Che cos’è la bellezza? Che cosa significa davvero essere belli? Dove si delinea quella sottile linea di demarcazione che distingue ciò che è bello e ciò che non lo è? Si limita all’estetica o ha valenza anche in altri orizzonti? Se indagassimo sulle opinioni delle auctoritas più eminenti del passato, apparirebbe immediato che tali risposte sarebbero incomparabili e inconciliabili tra loro. E anche qualora spostassimo le pagine del libro della storia in avanti ci accorgeremmo che la situazione ai giorni nostri non è per nulla cambiata nel tempo.
La nostra società ci propina dei modelli da seguire, dei palinsesti che possiamo usare per orientarci verso una sorta di stereotipo standardizzato e omologato. In questo modo si persegue il canone di perfezione inculcato dai media, dalle filosofie e dalle religioni; cui obiettivi finali sono quelli di spingerci verso ad una perfezione fittizia ed edulcorata. Il tabù che la vera bellezza sia quella ostentata dalle televisioni, dai giornali e dalle pubblicità, seppur subliminalmente, va demolito. La storia stessa ci ha insegnato che è impossibile classificare la bellezza come qualcosa di oggettivo, indiscutibile e universale.
Ognuno ha la propria concezione della bellezza, e noi tutti abbiamo constatato che la sensazione inebriante e appagante della bellezza ci travolge con la sua potenza in moltissime situazioni diverse della vita quotidiana. Per esempio quando ammiriamo un quadro, quando contempliamo un panorama mozzafiato, quando strabuzziamo gli occhi perché incrociamo gli occhi di una bella ragazza o di un bel ragazzo, o anche quando vediamo il calciatore colpire perfettamente con il collo del piede il pallone dal calcio di punizione imprimendo una traiettoria che scende al momento giusto per entrare in porta.
Come è possibile che queste circostanze siano accomunate dalla medesima sensazione? E come può sempre la medesima sensazione essere tanto appagante per una persona quanto completamente indifferente per un’altra? Partendo da queste domande, un individuo costruisce sé stesso. Chiunque prova ad avvicinarsi di più a ciò che ritiene bello e lo ricerca costantemente per poter sfamarsi dei suoi frutti e rimanere ammaliato del suo fascino.
Si suol dire che: “Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace”. Ciò che piace può anche essere dannoso o può arrecare sofferenze, può essere anche qualcosa di sbagliato come l’utilizzo di droghe o il narcisismo sadico dei serial killer, che sostengono di trarre piacere dal veder gli altri soffrire. Quindi non per forza è buono ciò che è bello. Né buono né tantomeno virtuoso, anche se quasi 2500 anni fa uno dei sommi filosofi greci scrisse: “Non dalle ricchezze, ma dalle virtù nasce la bellezza”.
Sono parole di Socrate, tratte dalla Apologia, che sostengono quindi che la bellezza nasce dalle virtù degli uomini e non dall’abbondanza. Tuttavia l’abbondanza spesso si nasconde dietro le virtù ed è indissolubilmente vincolata ad esse.
Un artista che scolpisce la sua opera, soprattutto nella cultura classica, ambiva a rappresentare la perfezione nei suoi dettagli più minuziosi e precisi; e maggiore era l’abbondanza di rifiniture e di ritocchi allora migliore era il risultato. Tuttavia le avanguardie ci hanno insegnato che può essere bella anche l’arte minimalista o quella astratta, come i tagli di Fontana, per portare poi questo concetto di esasperazione all’estremo con il Dadaismo attraverso opere come la “Merda di artista” di Piero Manzoni.
L’arte è l’esempio più concreto attraverso cui esprimere l’eterogeneità del valore della parola bellezza.
La vera bellezza sarà forse quella che tanto celebravano gli edonisti come D’Annunzio che esaltavano il piacere come conseguenza della bellezza fisica? Quella che è strettamente legata alla passione e meno ai sentimenti. O magari la parola chiave della bellezza sarà proprio: “sentimenti”? Perché ogni cosa diventa più bella o più memorabile se vissuta con un forte stato emotivo.
Pensate che anche i luoghi che sono pregni di significati possono risultare più belli e suscitare in noi una risposta ancora più suggestiva e seducente.
Spesso i luoghi più belli sono quelli naturali. Infatti, non per niente la natura spesso è stata additata come sorgente originaria di bellezza. I Naturalisti si identificarono così, ma non basta neanche l’immensità dell’universo a racchiudere il concetto di bellezza. Questo perché la bellezza del mondo, per quanto sia affascinante e ineffabile, non sempre riesce a raggiungere in profondità l’animo umano e scuoterlo. Nonostante la terra, una microscopica particella di polvere se paragonata all’infinità dell’universo, sia ricca di incredibili caratteristiche, non è sufficiente a racchiudere la bellezza. Se così fosse un cieco non saprebbe mai cosa sia la bellezza.
Sfaldare questo tabù e individuare quale sia la vera bellezza non è possibile.
La vera bellezza, probabilmente, è qualcosa di più astratto di quel che verrebbe da ipotizzare – infatti non sono belle solo le cose che vediamo, ma anche quelle che sentiamo e tocchiamo.
La bellezza la vediamo in modo diverso in ogni cosa, quindi se questa sensazione gradevole ci arriva in tutti questi modi è probabilmente perché ognuno ha una propria concezione di bellezza che viene sempre più messa a fuoco con l’esperienza, che nel tempo si amalgama con aspetti emotivi e diventa sempre più nitida con il tempo, attraverso la scoperta di aspetti del mondo che ci sembra di ignorare.
La bellezza non sarà quindi ciò che ci piace, né ciò che è virtuoso o quello che è buono; essa proviene da noi, e la vediamo nel mondo perché, per nostra vocazione, siamo attratti da ciò che ci colpisce come individui, come singoli.
Ognuno vede le cose a modo proprio e le percepisce in modo autonomo in base al modo in cui vive questa propria esperienza; basta solo trovare la propria lente d’ingrandimento e individuare la nostra personale idea di bellezza. Sarà allora che quel tabù cui prima credevamo potrà dissolversi e diventare aria.
Dario Bartolucci Lupi