Prefisso verbale e nominale che in molti vocaboli derivati dal latino o formati modernamente indica separazione (per es. disgiungere), dispersione (per es. discutere, che propr. significa «scuotere in diverse parti»), e più spesso rovescia il senso buono o positivo della parola a cui si prefigge (per es., onore – disonore; simile – dissimile; piacere – dispiacere) – Treccani
Distinguo. Disagio. Disgiunto.
Tre parole. Una sola radice – la radice del nostro tempo.
Sarà di questo che ci occuperemo insieme, da ottobre a dicembre: prima, i distinguo.
Viviamo in un’epoca di confusione concettuale, ancor prima che pratico-operativa. Sono tanti i concetti che esprimono la modernità: transumanesimo, nichilismo, interrelazione, liquidità, scarto. Scioglierne le tensioni interne scopriremo essere un esercizio molto simile all’individuarne le loro specificità – e, dopo aver fatto questo, rintracciarne l’armonia si configurerà come la chiave di volta per (anche soltanto questo sarebbe prezioso) un accenno di comprensione del tempo in cui viviamo, e da cui siamo percorsi.
Ottenuto ciò, muoveremo verso quello che, per più di un versante, crediamo si configuri come il primo effetto (ma anche la prima causa) del mondo in cui viviamo e, più di tutto, della sua impostazione consumistica escludente, che ha portato i più fini tra i filosofi della contemporaneità a parlare di vite di scarto (Zygmunt Bauman) e vite precarie (Judith Butler): il disagio. Non ne si parlerà nella già tante volte menzionata impostazione freudiana – Disagio della civiltà, Totem e Tabù, eccetera – ma in una con meno tradizione letterario-filosofica, ma senz’altro più centrata su quanto viviamo oggi: parleremo di iperidentità (parafrasando il titolo di Elena Croci), di tecnologia che siamo (Francesco Parisi), e soprattutto di possibilità etico-estetiche di riconfigurazione dell’uomo, non già verso ciò che è stato sapendo di esserlo, ma in una (letteralmente) allucinante prospettiva distopica che mostrerà, solo di riflesso, cosa potrebbe diventare a sua stessa insaputa.
Ciò ci consentirà, infine, di teorizzare (avendo identificato prima le coordinate del nostro tempo, e dopo il soggetto che potrebbe uscirne) una nuova forma di soggettività, in grado tanto di vivere in un futuro instabile, privo di certezze e punti di riferimento, quanto di – per dirla con uno slogan decisamente troppo in voga – restare umano: sarà un soggetto disgiunto, internamente scisso, a essere individuato (da questo trittico di articoli) come il vero centro della questione. Un soggetto, questo, che, pienamente inserito nel XXI secolo, raccoglie l’eredità dell’uccisione di Dio nietzscheana ma anche del concetto di uomo, da quest’uccisione ucciso, come teorizza Foucault, e che, perlomeno per chi scrive, può trovare solo nell’altro ciò che lo costituisce, ciò che lo salva e ciò che lo rilancia. Sarà dunque Ricœur l’ultimo autore che verrà coinvolto in questa triplice trattazione, mostrando come dal suo Sé come un altro emergano chiaramente tutti gli ingredienti necessari per un rilancio, e una nuova concezione, dell’essere umano.
Si badi bene: non saranno, contrariamente a quanto forse si potrebbe pensare, articoli difficili. Si cercherà, piuttosto, di calare concetti oggettivamente non semplicissimi in un testo accessibile (pur ricordando la differenza tra accessibile e facile, o tra facile e banale) a tutti coloro i quali avessero voglia di farsi trasportare in un viaggio di immaginazione e di sostanza, il quale sarà percorso con articoli più tecnici e strettamente filosofici (anche se, ripetiamo, non per questo illeggibili, come crediamo questa presentazione stia in parte dimostrando), come il primo; con articoli invece di piena impostazione letteraria, come il secondo; o come un ibrido fra i due che mostri il risultato finale, come sarà invece il terzo.
Tutto è pronto, sembra.
Non ci resta che cominciare.
Federico
peccato abbiate tolto la possibilità di valutare gli articoli con le stellette. Questo ne avrebbe meritate cinque (perlomeno come viatico)
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La rimetteremo forse
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Sfida impegnativa, molto difficile quella che hai in mente Federico. E’ un tentativo -se capisco bene- di capire cosa sta succededendo in questo inizio di secolo.
Devo dirti la verità: la complessittà del reale mi ricorda la metafora del gomitolo di lana di Bergson. La vita meccanica è come una collana di perle: tutto è prevedibile, La sgrani e trovi un’altra perla, fino al fermaglio. Ma la vita vera è come una valanga, o un gomitolo di lana, aggrovigliato. Sarà possibile districarlo?
O ancora, pensiamo alla scienza, alla pandemia. In fondo il modello della diffusione virale è noto da centinaia di anni. Dan Sperber (http://www.dan.sperber.fr/) lo ha riadattato al mondo della diffusione di idee, tradizioni, modi d’essere.
Ma alla fine, come il covid, la trasmissione e l’interpretazione culturale restano caotici, indecifrabili come il lineare B.
E’ giusto tentare di capire, per non cadere nell’abisso della noluntas, ma sono pessimista.
Diversamente da Leopardi (che abbiamo conosciuto insieme), non siamo qui a discutere di ‘a che tante favelle?’ ma di un insopportabile chiacchiericcio inconcludente che ci soffoca e ci sottrae la libertà di pensare.
Ben vengano le tue riflessioni: di te mi fido! abbiamo tutti bisogno di capire
Luciano
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È sfida complicata, come dici: per questo sarà bello intraprenderla 🤞🏻
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