Madeleines e Titani

Qui i primi 70 film della Lista

Sono nato nel 1980, a Tirano. Anno e luogo sono importanti. L’anno perché determina le mie madeleines cinematografiche, vale a dire i film con cui sono cresciuto. Il luogo perché nella Valtellina prima di Internet non è che la vita di un cinefilo, sia pure in erba, fosse facilissima. Alcuni titoli presenti nella Lista ho impiegato più di vent’anni a trovarli…
Questa puntata, che va dal 1979 al 1987, tocca giocoforza alcune corde emotive importanti. Se dovessi scegliere i dieci film della mia infanzia, solo due corrisponderebbero a quelli in elenco oggi: The Blues Brothers ed E.T. l’extra-terrestre. E gli altri? Vediamo un po’: I Goonies su tutti; e poi Gli Intoccabili, L’allenatore nel pallone, la saga di Fantozzi, quella di Guerre Stellari (compreso il tremendo Il ritorno degli Ewoks, il primo film che vidi in sala, nel 1986), Da grande, tutti i titoli di Bud Spencer e Terence Hill, la serie Don Camillo, La spada nella roccia, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Insomma, prodotti commerciali. Ma quanto li amavo! E quanto li amo ancora!
Sarà il caso, sarà un meccanismo psicologico, ma gli otto che si differenziano oggi sono quanto di più cinefilo possiate immaginare. Veri e propri titani, per mole e contenuti. Imprese difficili, alcune al limite del folle. Capolavori assoluti, pietre miliari per chi dal Cinema vuole tanto, tantissimo. E per ricevere, tocca dare…
Anche la puntata è titanica, lo so. Ma faccio conto che vi stiate godendo le vacanze, e possiate/vogliate dedicarmi qualche minuto in più. Non dovrei essere io a dirvelo, ma credo proprio che ne valga la pena…

APOCALYPSE NOW
(USA, 1979; col., 153’) di Francis Ford Coppola. Con Martin Sheen e Marlon Brando.
Vietnam. Il capitano Willard, alcolizzato e disilluso, riceve un incarico segreto. Dovrà risalire un fiume fino in Cambogia per stanare e uccidere il colonnello Kurtz, un ufficiale dei marines che, impazzito, ha radunato una tribù di indigeni che l’hanno eletto a divinità.
PERCHÉ VEDERLO
Qualunque cosa possiate cercare in un film, state pur certi che qui lo troverete. Coppola dipinge il Vietnam come una sorta di luna-park degli orrori. Tutto è esagerato fino a sfiorare il kitsch, eppure è sublime. C’è spazio per Conrad (il cui Cuore di Tenebra fornisce lo spunto per la trama), per l’Inferno di Dante e soprattutto per  Nietzsche. E oltre a quella originale, ne esistono altre due versioni, diverse per montaggio e finale… Uno dei film più importanti di sempre. Personalmente, l’ho visto per la prima volta a noleggio su una vhs usuratissima nel 1996, e da quel giorno la mia vita si è indirizzata sulla via del cinema.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Francis Ford Coppola, negli Anni Settanta, ha inanellato una serie pazzesca di capolavori: Il Padrino (1972),Il Padrino – parte seconda (1974) e La conversazione (1974). Poi è cominciato il declino, per quanto non trascurerei Bram Stoker’s Dracula, del 1992. 

IL RACCONTO DEI RACCONTI
(Skazka Skazok, URSS, 1979; col., 28’) di Jurij Norštejn.
Una mela abbandonata. Un tenero lupacchiotto. Una donna che allatta. E in mezzo, la Storia della Russia…
PERCHÉ VEDERLO
Quando qualcuno (e succede spesso) riduce l’animazione a divertissement per bambini, indico a colpo sicuro questa meraviglia del sommo Norštejn. Un flusso di coscienza inarrestabile, realizzato a tecnica mista, che sintetizza in meno di trenta minuti la storia recente della nazione più estesa del pianeta. Non tutto è comprensibile, almeno agli occhi di chi russo non è. E va benissimo così, perché meno dettagli coglierete, più sarete invogliati a riguardarlo. Eletto miglior film di animazione di sempre: per una volta, il titolo è più che meritato.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Norštejn, meticolosissimo, ha girato solo una manciata di cortometraggi. Fra di essi, Il riccio nella nebbia (1975) che in quanto a bellezza compete alla pari con Il racconto dei racconti. Se volete espandere i vostri orizzonti, guardate pure… in Italia, ai grandissimi Giulio Gianini ed Emanuele Luzzati e ai loro Pulcinella (1973) e Il flauto magico (1978): non ve ne pentirete.

