Bianca Dall’Osto, illustratrice specializzata in illustrazione di testo poetico, era presente all’evento organizzato a fine marzo sulla pagina Facebook di Divergenze. Qual è stato il percorso che ti ha condotta sin qui?
Dopo aver concluso il Liceo Artistico, ho scelto di intraprendere gli studi in filosofia, ma ho continuato a disegnare, libera da vincoli scolastici e accademici. Durante un’edizione del Book Pride a Milano, ho conosciuto Fabio Ivan Pigola, direttore editoriale di Divergenze che, inizialmente, mi ha offerto uno spazio web sul magazine online Kultural. Era il periodo in cui avevo iniziato il mio progetto di Affectus in charta (nato come libro d’artista per una mostra realizzata in collaborazione con la mia associazione culturale) e, di conseguenza, ho iniziato a pubblicare illustrazioni di poesie di nomi più noti e altre inedite, scritte dalla mia amica Augusta Castellano. Un giorno Fabio mi propose di dare un’occhiata alle poesie del Collettivo K e, volendo, di illustrane qualcuna… ed eccoci qui.
Ti abbiamo chiesto di illustrare le poesie che sono arrivate sul podio del nostro Concorso. Ci descriveresti il processo creativo che sta alla base delle tue opere?
Ho iniziato a illustrare poesie quando ho sentito la necessità di esprimere le mie emozioni in modo più chiaro. La poesia è un linguaggio universale, capace di restituire in ognuno di noi sentimenti differenti; illustrandole, fornisco il mio punto di vista. Il mio lavoro si fonda sulla necessità di dare sfogo alle mie emozioni.
C’è stato un periodo dove disegnavo ciò che mi faceva paura, e un altro dove volevo dar sfogo al mio mal d’amore. Ora cerco di accogliere la grande sfera di sentimenti umani, cercando di uscire dalla mia zona di comfort, ed illustrando poesie di diverso genere. Quando illustro una poesia, cerco di immortalare una delle diverse sensazioni ed immagini che essa evoca: catturo un istante e lo riporto su carta.
Durante la diretta di fine marzo, mentre io, Benedetta, Lucrezia ed Erika conversavamo, tu disegnavi a mano libera. Credi che la tua arte sia viscerale, razionale, entrambe o nessuno dei due?
Penso che la mia arte nasca come viscerale e si razionalizzi nella fase di creazione. Credo che bisogni catturare l’essenza delle diverse idee e cercare di trovare un equilibrio dai diversi spunti. Non sempre è un processo immediato: a volte è davvero frustrante e rimango bloccata davanti al foglio. Quando questo accade, cerco di tenere le diverse idee in testa, come un motivetto di una canzone che rimane impressa, e le porto con me durante le giornate. Arriva poi il momento in cui mi siedo e finalmente riesco a cominciare.
Da questa domanda, in tutti gli ambiti, non si scappa: quali sono stati i tuoi modelli e perché?
Trovo difficoltoso delineare dei modelli: sicuramente posso citare una serie di grandi nomi come Caravaggio, le tele e litografie di Munch, il surrealismo di Magritte, i sentimenti forti degli oli di Van Gogh. Ma nel mio cuore porto anche illustratori e fumettisti più dei giorni nostri, europei o giapponesi.
Hai voglia di mostrarci qualche tua opera? Ce n’è una che preferisci in assoluto rispetto alle altre, e perché?

Ho scelto questa illustrazione perché è la conclusione della prima serie di Affectus in charta. Un’amica di mia madre, vedendola in mostra, mi ha chiesto di poter acquistare l’originale per darla in dono a sua figlia, come regalo di laurea. È la prima opera che ho venduto in assoluto: mi ha reso felice e commossa saperlo come dono di un momento così prezioso.
Ci avviciniamo, purtroppo, alla conclusione del nostro dialogo. Penso sia banale dire che ciascun artista abbia un suo stile, e mostrarlo attraverso le opere. Ma, se dovessi descrivere il tuo con parole, quali useresti? E se dovessi indicare un’opera del passato che avresti desiderato realizzare, quale menzioneresti?
Non riesco sinceramente a rispondere alla prima parte di questa domanda: è ancora presto per descrivere il mio stile in modo definito. Sto ancora cercando il mio tratto caratteristico e sono solo all’inizio di questa bella avventura.
Per quanto riguarda l’opera del passato, desidererei ardentemente esser stata Monet in quel momento in cui, mentre il sole iniziava a filtrare nella nebbia mattutina del porto di Le Havre, ha dipinto “Impressione, levar del sole”.
Chiudiamo ritornando alle origini. La parola “artem” deriva dalla radice ariana “ar“, che originariamente aveva il senso principale di andare, mettersi in moto, muoversi verso qualcosa: ma verso dove sta tendendo l’arte, in questo XXI secolo? Quali direzioni assumerà l’arte negli anni a venire?
Penso che l’arte stia tendendo a raccontare l’essenza delle cose e la bellezza di tutto quello che ci circonda, da un punto di vista sempre più personale. Credo ci sia un bisogno sempre più universale di esprimersi e raccontarsi agli altri attraverso differenti forme d’arte. Inoltre, mi sembra di percepire una maggior attenzione e sensibilità nei confronti di chi, con questi strumenti, è in grado di darci tanto. Penso che l’arte aiuterà ognuno di noi ad esprimerci in quanto individui e sarà sempre più inclusiva, per non farci sentire mai soli, ma parte di un grande qualcosa che evolve in armonia.
Federico