La guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina e le condanne della stessa da parte dei Paesi occidentali non hanno affatto significato una rottura totale dei rapporti tra le due parti: a tenere queste legate è subentrato immediatamente il ricatto da parte del Cremlino che sfrutta un punto debole di molti stati europei, ovvero la dipendenza energetica dal gas e, in misura minore, dal petrolio russo.
In Europa, l’Italia è uno degli stati più vulnerabili a tale ricatto, dal momento che il gas naturale è il combustibile fossile più sfruttato dal nostro Paese e dunque la prima fonte di energia di cui si serve in assoluto. Di questo, circa il 95% di quello utilizzato viene importato da altri Paesi, fra cui proprio la Russia, che è il nostro principale fornitore: il 38,2% del gas naturale sfruttato dall’Italia è costituito dalle forniture russe. Il rischio di una crisi energetica per l’Italia e gli altri Paesi estremamente dipendenti dai gasdotti russi, come la Germania (primo Paese importatore di gas russo in Europa), si prospetta dunque in maniera assai concreta fin dall’inizio della guerra.
La Francia è invece fra i Paesi europei meno esposti alla crisi energetica, per via della vasta produzione interna di energia elettrica – circa il 70% – attraverso le centrali nucleari presenti sul suo territorio. Il ricorso della Francia al nucleare risulta oggi una strategia vincente poiché le assicura un buon livello di autonomia energetica – rendendola assai meno necessitante delle importazioni di combustibili fossili rispetto all’Italia – e di conseguenza una maggiore libertà di azione nei confronti della Russia di Putin e una minore preoccupazione per le ritorsioni della stessa davanti alle sanzioni ad essa destinate.
L’Italia e gli altri Paesi fortemente dipendenti dal combustibile russo hanno iniziato a lavorare su un piano per fronteggiare la possibilità che, con il progressivo inasprimento dei rapporti con il Paese esportatore, le esportazioni vengano bloccate.
Sentire parlare della riapertura di centrali a carbone in Italia di certo può lasciare sconcertati per via della contraddizione con le politiche attuali volte alla transizione energetica verso le fonti rinnovabili. D’altra parte però è chiaro che un’emergenza va affrontata con gli strumenti che si hanno a disposizione nell’immediato.
Se il nucleare, alla luce dell’esempio francese, risulta una prospettiva molto sensata nell’ottica del medio e lungo termine allo scopo di rendersi indipendenti a livello energetico, d’altra parte in molti Paesi non si può cambiare il sistema di approvvigionamento dell’energia nel giro di poche settimane: sono necessari anni per costruire gli impianti di produzione sia delle energie rinnovabili, sia di quella nucleare. Per questo motivo – logicamente – fra le soluzioni immediate pensate dal governo italiano per arginare la crisi che scoppierebbe con l’eventuale fine delle esportazioni di gas da parte della Russia, le rinnovabili e il nucleare non fanno parte di esse per una questione di tempistiche e quantità necessaria di energia per mandare avanti il Paese. Solamente i combustibili fossili vengono così presi in considerazione per sostituire il gas russo qualora dovesse venir meno.
In ogni caso la situazione geopolitica odierna in Europa rende evidente la convenienza di porre fine al più presto alla dipendenza dagli altri Paesi per il rifornimento di combustibili fossili. Da qui la necessità di riconsiderare nel modo più obiettivo possibile il ricorso al nucleare per i prossimi anni.
Andrebbe poi affrontato un altro discorso, non meno importante al momento attuale: il secondo obiettivo per i Paesi europei, dopo quello di superare la minacciosa crisi energetica derivante dalla guerra in Ucraina, deve essere quello di prevenire gli effetti più catastrofici del cambiamento climatico, mettendo in atto un piano razionale di sostituzione totale progressiva delle prime fonti di energia mondiali, ovvero i combustibili fossili, con nuove fonti che offrano la stessa capacità energetica.