THE BLUES BROTHERS – I FRATELLI BLUES
(The Blues Brothers, USA, 1980; col., 132’) di John Landis. Con John Belushi e Dan Aykroyd.
Per evitare la chiusura dell’orfanotrofio in cui sono cresciuti, i fratelli Jake ed Elwood Blues decidono di rimettere insieme la vecchia band per un ultimo trionfale concerto. Peccato che siano inseguiti da poliziotti, bifolchi, neonazisti e da una misteriosa ragazza armata di bazooka…
PERCHÉ VEDERLO
A metà fra un cartoon con attori in carne e ossa e il più sfrenato dei musical, The Blues Brothers è la quintessenza del cult movie: gag spettacolari, battute memorabili e una colonna sonora da urlo (Aretha Franklin, Ray Charles, Cab Calloway e molti altri). L’indimenticato John Belushi e la sua spalla Dan Aykroyd chiudono i conti con i Seventies e conducono il pubblico dritto nel nuovo decennio. Il classico film che si riguarderebbe all’infinito.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Esplorate la filmografia di John Landis: il divertimento è garantito! Qualche esempio? Animal House (1979, sempre con Belushi), Un lupo mannaro americano a Londra (1983) e, nello stesso anno, il videoclip (termine molto riduttivo) della canzone Thriller di Michael Jackson. Se invece cercate musical atipici, l’impresa è ardua, per quanto forse Fratello, dove sei? (2000) dei Coen…

E.T. L’EXTRATERRESTRE
(E.T. the Extra-Terrestrial, USA, 1982; col., 115’) di Steven Spielberg. Con Henry Thomas e Dee Wallace.
Un bambino trova un piccolo alieno. Mentre gli adulti lo braccano per studiarlo, i ragazzi combattono perché possa ritornare a casa.
PERCHÉ VEDERLO
Film emblema degli Anni Ottanta, E.T. è molto più di quanto sembri, così come Steven Spielberg è a tutti gli effetti uno degli autori più importanti del cinema americano. Nella perfetta storia per tutta la famiglia si nascondono un’infinità di rimandi e sottotesti che lo rendono la “palestra” migliore in assoluto per esercitarsi nell’analisi filmica.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Il tema degli alieni era già stato affrontato da Spielberg in un altro capolavoro, Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977). Se invece siete attratti dagli Eighties, come tralasciare I Goonies (1985), di Richard Donner?

DIARY
(Yoman, Israele, 1983; BN e col., 360’) di David Perlov.
Dal 1973 al 1983 David Perlov, uno dei padri del cinema israeliano, riprende con una videocamera amatoriale pressoché ogni momento della propria quotidianità.
PERCHÉ VEDERLO
Diviso in sei parti da un’ora ciascuno, Diary è una delle esperienze cinematografiche più incredibili che vi possano capitare (sempre che abbiate l’enorme fortuna di poterlo vedere). Armato di una cinepresa 16 mm, il grande documentarista coglie una serie di aspetti anche apparentemente insignificanti della propria vita e di quella di chi gli sta attorno, risignificandola sapientemente in fase di montaggio. Quello che ne viene fuori è un ritratto non solo familiare, ma anche epocale e politico, assolutamente indimenticabile. Un assoluto capolavoro del Cinema, e non solo del documentario diaristico.
DOVE TROVARLO 
Praticamente introvabile, purtroppo…
…E SE VI È PIACIUTO
Il cinema diaristico non è facile da trovare. Sicuramente il parallelo più logico è con l’opera di Ross McElwee, specialmente la trilogia Sherman’s March (1985), Time Indefinite (1993) e Bright Leaves (2003). Per un approccio più “facile” e diretto, Caro diario (1993) e Aprile (1998), entrambi di Nanni Moretti.

