Così elegantemente Anni Cinquanta

Qui i primi 20 film della Lista

Ma quanto è bello il cinema degli Anni Cinquanta? Ricordo che quand’ero ragazzino e muovevo i miei primi passi nel mondo della Settima Arte, mi dolevo di essere nato nel periodo sbagliato. Amavo soprattutto i film americani, e identificavo la fine dell’epoca d’oro nel 1979 (un anno prima della mia nascita), con l’uscita di Apocalypse Now. Col tempo avrei ampliato di molto i miei orizzonti, ma quell’amore non mi ha più abbandonato. E se uno apprezza i grandi titoli made in USA, i Fifties sono il Paradiso. Ce ne sono così tanti e così importanti che alcuni sono rimasti dolorosamente esclusi. Penso a Mezzogiorno di fuoco (Fred Zinnemann, 1952), a Cantando sotto la pioggia (Stanley Donen e Gene Kelly, 1952)… Ma non ci sono solo gli americani! È stato anche il decennio dell’esplosione del cinema giapponese con i tre maestri Kurosawa, Ozu e Mizoguchi, dell’affermazione di Bergman, e di moltissime altre cose. Questo mese vi parlo di dieci titoli che vanno dal 1952 al 1957. Altri li tratteremo ad aprile. Buona lettura!

NEIGHBOURS
(Canada, 1952; col., 8’) di Norman McLaren. Con Grant Munro e Jean-Paul Ladouceur.
Due uomini vivono pacificamente in due villette a schiera confinanti. Quando spunta un fiore fra le loro proprietà, iniziano una lotta senza quartiere.
PERCHÉ VEDERLO
Se non conoscete Norman McLaren, sappiate che vi state perdendo un genio sconosciuto del cinema di animazione. Scozzese trapiantato in Canada, trascorse la sua carriera lavorando per il National Film Board. Neighbours, premio Oscar per il miglior cortometraggio documentario (!), è uno dei suoi capolavori. Attraverso la sorprendente tecnica della pixillation, attraverso cui le figure umane vengono animate a passo uno, come fossero oggetti, veicola un messaggio pacifista non banale agli albori della Guerra Fredda.
DOVE TROVARLO 
Il NFBC ha gratuitamente messo a disposizione online i film principali di McLaren. Se non vi bastano, in commercio c’è uno splendido cofanetto con l’opera omnia!
…E SE VI È PIACIUTO
Impossibile scegliere nella vastissima filmografia dell’autore. Partite da Begone Dull Care (1949) e Canone (1964). Non potrete più smettere!

VIVERE
(Ikiru, Giappone, 1952; BN, 143’) di Kurosawa Akira. Con Shimura Takashi e Himori Shi’ichi.
Un grigio burocrate prossimo alla pensione scopre di avere un cancro allo stomaco in fase terminale. Come dare senso a un’esistenza mai pienamente vissuta?
PERCHÉ VEDERLO
Principale responsabile della diffusione in occidente del cinema nipponico, Kurosawa realizza nel 1952 questo capolavoro incredibile. Nel tentativo disperato del protagonista di lasciare una traccia del suo passaggio, raccontato attraverso primissimi piani, flashback e vaghi accenni espressionisti, il regista analizza spietatamente le idiosincrasie del Giappone postbellico, molto lontano dalle tradizionali immagini folkloristiche. Pur senza glorie e riconoscimenti ufficiali, il suo gesto riscatta un intero popolo uscito devastato dopo la Resa del 15 agosto 1945.
DOVE TROVARLO
OPAC Sondrio.  
…E SE VI È PIACIUTO
Kurosawa è stato uno dei più importanti registi di sempre. Quasi impossibile selezionare alcuni titoli nella sua enorme e variegata produzione. Per un’infarinatura, però, potrebbero bastare: Rashomon (1950), Dersu Uzala – il piccolo uomo delle grandi pianure (1975) e Ran (1986). 

