Come si può parlare di un tema come i tabù?
Questa è stata la domanda che mi ha assillata per giorni, mentre tentavo di comprendere cosa aggiungere a un universo così variegato e ricco. Ci è voluto del tempo per capire che, per me, l’unico modo per trattarlo era legarlo a qualcosa che mi muove ormai da anni, ovvero l’ambito artistico nel senso più ampio possibile; osservarlo poi sotto una luce diversa, valutando come alcune personalità siano state in grado di troncare e modificare dei tabù vigenti, è stato il naturale passo successivo. Trovo infatti interessante scoprire come certi artisti – in particolare pittori, scrittori e fumettisti – abbiano raggiunto un punto di rottura e l’abbiano anche superato, aprendo a nuovi sguardi sul mondo.
Un ambito in cui ciò è avvenuto è appunto quello della pittura, dove molti autori sono stati in grado di distruggere le convinzioni vigenti in precedenza – talvolta guadagnando anche non poche recriminazioni da parte dei committenti, ma ottenendo spesso la nomea di autori immortali per gli occhi del pubblico contemporaneo.
Un autore che con le sue opere ha rotto diversi tabù e ha insegnato un nuovo modo di guardare alla realtà per rappresentarla è Caravaggio. Tra i tanti lavori, uno dei più significativi è la Morte della Vergine del 1604, che scatenò non poche polemiche a causa della figura femminile citata nel titolo. Caravaggio, infatti, scelse di riportare in veste di Madonna, circondata dagli apostoli piangenti e stesa su un letto, una figura molto diversa dall’iconografia classica della dormitio: non c’è pace nel volto terreo, l’aureola è persa nello sfondo scuro da cui è avvolto il capo, il ventre è gonfio, la postura scomposta è acuita dal rigor mortis e le gambe sono nude fin sopra la caviglia, cosa che rende la rappresentazione estremamente terrena e angosciosa. A ciò si aggiunge la leggenda che Caravaggio scelse come modella una prostituta trovata annegata nel Tevere.
I tabù che una scelta simile va a rompere ricadono ovviamente nell’ambito religioso. La forte sublimazione, che vedeva i protagonisti della dottrina come delle figure irraggiungibili e lontane dallo sporco mondo terreno, è distrutta proprio grazie alla decisione di rappresentare la Madonna nelle vesti di una doppia peccatrice – prostituta e, soprattutto, suicida. È un ritorno all’umanità, quindi, che avvicina il mondo evangelico allo spettatore e lo rende partecipe del lutto. Ciò valse comunque a Caravaggio un netto rifiuto da parte dei committenti di un’opera che, invece, ora come ora è considerata uno dei suoi massimi capolavori.
Facendo un salto in avanti fino alla Parigi del 1866, un altro lavoro che ha sconvolto gli spettatori – e li sorprende ancora oggi – è L’origine del mondo di Courbet. La piccola tela è uno dei tanti prodotti di un secolo costruito su scandali nella storia dell’arte, dettati dalle proposte degli impressionisti e lo sguardo oggettivo della pittura realista, che andavano contro il gusto più classico e statico che guidava il Salon.
A sentirne solo il titolo, si potrebbe pensare che rappresenti qualcosa legato a un gusto religioso e arcaico; tuttavia, L’origine del mondo ha come soggetto gli organi genitali di una donna, messi in evidenza da una composizione dal taglio fotografico che nasconde il volto della modella a favore di una rappresentazione del busto. La pittura è oggettiva, senza alcun velo, e manca una qualsiasi idealizzazione nella forma e nella posa, che appaiano molto naturali e intime, tanto da aumentarne la distanza dal mondo accademico; il realismo così crudo, oltretutto, impedisce anche che l’immagine scada nel pornografico.
La rottura, in questo caso, è legata ai tabù che costringevano solo un particolare tipo di visione del corpo femminile: la nudità era infatti riservata al mondo mitologico, che permetteva di trattare temi erotici e sensuali senza il rischio di fare scandalo – basti pensare a La nascita di Venere di Cabanel del 1863, che fu addirittura acquistata dall’imperatore. La scelta di Courbet di proporre dei soggetti reali, invece, riporta il corpo femminile su un piano reale e tangibile, così semplice da riconoscere come vero da urtare la morale corrente.
Un’autrice che, infine, è riuscita a distinguersi sia grazie alle sue opere, sia per lo stile di vita e le scelte politiche attuate, è stata Frida Kahlo. La sua è un’arte complessa, ricca di rimandi alla vita privata e alla cultura messicana, medita da uno stile pittorico immediato e di grande impatto, che rende i suoi lavori riconoscibili e in grado di smuovere lo spettatore.
In particolare, il centro fondamentale della produzione artistica è stato il suo stesso corpo e le vicissitudini a cui è andato incontro; fin dall’incidente avuto in giovane età, che le fratturò la colonna vertebrale in più punti, passando per i diversi aborti e l’infezione che le fece perdere una gamba, ha sempre mostrato il dolore in ogni sua sfumatura, senza pietismo. In quest’ottica, un’opera importante è La colonna spezzata del 1944, nella quale propone un autoritratto in cui il corpo nudo, sostenuto da una colonna ionica rotta in più punti, è trafitto da chiodi e costretto da cinture; tuttavia, per quanto il volto sia coperto di lacrime, l’espressione non è di puro dolore, bensì illuminata da una forza che la spinge a guardare negli occhi lo spettatore.
Qui si parla di tabù diversi, per quanto legati ancora alla sfera del corpo. La disabilità e non le fisicità del tutto aderenti agli standard imposti dai gusti del momento, in particolare, costituiscono il cardine di dibattiti ancora oggi di grande rilevanza; Frida Kahlo, nella sua produzione artistica, ha dato loro estrema importanza con una dignità ineguagliabile.
Nonostante tali rotture, bisogna però tener conto che alcuni tabù non sono riusciti a svincolarsi dalla loro nomea. Per quanto la cultura attuale si vesta di una certa libertà di espressione, questa rimane tuttavia qualcosa di effimero e difficile da raggiungere a causa di una visione del mondo più censurata; gli esempi solo nell’ambito artistico si sprecano – si pensi alle statue coperte nelle loro nudità, o a murales criticati aspramente per dove sono stati fatti –, cosa che trovo alquanto demoralizzante. Come può l’ambito più libero di tutti, nonché quello in grado di lanciare i messaggi più forti e attuali, essere ancora vessato da simili limiti?
Nel caso in cui non ci crediate, provate a postare l’opera di Courbet su Facebook…
Rebecca Bonini