C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA
(Once Upon a Time in America, USA/Italia, 1984; col., 218’) di Sergio Leone. Con Robert De Niro e James Woods.
Le peripezie tra il 1920 e il 1968 di due gangster ebrei newyorkesi, fra amicizia e continui reciproci tradimenti.
PERCHÉ VEDERLO
Si può coniugare in un solo film la narrazione quasi epica delle gesta malavitose durante il Proibizionismo e la Recherche proustiana? Parrebbe impossibile, ma è esattamente questo il cuore dell’ultimo film di Sergio Leone, che non è che una delle più profonde riflessioni su Tempo e Memoria che il Cinema abbia mai proposto, mascherata da gangster movie, coadiuvata nell’intento dalla colonna sonora di Ennio Morricone, forse la sua migliore… C’era una volta in America è un film sbilenco, disomogeneo, eccessivo (ellissi narrative di 35 anni, ma più di un minuto per mostrare un cucchiaino che gira lo zucchero nel caffè). Per alcuni (gli americani in primis, ma anche qualche critico in Italia) un difetto imperdonabile. Per quasi tutti gli altri, è proprio questo a farne uno dei film più belli di sempre. In definitiva, di Sergio Leone possono non piacervi le storie. Ma se non amate il suo modo di raccontare, temo proprio che abbiate un problema con il Cinema…
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Sergio Leone ha girato pochissimi film, sostanzialmente due trilogie. La Trilogia del Dollaro: Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966). La Trilogia del Tempo: C’era una volta il West (1968), Giù la testa! (1971) e appunto C’era una volta in America. Ci sarebbe pure il film d’esordio, Il colosso di Rodi (1961), ma su quello potete soprassedere.

HEIMAT (saga)
(Repubblica Federale Tedesca [poi Germania], 1984/2013; BN e col.; 940’ + 1532’ + 699’ + 146’ + 230’) di Edgar Reitz. Con Marita Breuer e Henry Arnold.
Storia della famiglia Simon che vive nell’immaginario villaggio di Schabbach, nell’Hunsrück tedesco, divisa fra chi arriva (L’altra Heimat – Cronaca di un sogno [2013] che racconta il periodo 1840-1843), chi resta (Heimat [1984], 1919-1984), chi parte (Heimat 2 – Cronaca di una giovinezza [1992], 1960-1970) e chi torna (Heimat 3 – Cronaca di una svolta epocale [2005], 1989-2000)
PERCHÉ VEDERLO
Premessa: raccontare le quasi 60 ore della saga di Edgar Reitz (composta dalle quattro parti sopra elencate, più l’antologico Heimat – Frammenti: le donne del 2006) nelle consuete 150-200 parole è impresa improba. Non basterebbero le oltre ventimila dell’intero progetto 100 film… Ad ogni modo, proviamo a essere sintetici. Tempo, Memoria e Storia, ancora. E ancora una volta ecco fare capolino Proust (come quasi sempre del resto: non rimarrebbe che leggerlo…), anche se strutturalmente il regista sembrerebbe più vicino al Thomas Mann de I Buddenbrook. Al centro di HEIMAT c’è, in buona sostanza, il rapporto fra Storia universale e storia personale, e, a partire dalla seconda parte, l’eterna dicotomia Arte/Vita. In mezzo c’è tutto, e tutto è raccontato nel più meraviglioso dei modi. Sembra incredibile, ma ogni cosa è al top: attori (quasi tutti non professionisti presi da filodrammatiche amatoriali), sceneggiatura, fotografia (che alterna colore e BN), montaggio. E, sopra ogni cosa, la regia.
Resterebbe da capire come affrontarlo: le colossali tre parti principali sono divise rispettivamente in 11, 13 e 6 capitoli, mentre le altre due sono singoli lungometraggi. Occorre tempo (al ritmo di uno al giorno, un mesetto), ma sorprendentemente nessuna fatica: il racconto scorre via che è un piacere. E alla fine vi sembrerà che sia durato troppo poco. Provare per credere!
Una piccola confessione: ho amato, e amo, così tanto la saga da rifiutarmi ostinatamente di concluderne la visione finché non sarò sicuro che non ve ne saranno nuovi capitoli. Per questa ragione sia i Frammenti che L’altra Heimat restano per il momento sullo scaffale…
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio: 1; 2; 3; L’altra Heimat
…E SE VI È PIACIUTO
Davvero dopo 60 ore vorreste vedere altro? O siete insaziabili buongustai, oppure folli… Prima di Heimat, e del conseguente passaggio alla produzione televisiva, Reitz è stato molto attivo nel campo del cinema d’essai e sperimentale. Fra tutto vi consiglio il sorprendente film d’esordio, Mahlzeiten, del 1967. Volete altri film monstre? Ci sarebbero Berlin Alexanderplatz (Rainer Werner Fassbinder, 1980, 894 minuti), e Out 1 – Noli me tangere (Jacques Rivette, 760 minuti), però il livello è molto inferiore…

