Balcani, storie da oltre il muro
Slovenia, anni ’80. “Noi non volevamo imparare il serbo-croato. È completamente diverso dalla nostra lingua, dallo sloveno. Tanto per cominciare, il serbo ha un alfabeto cirillico. E poi rappresenta una cultura totalmente diversa! È come se improvvisamente voi Italiani fosse forzati ad imparare il greco, o l’arabo. Una lingua con la quale nemmeno lontanamente vi identificate, ma che diventa la lingua ufficiale del vostro paese. Noi sloveni non siamo mica dell’Est. Piuttosto, ci sentiamo più vicini agli austriaci ed ai tedeschi che agli slavi. Solo con Tito e la Repubblica Jugoslava siamo stati identificati con i Balcani.”
Ero nella cucina di una famiglia di Kobarid, in Slovenia. La signora seduta di fronte a me parlava degli usi e dei costumi locali, mentre mi offriva dei dolci tipici del posto. Raccontava un sacco di cose a me sconosciute, e nel farlo smontava un sacco di idee (preconcette) che avevo sulla Slovenia. Prima di andarci, avevo immaginato questo paese come un posto povero, poco sviluppato. Mi aspettavo che la gente parlasse solamente sloveno. Da italiana, mi aspettavo di oltrepassare non solo il confine ma anche un muro immaginario che richiama quello che a lungo ha diviso l’Europa orientale e occidentale.
Eppure la signora K. ci teneva a sottolineare che lo sloveno non era mai stata la lingua ufficiale dello stato se non dopo l’indipendenza del 1991. Anche per questo, spesso, gli sloveni che ho incontrato sapevano almeno tre lingue: la lingua locale, l’inglese, il tedesco e spesso l’italiano. “Siamo stati inclusi nell’Impero Austriaco, nel Regno d’Italia e poi nel sistema filosovietico della Jugoslavia senza mai poter dar voce alla nostra cultura ed alla nostra lingua. Mia nonna ha cambiato “lingua ufficiale” e documenti ben tre volte. E per ben tre volte il nostro modo di leggere la realtà è dovuto cambiare, per adattarsi alla politica del governo sotto il quale stavamo in quel momento. Per esempio, durante gli anni della Jugoslavia socialista, la Prima Guerra Mondiale era un argomento poco discusso e nemmeno propriamente studiato nelle scuole pubbliche. Non avrebbero mai fatto studiare ai ragazzi una guerra che era scoppiata anche a causa dell’odio reciproco tra i paesi balcanici. Temevano che i giovani venissero a conoscenza delle divisioni interne, soprattutto tra noi sloveni ed i serbi.”
Quando ho oltrepassato il confine con la Slovenia, lontano dalle località di mare mediterranee, mi aspettavo un tipico paese post-sovietico. Ma la mentalità degli sloveni e il modo in cui il paese è organizzato non risentono di quegli anni. Non ci sono blocchi di appartamenti uno sull’altro, la città di Ljubljana sembra una città nordeuropea. Tra l’altro, proprio questa città è l’unica in Europa ad essersi completamente liberata del traffico nel centro storico perché convertita in città pedonale. Pulita, ben organizzata, sicura. Non si corre rischio ad andare in giro di notte, ed i trasporti funzionano bene. Non è tutto rose e fiori, ovviamente: i treni sono un po’ vecchi, e le stazioni slovene sono tanto confusionarie quanto quelle italiane. Ma al fine settimana tutti i mezzi di trasporto costano pochissimo, per incentivare le persone ad usare il mezzo pubblico piuttosto che la macchina. Sul treno da Bohinj a Most na Soči, una tratta di quasi 50 km, mi è stato chiesto di pagare 50 centesimi per tutto il viaggio. Se solo fosse così anche in Italia, ho pensato, sono sicura che le code chilometriche della domenica sera sarebbero solo un ricordo.
Sto davvero invidiando un paese che ha un PIL più basso del nostro, un paese del blocco dell’Est? Forse sì. Forse serve a guardare al nostro paese da un’altra prospettiva, da fuori. Forse serve a capire come siamo visti dagli altri, per poter capire meglio noi stessi. E forse, quando si pensa di conoscere tutto su di un posto perché “non ha molta storia” oppure “non ha nulla da raccontare,” è proprio quello il momento in cui bisogna andarci per capire quanto ci si sbagliava.
Lucia
Ottimo post Lucia!La Slovenia è un paese molto ordinato ed evoluto,ora è da un po’ che non ci vado.Ai tempi di mio nonno era diverso,ciao da OLga.
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