“Quieta tranquillità, pazienza encomiabile, precisione quasi maniacale e senso dell’ordine troppo spiccato” — così, cara Rebecca, ieri ti sei presentata ai nostri lettori. Vuoi dirci di più su questi tratti? Da dove nascono e dove, secondo te, ti porteranno?
Mi verrebbe da dire che questi tratti sono parte del mio carattere da sempre. Da un lato, infatti, sono una persona a cui piace fare le cose al meglio delle sue possibilità, da cui il mio essere molto attenta e precisa, mentre dall’altro odio la fretta e l’affanno, cosa che è legata alle altre due caratteristiche. Per il momento sono degli aspetti che mi hanno aiutata durante lo studio e credo che mi daranno una mano anche poi, quando arriverà il momento di abbandonare la copertina di Linus che rappresenta l’università.
Mi hanno però aiutata anche in altro, vedasi lo scrivere. Un piccolo appiglio a cui fare sempre affidamento, insomma.
Dalla biografia emerge la passione-ossessione per la lettura (spasmodica o meno), con anche una parentesi — ironica, credo io, ma forse non troppo — dedicata al fatto che le passioni ostacolino, spesso, il dormire, o almeno il dormire tanto — cosa che, confesso, vivo anche io. Credi che questo indichi un eccesso di passione, dunque un qualcosa “da ridurre”, oppure che questo sia solo un indicatore di quanta passione tu abbia, e che dunque vada bene così?
Sono più d’accordo sul vederlo come un indicatore. Certo, è importante non portare le proprie passioni all’estremo, in quanto le e ti bruceresti nel farlo, ma anche lasciarsi trasportare di tanto in tanto non è male.
Poi, riguardo la lettura in sé, sono in un momento in cui mi chiedo se sia meglio leggere di meno e con più attenzione nei confronti dei titoli scelti, oppure continuare come ho fatto fino ad adesso, ma questa è un’altra storia.
Oltre al leggere e allo scrivere, anche la componente artistica — come accennavi — è per te fondamentale. Vuoi dirci di più su questo?
Complice l’ambiente in cui sono cresciuta, mi piace moltissimo la storia dell’arte, in particolare la pittura. Da piccola solo perché la trovavo bella – volete mettere quanto sia incredibile un quadro di Klimt, per esempio? –, ora anche perché la considero un indicatore di tantissimi aspetti e un vettore comunicativo chiaro per chiunque. La forma è molto più immediata della parola, a pensarci. Se avessi la pazienza e il tempo per imparare a disegnare, lo farei subito.
Veniamo a una domanda, diciamo così, più “creativa”: tre parole con cui Rebecca Bonini definisce se stessa e perché.
Azzurra, perché è colore che rimanda alla calma e alla pazienza. Oltretutto, l’acqua ha questa sfumatura, e io ho l’anima da pesciolino.
Silenziosa, perché è un’altra parte di me. Per quanto sappia che la parola parlata è importante, trovo che abbandonare il silenzio a favore di un chiacchiericcio continuo sia estenuante e mi allontani da me stessa.
Tenace, perché, se voglio fare qualcosa, lo porto a termine, non importa quanta fatica io faccia. Questa è un’aggiunta abbastanza recente, perché prima di qualche mese fa non credo che l’avrei mai usata per descrivermi; al massimo, avrei indicato un cocciuta, che però ha un’accezione più negativa. E invece vedi cosa ti fa scoprire il lockdown…
È ormai da qualche mese che questa Rebecca azzurra, silenziosa e tenace ci regala i suoi scritti. Cosa ti aspettavi, come ti sei trovata e cosa ti aspetti ora, che ci conosci molto meglio?
All’inizio ero molto, molto ansiosa – altra caratteristica a cui forse avrei dovuto dare risalto nella biografia, ma pazienza. Per quanto mi avesse dato una carica pazzesca la proposta di collaborare con Bottega di Idee, temevo di non essere all’altezza delle aspettative e di incasinarmi con gli altri impegni che ho.
Invece, lavorando pian piano, mi sono resa conto di quanto mi piaccia avere uno spazio simile in cui stare. È molto liberatorio e mi dà la possibilità di riflettere e approfondire argomenti che mi stanno a cuore. Non so come andrà nei mesi successivi, ma spero di poter portare articoli sempre più interessanti e pieni di spunti.
Ci hai svelato che la tua prima rubrica sarà su fantasy, fumetti e letteratura, e che è ancora un work in progress. Qualche spoiler per i nostri lettori più curiosi?
Per quanto stia ancora definendo la modalità, mi piacerebbe parlare di alcuni autori fondamentali di questo genere e di come sia molto sfaccettato – non solo composto da draghi e antagonisti con manie di distruzione universale. Oltretutto, trovo che sarebbe interessante lasciare anche il mio piccolo punto di vista da scribacchina, mostrando quanto un genere che (spesso) è considerato poco importante e semplice abbia invece una complessità non indifferente.
Ultimissima domanda: quali sono, solitamente, i soggetti delle tue storie? Che caratteristiche hanno? E perché?
Per risponderti citerò mio padre, che una volta mi ha detto che ho una “passione per l’orrido”. La frase è riferita a una città che a me è piaciuta e a lui no, ma trovo si adatti bene anche allo scrivere: lavoro con personaggi lontani da chi li circonda, con qualcosa di diverso che deve uscire, e non sono mai del tutto positivi. Spesso sono dettagli in un mosaico più grande, tanto che ci si perderebbero dentro se non li avessi notati e tirati fuori. Le trame in sé, poi, dipendono molto dal genere in cui mi cimento, ma vogliono tutte essere le più naturali possibili e raccontare qualcosa in cui sia semplice rivedersi. Ogni volta che qualcuno mi dice che si è riconosciuto in un personaggio è una piccola vittoria.
Federico