SHOAH
(Francia, 1985; BN e col., 570’) di Claude Lanzmann.
Monumentale documentario sul genocidio degli Ebrei europei perpretato dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale.
PERCHÉ VEDERLO
Altro film colossale, per 9 ore e 30 minuti di durata, Shoah non è solo Cinema, ma qualcosa di più. Composto da sole interviste suddivisibili in tre macrogruppi (Sonderkommando; ex nazisti; testimoni), senza nessuna immagine di repertorio, è la più radicale indagine sulla Morte che sia mai stata realizzata, e non solo su pellicola. Al contempo bellissimo e insostenibile, ha ulteriori meriti: applica al metodo storiografico classico (l’analisi dei documenti, deficitaria per la sistematica distruzione delle prove messa in atto dai tedeschi) il contraddittorio tipico della procedura giudiziaria. L’impresa di affrontarlo non è fra le più facili, anche solo per la crudezza del racconto, ma si dice che esista un modo di concepire il Cinema prima di aver visto Shoah, e uno dopo, ed è vero.
DOVE TROVARLO 
OPAC Sondrio.
…E SE VI È PIACIUTO
Il complesso processo produttivo per la realizzazione di Shoah (400 ore di girato, 5 anni di riprese, 7 di montaggio) ha generato tre documentari che lo completano: Un vivo che passa (1999), Sobibor – 14 ottobre 1943, ore 16.00 (2001) e L’ultimo degli ingiusti (2013).

TAIPEI STORY
(Qing mei zhu ma, Taiwan, 1985; col., 120’) di Edward Yang. Con Hou Hsiao-Hsien e Tsai Chin.
Una giovane coppia sogna di emigrare negli Stati Uniti. Lei perde il lavoro, e lui incoccia in una serie di scelte sbagliate. Riusciranno nel loro intento?
PERCHÉ VEDERLO
Il grande Jean Luc Godard diceva che i Lumière ci hanno insegnato lo straordinario dell’ordinario, mentre Méliès l’ordinario dello straordinario. Se il cinema mainstream ha seguito Méliès, Yang appartiene all’altra scuola. Le sue storie sono minime, i suoi personaggi sono uomini qualunque che vivono, per dirla con Attilio Bertolucci “addormentati entro il dolce rumore della vita”. Ma lo stile! Una meraviglia a ogni fotogramma: inquadrature degne di Ozu (!) e luci e colori che sembrano dipinti da Caravaggio. Impossibile non innamorarsene!
DOVE TROVARLO 
Online, sottotitolato.
…E SE VI È PIACIUTO
Di Yang, scomparso prematuramente, ci è arrivato troppo poco. Proprio per questo non fatevi sfuggire il suo ultimo film, Yi Yi – e uno… e due…, del 2000.

YEELEN – LA LUCE
(Yeelen, Mali/Burkina Faso/Francia/Repubblica Federale Tedesca, 1987; col., 105’) di Souleymane Cissé. Con Issiaka Kane e Aoua Sangare.
Nel Mali primordiale, un padre e un figlio di etnia bambara, entrambi maghi potentissimi, si sfidano in un duello all’ultimo sangue. Il secondo vorrebbe diffondere le arti magiche; il primo, impedirglielo.
PERCHÉ VEDERLO
Definito, a ragione, dallo storico Mark Cousins “il più complesso oggetto filmico dai tempi di 2001 – Odissea nello spazio”, (nell’illuminante documentario The Story of Film), non è il primo film prodotto nell’Africa subsahariana (cfr. La nera di…), ma lo è per quanto concerne il Mali. Per lo spettatore occidentale, è uno shock senza precedenti. Tutto è evidente, nulla è intellegibile. Ci troviamo agli albori della civiltà, in uno spazio/tempo inesplorato, lontano da qualunque cosa che possa risultarci familiare. Una volta superato l’iniziale spaesamento, vi troverete di fronte a una narrazione di ineguagliabile potenza. Forse però non vi basterà vederlo una volta appena. Mesmerizzante. Unico.
DOVE TROVARLO
Online, sottotitolato in inglese. 
…E SE VI È PIACIUTO
Unico, dicevamo. Un hapax incomparabile, che merita di rimanere oggetto alieno, a sé stante. Al limite, volgetevi su altri titoli con le stesse caratteristiche (se avete seguito tutto il progetto, qualcosa dovreste avere in mente…)

Mattia Agostinali

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