I RACCONTI DELLA LUNA PALLIDA D’AGOSTO
(Ugetsu Monogatari, Giappone, 1953; BN, 94’) di Mizoguchi Kenji. Con Mori Masayuki e Kyō Machiko.
Nel Giappone di fine Cinquecento, un vasaio e il cognato, accecati dai sogni di gloria e denaro, abbandonano le mogli e partono in cerca di gloria.
PERCHÉ VEDERLO
Nell’ideale triade (Kurosawa-Mizoguchi-Ozu) dei padri del cinema giapponese, Mizoguchi è l’oggetto più misterioso, quello più densamente impiantato nello spirito tradizionale. I racconti della luna pallida d’agosto non è solo il suo capolavoro, ma anche una dei migliori film mai prodotti. Apologo buddhista di inarrivabile poesia, è così bello che non va descritto: va visto.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio
…E SE VI È PIACIUTO
La vita di O-Haru – Donna galante (1952); L’intendente Sansho (1954)

VIAGGIO A TOKYO
(Tōkyō Monogatari, Giappone, 1953; BN, 136’) di Ozu Yasujiro. Con Ryū Chishū e Higashiyama Chieko.
Una coppia di anziani lascia il villaggio di origine nel sud del Giappone per andare a trovare i figli nella capitale. Riusciranno ad adattarsi alla frenesia della vita cittadina?
PERCHÉ VEDERLO
Terzo, ma non per importanza, fra i giganti del cinema giapponese, Ozu andrebbe conosciuto a memoria da ogni aspirante regista. Talento quasi soprannaturale nella composizione formale dell’inquadratura, realizza questa pietra miliare del cinema mondiale mantenendo costantemente la macchina da presa all’altezza del tatami, perché i due anziani sono quasi sempre seduti. Non solo: per pudore, le riprese sono sempre realizzate restando fuori dalla stanza in cui si trovano i personaggi. Imprescindibile.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Tarda primavera (1949); Inizio di primavera (1956).

LA MORTE CORRE SUL FIUME
(The Night of the Hunter, USA, 1955; BN, 93’) di Charles Laughton. Con Robert Mitchum e Shelley Winters.
Due bambini, figli di un condannato a morte, vengono braccati da un finto predicatore alla caccia del bottino di una rapina.
PERCHÉ VEDERLO
Unico film diretto da un grandissimo attore shakespeariano, coniuga il tradizionale noir americano con gli stilemi del cinema europeo, dall’Espressionismo tedesco alle suggestioni de L’Atalante. Indimenticabile il predicatore malvagio, figura fino ad allora impensabile nell’America conservatrice. Capolavoro di ineguagliata ambiguità, che raggiunge l’apice nella meravigliosa (e inquietante) scena del duetto sulle note del gospel Leaning on the Everlasting Arms. E se amate il bianco e nero…
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Difficile trovare film paragonabili. Forse, per alcune suggestioni, Il promontorio della paura (J. Lee Thompson, 1962) e il remake di quest’ultimo, Cape Fear (Martin Scorsese, 1991).

ORDET – LA PAROLA 
(Ordet, Danimarca, 1952; BN, 126’) di Carl Theodor Dreyer. Con Henrik Malberg e Preben Lerdorff Rye.
Danimarca. I tre figli di un anziano allevatore benestante vivono rapporti tormentati con la Fede: il primo è ateo, il secondo è impazzito e si crede il Messia, il terzo desidera sposare una ragazza di diversa confessione. Quando la tragedia piomberà sulla famiglia, lo scontro sarà inevitabile.
PERCHÉ VEDERLO
Trama “filosofica”. Pose ieratiche. Inquadrature strettissime. Nessun movimento di macchina. Perché allora Ordet è considerato il capolavoro sonoro del “temutissimo” regista danese? Difficile spiegarlo in poche righe, ma se lo guarderete, vivrete emozioni intense e inaspettate. Potenza dello stile trascendentale, di cui Dreyer, con Ozu e Bresson, è stato maestro incontrastato.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Non perdetevi il capolavoro muto di Dreyer, La passione di Giovanna d’Arco (1928)

SENTIERI SELVAGGI
(The Searchers, USA, 1956; col., 119’) di John Ford. Con John Wayne e Jeffrey Hunter.
Tornato senza gloria dalla Guerra di Secessione, il razzista Ethan Edwards si vede la famiglia massacrata dai Comanche. Per dieci anni cercherà senza sosta la nipote Dennie, unica superstite.
PERCHÉ VEDERLO
Sentieri Selvaggi, più o meno inconsapevolmente, rappresenta il punto di svolta del cinema americano, che perde definitivamente la propria innocenza. Per la prima volta il ruolo dell’eroe è ricoperto da un loner, violento e antisociale. E il film, per dirla col grande Michael Cimino, è così western da sfiorare la fantascienza.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Se amate il western classico, John Ford è sempre una garanzia. Se invece volete approfondire criticamente il tema del giustiziere (ne vale la pena!), Taxi Driver (1976) di Martin Scorsese e A History Of Violence (2005) di David Cronenberg. Imprescindibile poi la lettura del capolavoro a fumetti Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons.

