Contro il frastuono del mondo

“Vi è qualcosa nell’essenza del tè che guida verso un mondo di serena contemplazione della vita.” – Lin Yutang

Una citazione che condensa il primo motivo per cui negli ultimi anni mi sono appassionato della seconda bevanda più consumata al mondo. Per preparare il tè in foglie è richiesta una cura particolare, dalla scelta della quantità di foglie alla temperatura dell’acqua, al tempo d’infusione. Conseguentemente il tè abbisogna di ‘presenza’, necessita che ci si ritagli un momento all’interno di giornate sempre più oberate d’impegni, frutto di una società frenetica e depersonalizzante, la quale porta sempre più a distogliere l’attenzione dalle cose veramente importanti. Preparare una tazzina di tè permette quindi di ‘fermare’ il tempo, di riflettere, di ritrovare se stessi. Come sottolineato dal filosofo cinese T’ien Yi-Heng “Il tè si beve per dimenticare il frastuono del mondo.”
I monaci orientali cominciarono a fare uso assiduo di tè durante le meditazioni una volta esperiti gli effetti che il suo consumo aveva sulla concentrazione.
Il tè contiene infatti due composti molto diversi tra loro: la caffeina ad azione stimolante e la L-teanina, aminoacido ad azione rilassante. Il connubio tra queste due sostanze conduce in uno stato al contempo vigile e idilliaco.  
Il secondo motivo del mio interesse risiede nel potere della natura, la quale, alla stregua di Monet nelle serie delle cattedrali di Rouen e delle ninfee, è capace di creare qualcosa di sempre nuovo partendo dallo stesso soggetto. Difatti la pianta da cui si ricava il tè è solo una, la Camellia sinensis[1]; tutti i tipi di tè traggono origine dalla lavorazione delle foglie, dei germogli e di altre parti della medesima: soltanto i metodi di lavorazione differenziano le varie tipologie.

La distinzione più semplice è quella tra tè fermentatati[2]—le cui foglie sono lasciate ossidare[3]—e non fermentati—le cui foglie sono trattate con il calore per impedire parzialmente l’ossidazione. Si riconosce poi una terza categoria, quella dei semifermentati, tè che presentano un grado di ossidazione intermedio. Questa differenziazione appare oltremodo semplicistica. In Cina, che con una produzione annua di circa 2.5 milioni di tonnellate si conferma come primo produttore di tè al mondo, è in vigore un sistema di classificazione più completo messo a punto nel 1979 dal Prof. Chen Chuan dell’Istituto di Agricoltura della Provincia dello Anhui. Tale sistema distingue sei differenti modi di trattare le foglie di tè dopo la raccolta, ai quali si aggiungono gli eventuali successivi processi di lavorazione ed elaborazione del prodotto.

Le sei tipologie di tè di base sono identificate con il colore del prodotto secco o dell’infuso: verde—stabilizzato[4] dopo la raccolta, con grado di ossidazione tra 1 e 5%—; rosso—con un grado di ossidazione tra 90 e 100%, corrisponde al tè nero come conosciuto in occidente—; blu/wulong/oolong—stabilizzato dopo essere stato sottoposto a un’ossidazione che varia dal 15 al’80%, con eventuale tostatura finale—; bianco—fatto appassire all’aria dopo la raccolta, con ossidazione tra 11 e 15%—; giallo—stabilizzato e lasciato riposare con il calore e l’umidità residui, ossidazione attorno al 9%— e nero/pu-ehr/postfermentato—stabilizzato e successivamente sottoposto a fermentazione, ossidazione tra 15 e 100%.
Inoltre, i benefici per la salute umana che possono derivare dal consumo di tè sono copiosi. Una tra le svariate leggende collegate alla scoperta del tè vede il dio dell’agricoltura Shennong, il quale durante una lunga giornata passata nelle foreste alla ricerca di erbe edibili si avvelenò per ben 72 volte, ma prima che i veleni ponessero fine alla sua esistenza masticò una foglia—di tè—trasportata dal vento  nella sua bocca che lo fece guarire.

Questa bevanda è stata ed è tuttora oggetto di diversi studi, il cui obiettivo è conoscere sempre meglio il suo eventuale ruolo curativo. La maggior parte dei benefici del tè sembrerebbe dipendere dalla presenza di grandi quantità di catechine, in grado di rafforzare le difese antiossidantie quindi ridurre il danno a carico delle cellule, con ricadute positive su tutti i tessuti. Grazie all’azione combinata dei derivati polifenolici—flavonoidi, acido clorogenico, caffeico, tannini—in esso contenuti, avrebbe effetti neuroprotettivie potrebbe giocare un ruolo di una certa importanza nella prevenzione e nel trattamento delle malattie neurodegenerative. Esso sembrerebbe inoltre essere in grado di contrastare l’ipertensione e di provenire l’osteoporosi. Diversi sono inoltre gli studi che attribuiscono al tè effetti anti-stress e antinfiammatori.

Chiudiamo con una citazione di Marcel Proust:

Un piacere delizioso mi aveva invaso, isolato, senza ne sapessi la ragione. Mi aveva reso immediatamente indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi guasti, illusoria la sua brevità, allo stesso modo in cui agisce l’amore, riempiendomi di un’essenza preziosa: o piuttosto quell’essenza non era in me, era me stesso. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente, mortale. Da dove poteva venirmi questa immensa gioia? Sentivo che era legata al sapore del tè…

Matteo Cavazzi

Disclaimer: Le informazioni riportate nel seguente articolo sono generali e non esaustive. Questo articolo non ha la pretesa di confarsi a trattazioni scientifiche.


[1] Camellia deriva dal nome latinizzato del reverendo Georg Joseph Kamel , un gesuita ceco del XVII secolo che fu sia missionario nelle Filippine che celebre botanico. Tuttavia non fu Kamel a scoprire la pianta, né tanto meno ad attribuirle il nome: fu infatti Carlo Linneo, a scegliere la denominazione di questo genere in onore al contributo che il gesuita dette alla scienza. Sinensis in latino significa cinese. 

[2] La fermentazione è un processo di trasformazione biochimica per opera di microrganismi cui viene sottoposto il tè quando messo in opportune condizioni di calore e umidità.

[3] L’ossidazione è una reazione chimica che avviene spontaneamente nelle foglie di tè, scurendone il colore.

[4] La ‘stabilizzazione’ è un processo termico—che può essere eseguito con calore secco (tostatura) come nel caso dei tè verdi cinesi o calore umido (vaporizzatura) come nel caso dei tè verdi prodotti in Giappone e altri paesi—che inibisce gli enzimi responsabili dell’ossidazione e permette quindi alle foglie di mantenere il caratteristico colore verde.

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