Dieci domande per conoscere “Il bordo, due favole border-line”, edito per SE (Studio Editoriale), l’ultimo libro di Nicola Neri.
1. A quale bordo ci si riferisce in questo libro?
A un concetto centrale della psicologia, il bordo, cioè il confine tra logica e follia, interno ed esterno, sé e altro, nevrosi e psicosi, realtà e fantasia e così via. Si potrebbe anche dire limite –anche se in questa sede è opportuno sottolineare che questi sinonimi non sono esattamente sostituibili, sovrapponibili.
2. Si tratta quindi di un saggio?
È un testo appunto di…confine, anche tra la narrativa e la saggistica, ma direi decisamente più spostato verso la narrativa. I due testi che lo compongono sono infatti delle storie.
3. Perché questa scelta di utilizzare la narrativa?
La chiave narrativa è volutamente utilizzata per poter esplorare questo concetto così controverso, scivoloso in modo più libero, allontanandosi dalla patologia. Il vocabolario nosografico è necessario in contesti clinici, terapeutici e all’interno di testi teorici, tuttavia il registro metaforico mi sembrava più adatto per poter esplorare la dimensione esperienziale, per rispondere alla domanda: come si vive sul, nel bordo?
4. Questo testo contiene un messaggio?
Direi più una proposta: pensare il bordo come uno spazio dotato di più dimensioni e da indagare; come una forma di vita dotata di proprietà e diritti.
E una scommessa: trovare stabilità su un confine, costruire una “casa” sul bordo.
5. A cosa si riferisce il “border-line” nel sottotitolo?
Vuole ovviamente richiamare il disturbo borderline, un disturbo di personalità tanto frequente quanto discusso. Ma proprio la scelta di scriverlo con il trattino “border-line” è una buona sintesi del progetto di questo libro. “Borderline” (scritto unito) “patisce” già un più di senso, il trattino, viceversa racconta del movimento metaforico che vuole aprire, liberare. In altre parole: allungare questa linea per renderla conoscibile, e quindi, forse, abitabile.
6. Si potrebbe quindi dire che uno dei temi del libro è la sofferenza?
Sì, perché il bordo è un luogo, una condizione di sofferenza. Facciamo un esempio: il tema dell’identità instabile e delle sue crisi trova spazio nel all’interno degli scritti.
Un altro tema è sicuramente l’amore: perché se si soffre di una “malattia dell’amore” (un epiteto che sovente si riferisce al borderline –e che presenta diverse criticità), una risoluzione, una possibile “risposta” passa necessariamente attraverso l’amore (qualunque cosa questa parola voglia dire).
7. Ci puoi dire qualcosa sulle due storie che compongono il libro?
La prima –Il bordo–è una novella giudiziaria, ambientata in un autogrill in cui un personaggio rivendica la sua identità “di confine”, sostenendo che essa è una forma di vita con proprietà e diritti. Ritengo che le stazioni di servizio rappresentano una buona immagine della precarietà che caratterizza una sul confine. È uno spazio di passaggio, e che sembra non avere un prima, un dopo, se ne sta così, in mezzo.
La seconda –Blue Borderline– è una favola “psicoanalitica” che ha come protagonista una ragazza che si è “rinchiusa”, isolata. Una storia dove il bordo tra sé e l’altro, la sua messa in discussione e ri-generazione, diventa una via d’uscita dal bordo inteso come prigione, solitudine.
8. Ci riporteresti un breve passaggio da ogni scritto?
«Siamo qui a dibattere da ore su un confine, e a nessuno è mai venuto in mente che può essere un altro a decidere il limite per ciascuno di noi? Per dire: fai un passo in avanti. Anche se la porta è stretta, le tue mani ci passano.» (Il Bordo)
«Io so che a rinchiuderti è stata la necessità di proteggerti sia dalla realtà esterna che da ciò che tu stessa contieni, e hai scelto un luogo così assurdamente stretto proprio per evitare che ciò che trattieni possa uscire e raggiungere l’altro». (Blue Borderline).
9. Siamo vicini alla fine. Ti chiederei allora questo: perché oggi serve parlare di disturbi, sofferenze psicologiche anche da altre angolazioni?
Mi vengono in mente due cose. Da un lato per sensibilizzare rispetto a queste tematiche che risultano ancora spesso sconosciute (potrei anche dire ignorate) o misconosciute –è sufficiente pensare al termine “borderline” e all’uso “cinematografica” che spesso acquisce. Dall’altro per offrire delle metafore –alla fine “Il bordo” è proprio questo, una metafora–per guardare alla sofferenza da un’altra prospettiva e raccontarsi all’altro con parole nuove.
In ogni caso, le statistiche parlano chiaro: i disturbi psicologici (e psichiatrici) sono in aumento. È sufficiente riportare un dato citato dal Prof. Mencacci in un articolo apparso sul sito del Sole24ore a inizio dell’anno, in cui si parla di «aumento del 26 % della depressione e del 28% dei disturbi d’ansia».
10. Sintetizzeresti, in conclusione, il libro in una frase?
Certo. È una domanda: immaginando di allungare e seguire la line contenuta nel termine borderline, questa linea dove potrebbe condurre?
Nicola Neri