Ode a Fabrizio De André/ di certo non uno come me/ che sono un surrogato/ prodotto dal mercato/ che vive solamente di cliché.
Così scrive Brunori Sas nella sua Ode al cantautore. Manifesto eloquente dell’artista del suo tempo, che si muove a tentoni tra le urgenze di una spietata fruizione.
È naturale pertanto domandarsi cosa resti del cantautore negli spazi angusti d’una classifica che ne determina il decorso o l’avvenire. Alludiamo spesso alla dicotomia tra “vecchio” e “nuovo” in campo musicale, giocando su un sistema di valori che tira le fila del gusto e dei modelli ma non contempla la dimensione lirica della parola tra le note. Accompagnati dalla “parabola del successo”, abbiamo lasciato sfumare il valore di chi si è sottratto alle dinamiche di mercato, senza mai comprendere davvero cosa significasse per un artista perdersi nell’irrilevanza al prezzo di non svendere se stesso.
Fabrizio De André è rimasto per anni all’ombra dei fondi di magazzino, non concedendosi alle luci di scena né alle interviste. La sola forza delle idee ha spezzato un tacito compromesso – il pubblico ha dovuto bramare, ricercare la sua arte e goderne fino in fondo nella verità; la moda va consumata, voracemente ridotta al nulla, mentre la musica di Faber ha compiuto il percorso inverso. Il flusso di coscienza di Brunori è dunque la riproduzione nitida di una lacerazione senza tempo, che egli stesso sperimenta nella consapevolezza di un abominio intellettuale difficile da tollerare. Malinconia, denuncia sociale, disillusione, cifre sincere dei suoi testi cuciti a misura d’uomo, vite scandite chitarra e voce a cui approdare idealmente. Considerare che uno zero mancante, una cifra inferiore, possano ridurre tale espressione a una traccia vuota di senso, edulcorata da toni comuni, equivale a riconoscere una “cultura illegittima”, in cui l’autore si appella clandestinamente alla realtà schivando a fatica i reclami dell’industria.
Il valore primario di un “artista illegittimo”? Porre “l’amore sopra ogni cosa”; parafrasando De André, investire ogni disparato aspetto dell’esistenza di una cura che non vende né si compra.
Ode a colui che scrive e canta per Amore.
Giulia