio che sia lei a dirci quel che preferisce sulla strada che ha dovuto percorrere per arrivare a questa pubblicazione.
Sono diventata scrittrice con questo libro, nato da un’esigenza molto forte: quella, cioè, di condividere un percorso che anche altre persone si trovano ad affrontare nella vita. Non mi riferisco solo al cancro, come nel caso di mio figlio, o alla malattia in generale, ma a tutto quello che ci può capitare nel corso dell’esistenza e che ci cade addosso all’improvviso come una tegola che ci tramortisce. Quello che mi interessava indagare era: come si può reagire ad una circostanza del genere? Ci arriviamo attrezzati, oppure cadiamo nella disperazione? Ho compreso che condividere la nostra esperienza poteva essere d’aiuto a chi sta soffrendo, a qualsiasi titolo. Dato però che non avevo conoscenze nel mondo editoriale, mi sono chiesta come fare a raggiungere più persone possibili senza il classico contratto. Ho pensato allora che avrei potuto usare un mezzo che avevo a disposizione da subito, cioè Facebook. Ho aperto un account, ho chiesto l’amicizia a tanti sconosciuti (non sapevo chi potesse averne bisogno e mi sono fidata del principio di “sincronicità”) e ho cominciato con brevi post nei quali raccontavo episodi della nostra storia. Nel giro di poco tempo diverse persone mi hanno scritto in privato per condividere con me le loro, di esperienze. In breve mi ha contattata pure Giulio Mozzi, noto scrittore (ora in libreria con Le ripetizioni edito da Marsilio, nella dozzina finale del premio Strega 2021), curatore editoriale, scout letterario e docente di scrittura, proponendomi il contratto editoriale che serviva per trasformare i post di Facebook in un libro compiuto.
Come detto, lei ha pubblicato di recente il suo Il ragazzo fortissimo, struggente libro che ho avuto la fortuna di leggere. Cosa vuole aggiungere, per i nostri lettori, su quest’opera?
Grazie per le tue parole. Nel dettaglio, il libro è il racconto dell’esperienza della malattia di mio figlio Rocco, dalla diagnosi di osteosarcoma ricevuta all’età di quattordici anni, alla conclusione delle cure. Ma credo di aver parlato anche di altro, in particolare di come la fede, nel mio caso quella buddista che ho abbracciato sin da giovane, possa aiutarci ad affrontare le tempeste che si abbattono sulla nostra esistenza.
L’abbiamo detto in apertura, e in fondo è uno dei motivi fondanti della nostra intervista: lei è nella Giuria del Concorso Poetico. Vuole raccontare ai nostri lettori come mai ha deciso di imbarcarsi in questa avventura e come la sta trovando? È più difficile o divertente giudicare poesie?
Da professoressa (insegno Lettere nella scuola secondaria di primo grado) non posso che amare i giovani e credere nel loro enorme potenziale e, ovviamente, amare la letteratura in tutte le sue forme. Sicché quando mi è arrivato l’invito da te, Federico, non ho potuto fare a meno di accettare. Un blog culturale di grande qualità creato da giovani per i giovani: quale situazione migliore per ritrovare l’energia artistica più pura?
Per quanto riguarda il lavoro di selezione proprio della giuria, penso sia giusto riconoscere che una parte della valutazione sarà sicuramente soggettiva, dipendendo dai gusti personali e dalla sensibilità di ogni giurato. Io nella poesia cerco la capacità di emozionarmi, anche attraverso una scelta lessicale accurata e originale, e un ritmo adatto al contenuto. In ogni caso per me è divertente entrare nel mondo intimo dei partecipanti attraverso la lettura dei loro elaborati.
Parlando di poesia, è piuttosto nota questa citazione di De André: “Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d’arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l’esuberanza creativa.”. Le chiedo allora: concorda con Croce? E pensa davvero che la musica, e la canzone in particolare, possa fungere da ideale trait d’union fra le due?
E perché dovrebbe essere cretino chi scrive poesie? Se pure non lo facesse in modo artistico, lo farebbe comunque con un’intenzione espressiva. Come insegnante ho notato spesso che i ragazzini con maggiori difficoltà producono poesie sorprendenti. La sensibilità non appartiene ai cretini.
Per quanto riguarda le canzoni penso che De André sia stato modesto: sono convinta infatti che sia molto più difficile scrivere una bella canzone che una bella poesia, e che quindi per riuscirci sia proprio necessario possedere quell’esuberanza creativa di cui parlava.
Se le chiedessi di descrivere se stessa e il suo libro in tre parole (tre per sé e tre per Il ragazzo fortissimo) non una di più, quali userebbe?
Per me: curiosa, battagliera e fiduciosa.
Per Il ragazzo fortissimo: incoraggiante, rasserenante e ottimista.
Però ti avverto, è la fotografia di questa giornata: se mi chiedessi la stessa cosa tra una settimana cambierei gli aggettivi, e tra due settimane di nuovo ecc. Io sono, come tutti, in continuo mutamento.
Riflessione con opinioni contrastate – più con il governo Conte che con quello attuale a dir il vero – è quella circa il trattamento che il mondo della cultura ha ricevuto durante la pandemia. Lei, in quanto insegnante, cosa ne pensa?
Per quanto riguarda la scuola mi sarei aspettata meno parole e più fatti. Ad esempio istituire doppi turni in modo che tutti potessero frequentare in classi dimezzate, ma naturalmente questo avrebbe comportato una spesa e mi pare proprio che non fosse l’orientamento del governo. La stessa cosa si poteva fare con cinema e teatri: perché non dare la possibilità di aprire con un’affluenza pianificata, quando poi i mezzi pubblici erano strapieni e nessuno controllava? Intere categorie di lavoratori dello spettacolo sono stati ignorati perché alla fine il pensiero dominante è sempre che l’arte e la cultura non siano beni essenziali. Questo è molto triste.
Chiudiamo con una brevissima domanda. Tra cinque giorni scade il Bando per inviare le poesie, e solo ieri c’è stato un evento promozionale tenuto insieme a Divergenze, casa editrice che ha pubblicato “Una cosa bella”, prima fatica di Benedetta Carrara, una delle primissime ragazze presenti nella nostra redazione. Cosa direbbe, dunque, a tutti quei giovani desiderosi di avere spazio e di portare i propri contenuti?
Come insegnante e come buddista, lavoro da sempre perché i giovani trovino la propria strada per realizzarsi ed essere felici. Questa notizia non può che rallegrarmi. Ai giovani direi: fatevi spazio e osate, non aspettate che siano i “grandi” a lasciarvelo, perché spesso non hanno voglia di farsi da parte. Poi direi anche: fidatevi di voi stessi e del vostro potenziale e non permettete a nessuno di dirvi che non valete abbastanza, neanche a voi stessi.
Federico