Come Sam

“Il fantasy è un genere per bambini.”

Sono incalcolabili le volte in cui ho sentito una frase simile, declinata certo in modi leggermente diversi, ma sempre con lo stesso sottotesto: il fantasy è una stupidaggine di poco peso che un bravo lettore non dovrebbe approcciare, o al massimo farlo con la consapevolezza che si sta godendo un guilty pleasure prima di tornare a romanzi degni di essere chiamati tali. È un modo di pensare che mi fa rabbia, soprattutto perché sono più che convinta che classificare i generi letterari sia un processo sterile, per quanto difficile da sradicare.
Eppure, la soluzione sarebbe semplicissima: basterebbe solo prendere in mano un libro e leggerlo per scoprire quanto le storie dei creatori di mondi abbiano da dare e da dire.

È difficile, infatti, trovare un altro genere che abbia un modo di esprimersi così universale, in grado di parlare di tematiche diversissime tra loro grazie a un linguaggio e una serie di topoi facilmente riconoscibili dal pubblico e declinabili secondo culture e mentalità differenti da quella occidentale. Il punto di partenza, infatti, sono state le leggende e i poemi più antichi sparsi per il mondo, che vanno dai racconti dell’Olimpo greco-romano fino ai testi induisti; tali suggerimenti, poi, si sono evoluti in Europa nei primi esempi di letteratura fantastica durante il Medioevo grazie all’influsso del cristianesimo – vi ricordate di San Giorgio e il drago? – e delle chanson de geste, che hanno preso una forte ispirazione dal folklore locale. A queste si deve poi aggiungere il patrimonio orale dato dalle fiabe, che ha plasmato non poco le suggestioni successive.
Tuttavia, è solo nel XIX secolo, in concomitanza col definirsi di altri generi quali l’horror e la fantascienza, che il fantasy inizia a prendere piede grazie a opere vicine alla tradizione fiabesca o legate a un gusto medievaleggiante, che hanno dato poi una spinta alla formazione, a inizio del Novecento, di un crogiolo di autori che nel secondo dopoguerra sono diventati estremamente popolari. Figure come Tolkien, pietra d’angolo per chiunque si voglia approcciare all’high fantasy, e C. S. Lewis hanno dominato gli anni ’50, aprendo la strada a tutti gli autori successivi.
Ciò si è tradotto, soprattutto negli ultimi anni grazie anche all’influenza di media come videogiochi e film, in un apprezzamento sempre maggiore del genere, che ha acquistato nuovi lettori curiosi di scoprire universi dove perdersi. Nel panorama contemporaneo i nomi a cui guardare si sprecano, così come le tematiche proposte sono talmente variegate che è difficile non trovare almeno un libro di proprio gusto. Giusto per citare due autori a cui guardare, ottimi esempi sono Philip Pullman, che ha scritto la trilogia di Queste oscure materie, e Robin Hobb, autrice prolifica famosa soprattutto per la Trilogia dei Lungavista, che hanno prodotto opere molto apprezzate dal pubblico.

A questo punto, a causa delle premesse e dei maestri che hanno generato i moderni creatori di mondi, alcuni potrebbero cadere nell’errore che il fantasy comprenda solo opere vicine al gusto tolkieniano, escludendo quindi tutti quei romanzi che, di fatto, appartengono comunque al genere. Infatti, come detto in precedenza, la bellezza della letteratura fantastica sta nelle infinite declinazioni a cui si può applicare, tanto che nel corso degli ultimi sessant’anni si sono definite svariate sottocategorie a cui guardare. Una molto famosa e apprezzata, per esempio, è l’urban fantasy, che inserisce elementi magici nel mondo reale – come accade nella saga di Percy Jackson e gli dèi dell’Olimpo di Rick Riordan, o nel più adulto La nona casa di Leigh Bardugo –, seguita dal dark fantasy, che tende ad avere una deriva più matura e horror – mai sentito parlare della saga di The Witcher di Andrzej Sapkowski?

Ciò che accomuna tutti gli autori, oltre alla presenza di elementi sovrannaturali o magici nell’ambientazione, è comunque il desiderio di creare, spesso accompagnato a quello di fuggire. Sono semplici da notare nei romanzi migliori, nei quali si avverte tra ogni riga tutta la passione che ha mosso l’autore e l’ha spinto, in ultima analisi, a definire qualcosa di suo ma al tempo stesso comune.
Il fantasy, infatti, è una fuga dalla realtà, sia per chi lo scrive che per chi lo legge.
Spesso si narra di mondi lontani, dove i personaggi sono costretti ad affrontare difficoltà più grandi di loro, tanto da arrivare a desiderare di lasciarsi tutto alle spalle e tornare a prima di quando sono diventati di carne e inchiostro – si rompono, così come è semplice rompersi tutti i giorni. Tuttavia, nessuno si tira mai indietro: è una prova di resistenza, si vede chi stringe di più i denti e non è disposto ad abbandonare, ed è facile trovare qualcosa di se stessi anche nei protagonisti più lontani da noi lettori.
Siamo tutti come Sam, in fondo: ci sentiamo piccoli rispetto a ciò che dobbiamo affrontare, non sappiamo se ne avremo mai la forza, ma, alla fine, non ci tiriamo mai indietro.

Rebecca

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