L’INVASIONE DEGLI ULTRACORPI
(Invasion of the Body Snatchers, USA, 1956; BN, 80’) di Don Siegel. Con Kevin McCarthy e Dana Wynter.
In una cittadina del Midwest, gli abitanti diventano freddi e apatici. C’entrano gli alieni?
PERCHÉ VEDERLO
Godibilissimo B-movie di fantascienza diretto da un futuro maestro del cinema d’azione, L’invasione degli ultracorpi è sicuramente un film più importante storicamente che sul piano artistico. Letto sia come maccartista che come antimaccartista (il regista, astutamente, ha avallato tutte le interpretazioni), è soprattutto un eccellente spaccato della paranoia Anni Cinquanta. Senza fronzoli, ed è questo il suo bello.
DOVE TROVARLO
OPAC Sondrio
…E SE VI È PIACIUTO
La fantascienza dei Fifties è ricchissima di perle. Meritano una segnalazione Ultimatum alla Terra (Robert Wise, 1951) e soprattutto Radiazioni BX: distruzione uomo (Jack Arnold, 1955).

IL POSTO DELLE FRAGOLE
(Smultronstället, Svezia, 1957; BN, 91’) di Ingmar Bergman. Con Victor Sjöström e Ingrid Thulin.
In viaggio con la nuora per ricevere un premio alla carriera, un anziano medico ha l’occasione per riflettere sulla sua vita e cercare di recuperare il rapporto con la famiglia che ha sempre trascurato.
PERCHÉ VEDERLO
Chi ha un minimo di dimestichezza con il cinema d’autore, sa che Bergman è uno di quei nomi venerabili che però fa un po’ tremare i polsi: angosce, conflitti interiori, l’incombere della morte… Ecco, tutti temi che sono presenti, se non centrali, ne Il posto delle fragole, ma trattati con una delicatezza impareggiabile, e tantissima ironia. Uno dei migliori ritratti della terza età mai realizzati, e il regista aveva solo 39 anni! Capolavoro assoluto, da vedere e rivedere.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Premessa: Il settimo sigillo (sempre del 1957) è sì il film più famoso di Bergman, ma non è fra i migliori. Preferitegli Sussurri e grida (1972). Oppure, se non vi spaventa il cinema sperimentale, Persona (1966)

LA PAROLA AI GIURATI
(12 Angry Men, USA, 1957; BN, 96’) di Sidney Lumet. Con Henry Fonda e Martin Balsam.
Un efferato parricidio. Dodici uomini riuniti per emettere il più scontato dei verdetti di colpevolezza. Ma uno di loro comincia ad avanzare qualche dubbio…
PERCHÉ VEDERLO
La convenzione dice che le tre unità aristoteliche (Tempo, Luogo e Azione) siano impossibili da applicare ai ritmi sostenuti del cinema. Sidney Lumet, all’esordio (!) smonta questa credenza mostrandoci un gruppo di maschi bianchi chiusi in una stanza a discutere in un giorno di canicola, e nient’altro. Eppure la tensione è palpabile quanto in un thriller convenzionale: merito di uno stile impeccabile che, partendo da rassicuranti campi medi evolve piano piano verso inesorabili primissimi piani. Senza contare una riflessione, sottile e strisciante, sul potere della persuasione.
DOVE TROVARLO
OPAC Sondrio
…E SE VI È PIACIUTO
La corrispondenza di tempo filmico e tempo reale resta rarissima. Immancabili il western Mezzogiorno di fuoco (Fred Zinnemann, 1952) e il drammatico Cleo dalle 5 alle 7 (Agnès Varda, 1962).

Mattia Agostinali

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