Sì – No – Boh

Gli inglesi e la Brexit: un update

Ci siamo tutti quasi dimenticati della Brexit. A livello economico-politico, finalmente sembra che il tunnel delle negoziazioni tra Bruxelles e Londra sia finito. A livello sociale, ci sembra ormai inutile capire cosa pensino gli inglesi della situazione. Alla fine l’hanno voluto. O no?

Ho portato avanti un sondaggio tra una trentina di giovani inglesi nati tra il 1993 e il 2003 per capire come stiano vivendo la cosa. Il 71% dei partecipanti nasce tra il 2000 e il 2002, e l’82% non aveva diritto al voto nel Referendum del 2016. Nonostante ciò, più della metà di loro seguì i dibattiti precedenti il Referendum: la loro partecipazione politica era alta. Adesso, due dei partecipanti si dicono contenti del risultato, ma in generale i giovani sono divisi tra chi si è sentito sbattuto fuori dall’Unione Europea senza aver potuto votare, e chi è rimasto indifferenti rispetto alla situazione, convinto che la propria vita non possa cambiare più di tanto.

Tra i partecipanti al sondaggio, l’82% vive nel Regno Unito, e il restante 18% nell’Unione Europea. Com’è cambiata la loro vita con la Brexit? Molti si lamentano di non poter più studiare o lavorare in Unione Europea con la facilità di prima, e viaggiare diventa più difficile. All’interno dei confini, tra quelli che non hanno mai avuto un particolare interesse nell’Europa, c’è chi accusa un rincaro dei beni di prima necessità nell’ultimo periodo; una partecipante evidenzia molte più problematiche a livello economico per le famiglie a bassa disponibilità economica. Secondo lei, “chi ha i soldi” non si accorgerà nemmeno delle variazioni portate dalla Brexit, e chi non li ha ne pagherà tutte le conseguenze. Insomma, niente di nuovo: la classe sociale ha dettato le conseguenze sentite dalle rispettive famiglie. La popolazione più povera sembra essere quella più colpita, soprattutto nell’ultimo anno di pandemia. I benestanti sono colpiti per lo più a livello burocratico, e i giovani sembrano essere rassegnati (o disinteressati?) a non poter studiare o lavorare in Unione Europea.

Per chi è inglese ma ha origini straniere, la situazione è peggiorata a causa degli episodi di razzismo che si sono fatti più frequenti dopo il Referendum. Un partecipante afferma che la sua vita non è cambiata, ma l’ostilità nei confronti della sua famiglia, di origine irachena, è cresciuta. Un’altra partecipate nota come adesso sia estremamente normale essere razzista oppure anti-europeista, come se la vittoria della Brexit non avesse portato altro se non che più divisione. Ma c’è anche chi evidenza come non ci siano state particolari differenze: “Literally no difference people need to get a grip stop crying.” (“Non c’è alcuna differenza, le persone devono svegliarsi e smettere di piangere.”)

Le voci sono contrastanti. Ma in generale, se questi giovani potessero cambiare il risultato del Referendum, lo farebbero? L’82% sì.
Rimane da chiedersi se questo è lo stesso 82% che non aveva diritto di voto nel 2016.

Lucia Bertoldini

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