Rebecca nasce a Milano nei primi giorni del settembre del ’97, agli albori di quello che dicono fu un autunno caldissimo. Tempo undici mesi e già camminava e borbottava Buonggionno come saluto a chi le si parava davanti, ma tali sprazzi di intraprendenza si sono esauriti nel corso degli anni successivi a favore di una quieta tranquillità e una pazienza encomiabile che, miscelati a una precisione quasi maniacale e un senso dell’ordine troppo spiccato, costituiscono i tratti salienti della sua personalità.
Nel corso della carriera scolastica ha avuto modo di scoprire quanto abbia un animo diviso tra un lato artistico e uno analitico. Forse è per questo che ha deciso di intraprendere un corso universitario sconosciuto e dal nome lunghissimo – Scienze e tecnologie per lo studio e la conservazione dei beni culturali e dei supporti dell’informazione –, ma in grado di fondere entrambi gli aspetti; che abbia proseguito con la magistrale associata, dal nome più corto ma altrettanto intricato, e voglia poi continuare con qualcosa che le possa permettere di procedere su binari simili è diventato scontato.
E pensare che da ragazzina avrebbe voluto fare la scrittrice. Complice il suo essere una grande lettrice, infatti, ha finito per scribacchiare lei stessa alcune storie, sentendosi abbastanza brava da arrivare ad accarezzare l’idea di intraprendere una delle carriere più belle e difficili di sempre. Ora si accontenta di continuare a buttare su carta ciò che le frulla per la testa, ogni tanto tentata ancora dal sogno di fare quel passettino in avanti, e di leggere ogni romanzo che le capita sottomano, evitando al contempo di pensare a tutti i libri che non riuscirà mai a sfogliare – pena crisi di ansia e un profondo fastidio esistenziale per il fatto che la notte è meglio dormire. O forse no?
Rebecca