Indòmati Festival è un nome che forse alcuni di voi non conosceranno. C’è però un filo rosso che lo collega a Bottega di Idee: “Una cosa bella”, recensito per voi da Alice a dicembre, ha fatto il suo debutto proprio durante la prima edizione di questo giovane festival – giovane in tutti i sensi: alla seconda edizione, esso è organizzato da giovani professionisti del teatro, e si rivolge ai loro colleghi. Ecco, è grazie a questo filo rosso che è nato questo piccolo dialogo, che nasce dalla comunione di intenti: sostenere i giovani e l’arte.
Iniziamo con una domanda facile, per farvi conoscere al pubblico di Bottega di Idee. Chi siete, e cosa vi ha portato a fondare Indòmati Festival? E come mai avete chiamato questa seconda edizione “Aracne”?
Siamo un festival teatrale nato nella provincia di Verona nel 2020 dalla collaborazione di Aurora Ziviani, Clara Danese e Davide De Togni Togni con l’obiettivo di offrire un palco a giovani attori under 35.
La prima edizione di Indòmati Fest chiamata Fuori Luogo è andata in scena nel settembre 2021. Il Festival è nato dopo il primo anno di pandemia, nel momento in cui il futuro ci si presentava davanti come giovani ci siamo visti in difficoltà e abbiamo deciso di non rimanere isolati, di tentare di creare un luogo di incontro.
Ci sentivamo fuori luogo e fuori tempo, in lotta per trovare il nostro spazio. L’arte in cui credevamo veniva messa in difficoltà proprio in qualità della sua intrinseca caratteristica di arte in presenza, arte di contatto umano, artistico, sociale. In questo periodo difficile il teatro non poteva essere che negato o mediato.
Quando l’associazione culturale Altri Posti in Piedi ci ha offerto uno spazio all’interno del Cinema Teatro Astra a San Giovanni Lupatoto (VR) abbiamo intravisto un lume di speranza. E’ nato così Indòmati Fest, festival indipendente alla ricerca di un teatro audace e nuovo.
Aracne, che dà il nome alla seconda edizione, è un personaggio mitologico, è una tessitrice che con la sua arte narra una storia, è un’artista indomita che non si piega nemmeno alla sfida con una dea come Atena. Crediamo in un teatro che possa esprimersi con tutto l’entusiasmo e la forza che mossero Aracne nella sua impresa.
La tela è poi il punto di incontro e di scontro di fili diversi, di persone e di idee diverse. Così noi vorremmo che le storie e gli artisti che sentono la necessità di raccontarsi davanti al pubblico si intreccino, si conoscano e si ri-conoscano all’interno del nostro festival. L’obiettivo è tessere una rete di rapporti umani senza la quale il Festival non potrebbe esistere, la speranza è quella di rinnovare di anno in anno questa tela.
Rispetto all’anno scorso, il vostro team ha accolto nuovi membri: Giulia Fossa (responsabile della comunicazione) e Simona Cosimo (grafica). Quali sono le altre novità?
Giulia e Simona sono state fondamentali per la crescita che ci hanno permesso di realizzare quest’anno, ci siamo resi conto che fare rete è sempre una risorsa, anche all’interno dello stesso team organizzativo.
Sono proprio loro che ci hanno aiutati a realizzare la campagna di crowdfunding per raccogliere i fondi necessari per sostenere questo piccolo grande progetto. La prima edizione è stata possibile grazie a collaboratori ed amici che ci hanno aiutato e hanno creduto nel nostro progetto, grazie alle compagnie che hanno deciso di partecipare al Festival con entusiasmo prima ancora di conoscerci e grazie al nostro magnifico pubblico. Crediamo di poter fare di più, vogliamo creare il festival che immaginiamo, all’altezza di quello che può offrire sia agli artisti che parteciperanno che al nostro pubblico.
Ogni persona ed ogni aiuto, anche il più piccolo, è importante per rendere possibile il festival che sogniamo!
Il vostro bando (già chiuso) si rivolge ad artisti giovani, under 35. Quali sono gli aspetti che più vi hanno colpito della candidature che avete esaminato?
Anche quest’anno abbiamo aperto il bando Generazione Indòmati per compagnie emergenti nel teatro contemporaneo cercando di intercettare le nuove proposte nel panorama artistico e culturale italiano. Abbiamo selezionato tre compagnie di giovani attori da poco diplomati che porteranno in scena spettacoli interamente scritti e diretti da loro.
Presentateci sinteticamente gli spettacoli che proporrete quest’anno.
Il Collettivo degli Artieri nasce nella primavera del 2021 dalla collaborazione tra Emanuele Caly e Costanza Casadei. I due si formano in anni diversi presso la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone. Sono attratti da spazi piccoli, da drammaturgie asciutte, sensibili e crudeli, dalle sonorità avvolgenti e claustrofobiche della musica elettroacustica sperimentale. Cercano di mischiare diversi linguaggi, dal comico al drammatico, dall’onirico al lirico. Presenteranno lo spettacolo “Andrea” un dialogo assurdo tra due personaggi sopra le righe ma estremamente fragili. La perdita di un ombrello, che un ombrello non è, la rovina di un rapporto che una volta era sano. Tutto questo attraverso un dialogo caotico con il pubblico e due monologhi.
Lo spettacolo MEMORI nasce dall’incontro tra Nicola Lorusso e Giulio Macrì, attori diplomati presso la Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine. Il percorso accademico condiviso apre il loro sguardo su una possibilità drammaturgica, figlia di un lungo periodo di riflessione e confronto nel pieno della pandemia. Complice la forte esperienza in Commedia dell’Arte e l’esplorazione di diversi generi artistici, dalla danza alla clownerie, l’approdo a MEMORI segna l’incontro tra le loro poetiche, da cui emerge un progetto che ha in sé sogno, realtà, dolcezza e nostalgia.
Giorgia Forno e Giulia Di Meco, classe 1993 e 1992 si conoscono alla Scuola di teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone” dove si diplomano nel 2019 e nel 2020.
“Vistacielo” è uno spettacolo che prevede l’utilizzo del teatro di figura e del teatro di immagini in prosa. Nello specifico la tecnica di manipolazione del puppet si alterna alla recitazione in prosa, permettendo alle due manipolatrici di diventare a volte parte attiva dei suoi ricordi, a volte un incontro o il segnale del tempo che procede inesorabile. Si trova in questo connubio la possibilità di giocare con ritmi e azioni diverse per esprimere metaforicamente il passaggio tra molteplici piani del tempo.
Per concludere questa nostra chiacchierata, passiamo a discorsi di diversa levatura. Qual è la vostra idea di arte? Come pensate che questa possa intrecciarsi con la società di oggi? E che ruolo sperate che Indòmati possa svolgere in questo?
Come disse Peter Brook una volta, crediamo che il teatro abbia a che fare con la vita e quindi in primis con le persone e con la loro necessità di comunicare, crediamo che possa tessere legami, che sia ancora qualcosa per cui lottare nonostante oggi non abbia vita facile.
Il teatro ha la forza della presenza di persone che attraverso i loro corpi e le loro voci riescono ancora a comunicare. Che sia il legame che si crea tra gli attori durante le prove, che sia il rapporto con il pubblico o che sia il lavoro di chi sul palco non ci sale ma che permette a quest’arte di manifestarsi, il teatro crea comunità e comunione di esperienze.
Come giovani che tentano di trovare uno spazio all’interno di questa società abbiamo deciso di smettere di sentirci fuori luogo. Speriamo che Indòmati possa dare una possibilità a chi cerca come noi di trovare uno spazio di sperimentazione teatrale e di incontro umano.
Benedetta