Al momento attuale, affidare la produzione di tutta l’energia necessaria per la sopravvivenza della popolazione europea alle sole fonti di energia rinnovabile (eolica, solare, idroelettrica, geotermica, da biomassa) risulta, concretamente, impossibile. Entra in scena allora – nuovamente – l’opzione del nucleare: esso è stato recentemente dichiarato dall’Unione Europea come valida alternativa alle fonti non rinnovabili per il mix energetico del futuro, all’interno del piano di tassonomia verde, ovvero la classificazione comune a livello dell’Unione delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale.
Tornando al discorso precedente relativo all’emergenza energetica immediata, abbiamo visto che non si può considerare il nucleare come una soluzione alternativa a gas e petrolio, e lo stesso vale per le fonti rinnovabili. Piuttosto, come ha dimostrato la recente decisione dell’Unione Europea, il nucleare dovrà essere ritenuto una risorsa primaria nel processo di graduale eliminazione delle fonti di energia più inquinanti, essendo in grado più di ogni altra fonte energetica di sostenere il grande fabbisogno delle varie nazioni senza andare a peggiorare l’inquinamento dell’atmosfera.
Quella nucleare è infatti l’unica fonte energetica a basse emissioni che fornisce un livello di energia abbastanza alto da supportare non solo il funzionamento delle case e le piccole fabbriche, ma anche e soprattutto le grandi industrie e i trasporti pesanti. In altre parole, è in grado di sostenere interi Paesi facendo a meno dei combustibili fossili e senza inquinare come questi ultimi. Il limite attuale delle rinnovabili è proprio la bassa densità di energia prodotta che non potrebbe mai andare a sostituire quella derivante dalle fonti non rinnovabili.
Il nucleare peraltro, pur essendo appunto non rinnovabile, è da considerarsi una fonte di energia pulita, se si tiene conto del suo impatto sull’ambiente: quello che spesso si dimentica a proposito delle centrali nucleari, a fronte dei traumatici incidenti di Chernobyl e Fukushima, è che oggi la gestione dell’intero processo di produzione dell’energia è sottoposto ai più rigidi controlli che non si limitano mai alla sfera statale, ma anzi vengono gestiti da organizzazioni sovranazionali altamente qualificate. L’alta sicurezza degli impianti per la produzione di energia nucleare deriva dal fatto che il settore del nucleare vede una maggiore collaborazione internazionale di qualsiasi altra industria al mondo. Inoltre, come si è detto, il sistema di produzione di energia nucleare produce una quantità decisamente trascurabile di emissioni rispetto a quelle provocate dai combustibili fossili.
Un altro fattore che viene troppo spesso oscurato nel dibattito pubblico è il fatto che fra tutti i rifiuti tossici per l’uomo e l’ambiente, quelli radioattivi sono fra i meno nocivi, oltre ad essere quelli di gran lunga meno diffusi nell’ambiente. Nonostante ciò, i rifiuti tossici più pericolosi (che derivano in gran parte dall’industria petrolchimica) vengono smaltiti senza tutte le precauzioni prese invece per stoccare le scorie nucleari. Inoltre, questi sono ben più spesso oggetto di incidenti estremamente gravi, basti pensare a quelli non troppo rari che colpiscono le raffinerie, le petroliere, i gasdotti, ma anche gli impianti per la produzione di prodotti chimici di vario tipo che rientrano nella nostra quotidianità, a partire dai fertilizzanti.
Il fatto che il nucleare rientri nella categoria delle fonti non rinnovabili, inoltre, non deve ingannare sulla sua affidabilità: se è vero che uranio e plutonio sono materiali esauribili come i combustibili fossili, d’altra parte la quantità dell’uranio presente sulla terra è sufficiente per mantenere le centrali nucleari per i prossimi 25.000 anni.
Alla luce di questi dati, oltre che dell’esperienza francese in questa crisi internazionale, molti Paesi – primo fra tutti l’Italia – in cui la maggioranza dell’opinione pubblica e della politica si è dichiarata nettamente contraria alla costruzione di centrali nucleari sul proprio territorio dovrebbero forse cominciare a riconsiderare quest’opzione. Per iniziare a rendersi indipendenti a livello energetico, allo scopo di prevenire crisi future come quella che ci si prospetta, e contemporaneamente agire per affrontare in modo deciso l’emergenza climatica, il nucleare rappresenta una risorsa che non può più essere ignorata.
Valeria