Una scelta di responsabilità

È stato difficile, per diversi motivi, per tutti noi.
E, purtroppo, al di là di facili entusiasmi, non c’è ragione per pensare che – soprattutto in un Paese così mal governato – il 2022 possa essere meno difficile. Certo, la speranza è che la vaccinazione possa aiutarci ancor più di quanto non abbia fatto; che i genitori degli unici diffusori del Co-vid 19, cioè i bambini, facciano una scelta di responsabilità, non solo verso i loro figli ma anche e soprattutto verso tutti gli altri esseri umani; che, soprattutto, la vaccinazione raggiunga i Paesi più poveri, da cui non per caso sorgono (e sorgeranno) le varianti di questo virus.
Ma, temo, sono speranze – in quanto tali non da occultare, per carità, ma comunque legate più a degli auspici che non a dati di realtà.
Il 7 aprile 2020, su questo blog, uscì una mia riflessione, intitolata sardonicamente Speranze dall’Altissimo. Si concludeva così:

Un sorriso comparabile solo a quello avuto martedì 7 aprile 2020, nella Giornata Mondiale della Salute, quando vidi migliaia di esseri, tutti impauriti, chiusi nelle loro case, chi a piangere morti e chi a ringraziare di essere ancora vivi. Quel giorno sorrisi largamente perché, per la prima volta, quegli esseri ritrovarono la loro interiorità, riscoprirono la loro dimensione, si unirono nella sofferenza, e su quella base, anni e anni dopo, impararono che la normalità è un canone, il benessere un privilegio e l’aiuto reciproco il più importante fra tutti i valori. Quel giorno sorrisi, perché gli uomini, grazie a quella indimenticabile sofferenza, capirono il vero valore di quella frase che un grande educatore, molto tempo fa, pronunciò: “Non fare nulla per gli altri è la rovina di noi stessi”.

La frase era di Horace Mann. E, ovviamente, come si può facilmente evincere o dal titolo – Speranze, appunto, e dall’Altissimo, cioè una dimensione non terrestre – o dalla conoscenza del suo autore – non mi hanno mai accusato di ottimismo, diciamo così –, quella serenità e quella speranza non erano né faciloneria né reale convinzione. Piuttosto, alle spalle di queste parole, c’era quello che un lettore dei più colti e appassionati aveva definito la volontà di scrivere “pensieri sanificanti”. E, sotteso a questa volontà, un profondo convincimento filosofico e morale: quel convincimento per cui, se i talk show mostrassero la reale percentuale di no vax, non ce ne sarebbe uno a programma, ma uno ogni dieci; quell’ideale per cui, come mi diceva Piercamillo Davigo, se i giornali chiamassero gli evasori per ciò che sono non li nominerebbero come “furbetti” ma come “ladri”, e infiniti altri esempi. Il convincimento, insomma, di chi pensa che sia dovere di chi informa ottemperare a ciò che questo verbo implica, sin dal suo significato etimologico: dare la forma, istruire e quindi dar notizia.
E, anche se il peso politico che Bottega di idee può ricoprire rasenta lo zero – come, in un certo senso, è anche giusto che sia – trovo che il miglior modo per far sì che questo convincimento appena esposto prenda corpo a più alte sfere, sia incarnare questo atteggiamento nel profondo, e utilizzarlo qui alla sua massima potenza.

È per queste ragioni, insomma, che, dopo un anno di pausa, a gennaio torna il tradizionale “mese giornalistico”: tutti gli autori, interni ed esterni, da chi vi scrive fino a Simone Consorti (con cui – come vi dicevo nell’ultimo editoriale – abbiamo rinnovato ben volentieri la nostra collaborazione), scriveranno articoli che potreste ritrovare ogni giorno nei quotidiani che abitualmente comprate: o interviste, come quelle a Cesare Giuzzi (giornalista del Corriere) o a Giuseppe Laterza (il cui cognome non necessita di introduzioni); o articoli di cronaca, come quello che ci regalerà Simone; o inchieste sul nostro tempo, a cura di Francesca Giudici, e su realtà particolari a cui non prestiamo mai attenzione, come quella che pubblicherà fra qualche giorno un autore non alla sua prima pubblicazione ma che, per ragioni lavorative che abbiamo ovviamente accolto, ci ha chiesto di rimanere anonimo. Non solo: ci saranno lettere, recensioni, e molti altri contributi ancora, firmati da Lucia, Anna, Alice (alla sua seconda recensione consecutiva), Laura e Rebecca.

E, infine, una piacevole nota di gioventù: il nostro blog viene arricchito da Giulia Ripani, ragazza classe 2003 all’ultimo anno di Liceo Classico, con una grande passione per la filosofia – e non solo – e autrice dell’ultimo articolo di stampo esplicitamente filosofico del nostro sito, Male, pubblicato a dicembre. Giulia, come da tradizione, vi verrà presentata con due articoli pubblicati in giorni consecutivi (martedì 5 e mercoledì 6), la sua biografia e l’intervista a essa legata. Dopo questa parentesi, prenderà il via il mese giornalistico di cui vi ho appena detto, a cui Giulia stessa contribuirà.
Ed è con la filosofia che chiudiamo questo editoriale, ricordando ai nostri lettori che la scrittura, certo, può essere pharmakos nel senso socratico – un veleno, un male, che crea abominevoli simulacri – ma anche, forse soprattutto, nel senso che Socrate, furbescamente e deliberatamente, ignora: il farmaco come cura, come protezione. Come unico mezzo – diremmo, riferendoci una volta di più alla realtà attuale – per, a un tempo, proteggersi e ripartire, curarsi e procedere, salvaguardare gli altri e far star meglio se stessi. Per me, per noi, per tutti.
Buon 2022.

Federico

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