Per concludere la mia rubrica sul viaggio, ho pensato di parlare un po’ di esperienze — in fin dei conti, sono queste che ci rendono capaci di definire davvero quelli che altrimenti sarebbero solo vaghi concetti.
Ho scelto questo tema proprio in previsione della mia partenza per Atene, il 17 febbraio scorso. In un periodo difficile quanto particolare come quello dell’era Covid, la notizia di poter varcare i confini nazionali è stata quasi come un miracolo.
Ho riflettuto molto su questi sentimenti, su come è davvero possibile trasformare qualcosa che era la norma, in qualcosa che ha del meraviglioso. In realtà, viaggiare è sempre stato stupefacente, ma ora che abbiamo perso la capacità di farlo con tutte le comodità, solo ora, possiamo capire davvero quanto sia importante e quasi imprescindibile cambiare prospettiva.
Mi trovo in Grecia da un mese e qualche settimana e non potrei aver compreso meglio di così quello che Ulisse aveva da insegnarci. L’Odissea si apre con “Narrami, o musa, dell’eroe multiforme, che tanto vagò […] e di molti uomini vide le città e conobbe i pensieri”. Non è un caso che sia l’uomo dal multiforme ingegno a vedere città nuove e conoscere genti diverse, poiché è solo l’uomo capace di una tale predisposizione che può capire cosa voglia dire esplorare per davvero.
Vivere per un lungo periodo in mezzo a un popolo nuovo è qualcosa che davvero non avevo mai provato.
È un’esperienza totalizzante e intensa, che affina l’empatia e la capacità di comprensione. Non ho mai affrontato una sfida così difficile come riuscire a interfacciarmi con mille nazionalità diverse, il tutto in un ambiente che non appartiene davvero a nessuno di noi.
Solo ora che sono in Erasmus riesco a capire l’importanza di tale esperienza. Prima di questo momento, ero sì convinta che partire verso l’orizzonte, in un luogo nuovo e sconosciuto, affinasse in qualche modo l’intelletto, ma non avevo davvero compreso come questo fosse reale, come davvero avvenisse nella pratica.
Ora sono più che mai convinta che questo tipo di esperienza sia utilissima e proficua per ciascuno e sono più che mai convinta che si debba investire nel permettere a quante più persone possibile di compiere esperienze del genere.
Viaggiare non è soltanto vedere nuovi luoghi, ma avere nuovi occhi, nuove prospettive, anche sulle cose che abbiamo sempre conosciuto. Per esempio, non ho mai amato tanto il mio Paese come ora, grazie a nuovi termini di paragone che questa esperienza mi ha fornito; del resto, questo è davvero uno scambio culturale senza precedenti.
Essere soli in un altro Paese, costretti a essere indipendenti, è un’esperienza di crescita unica, che fa percepire la vera essenza del viaggio e che fa anche riscoprire un sentimento ben noto: l’amicizia. I legami che si creano in situazioni come questa, di condivisione totale di vita ed esperienze, infatti, sono molto speciali e profondi, molto più di quanto si possa immaginare.
Cicerone, nel Laelius De Amicitia, ci dice infatti che l’amicizia è il sentimento più naturale per l’uomo e che non dipende da nient’altro che dal cuore. Non è l’intelligenza, o il tempo trascorso insieme a fare di due individui degli amici, ma il fatto che il loro cuore è buono ed essi sono “uno lo specchio dell’altro”. Quando l’esperienza condivisa è la stessa, due sconosciuti diventano amici e anche quando saranno lontani, mai si dimenticheranno.
Qualunque sia il nostro luogo d’origine, qualunque siano i nostri studi o interessi, i nostri trascorsi e le nostre personalità, tutti abbiamo le stesse paure, le stesse necessità e pensieri affini. Capire questo riesce a far sentire nel profondo che cosa vuol dire umanità.
Ho sempre creduto che gli esseri umani fossero simili, ma sentirlo nel profondo dell’anima, sentirsi parte di un’unica specie che condivide così tanti aspetti fondamentali, riconoscerne davvero gli elementi costitutivi, è un tipo di sensazione che non avevo mai provato, ma che auguro di provare a tutti.
Viaggiare lontano non è solo divertimento, è crescita e comprensione, qualcosa che ci aiuta davvero a raggiungere la saggezza.
Per questo sono molto preoccupata per il futuro. Oggi viaggiare è proibito e lo è per una ragione sacrosanta, ma quello che spero e mi auguro è che nessuno si abitui a questa situazione di staticità.
Che la curiosità sia sempre nel cuore degli uomini e che essi non lascino a questo periodo il potere di cancellare la nostra predisposizione alla scoperta.
Torneremo tutti a viaggiare e ad aprire il nostro cuore all’ignoto, e personalmente non vedo l’ora.
Laura